Iran. Le donne in testa alle manifestazioni e il regime reprime

Teheran Iran

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Le proteste e le manifestazioni sono iniziate con la morte di Mahsa Amini che qualche giorno avrebbe compiuto ventitré anni il 16 settembre è morta dopo tre giorni di coma in ospedale dove ci era arrivata dopo il suo arresto da parte della polizia morale perché non indossava correttamente il velo. Secondo la legge sull'hijab le donne devono tenere coperti i capelli e indossare abiti larghi.
Le donne e i movimenti per i suoi diritti hanno da tempo contestato ma con scarso successo tutta la legislazione che le mette in secondo ordine garantendo, per esempio, agli uomini di divorziare più facilmente, di avere l'affidamento esclusivo dei figli. Una legislazione che ha anche revocato per gli uomini le restrizioni alla poligamia, abbassato l'età matrimoniale per le ragazze e richiesto alle donne di ottenere i permessi del marito o del padre per viaggiare [2].

Anche ieri nonostante la feroce repressione delle forze di sicurezza che in alcuni casi hanno utilizzato proiettili veri, le proteste – con le donne in testa – sono continuate in molte città da Teheran, a Qom, a Yazd e dalle immagini sui social mostrate da tutti i media internazionali si comprende come sia preso di mira l'intero sistema di potere che in significa soprattutto élite religiosa e fino ad arrivare alla richiesta di allontanamento della guida suprema, l'ayatollah Ali Khamenei. Siamo di fronte a manifestazioni che vanno, per partecipazione, molto al di là delle tante che si sono registrate nel passato come quelle del 2019. Nonostante le restrizioni alle comunicazioni sui social le proteste vengono evidenziate e supportate, anche da personaggi noti come l'ex calciatore della Nazionale e del Bayern, Ali Karimi, noto come il Maradona d'Asia, che ha invitato i suoi tantissimi follower alla protesta.

Il bilancio provvisorio è pesante: diverse decine di morti, tra questi anche Faezeh Hashemi Rafsanjani, attivista per i diritti delle donne, ex deputata e figlia dell'ex presidente Ali Akbar Rafsanjani, migliaia di feriti e migliaia di arresti e tra i fermati ci sarebbero anche 18 giornalisti secondo l'organizzazione americana indipendente Committee to Protect Journalists (Cpj) e Reporter senza Frontiere.

La morte di Mahsa Amini ha funzionato da catalizzatore anche di altre proteste, oltre a quella della condizione femminile, per un'economia al collasso, per la diffusa corruzione e restrizioni sociale. Di recente

pensionati e insegnanti, hanno organizzato dimostrazioni a livello nazionale criticando la risposta insufficiente da parte dell'amministrazione di Ebrahim Raisi alla spirale inflattiva che, secondo i dati diffusi dal Centro statistico iraniano, ha raggiunto il 54% su base annua a luglio per poi calare leggermente ad agosto. In un contesto globale di altissima inflazione, i dati iraniani sono particolarmente negativi, con alcuni settori, tra cui quello alimentare, che hanno raggiunto il 90% su base annua con ricadute sensibili sui consumi da parte della popolazione. Allo stesso tempo, il caldo estivo ha riportato alla luce un problema ormai tragicamente radicato: la scarsità di acqua. Sia i cambiamenti climatici sia le pessime condizioni delle infrastrutture idriche e la cronica cattiva gestione da parte delle autorità provinciali hanno portato a situazioni di grave scarsità di acqua in diverse province” [3].

Il fronte del potere sembra granitico con l'esecutivo, la magistratura, i servizi e la polizia determinata a reprimere con la forza e senza sosta ogni genere di protesta o di sostegno della stessa. Ma quello che è sembrato strano è l'uscita  dell'ayatollah ultraconservatore Hossein Nouri Hamedani che dalla città santa di Qom ha chiesto

alle autorità di «soddisfare le richieste del popolo». Per evitare di pagare un prezzo troppo alto per la propria vicinanza ai manifestanti, aggiunge che «il popolo iraniano ha sempre difeso la Rivoluzione» e critica «quei pochi che hanno causato subbuglio e insultato la santità». […] Evidentemente, di fronte all'indifferenza del leader supremo, qualche altro esponente della gerarchia sciita si rende conto che il regime rischia, prima o poi, di saltare. La presa di posizione dell'ayatollah sarebbe molto cauta, anche perché la repressione non ha risparmiato il clero” [4].

In Occidente si appoggiano le donne e le manifestazioni. E arrivano altre sanzioni per esponenti della polizia morale e non solo.
Pasquale Esposito

 

 

 

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