
Non sono semplicemente pop, eppure entrano in testa con estrema facilità. Non sono dance, eppure riuscire a tenere immobili i piedi durante qualche brano è davvero un'impresa difficile. Non sono cantautori, eppure i loro testi evocano immagini che superano gli abituali confini contenutistici. Probabilmente, il modo più efficace per descrivere i Les Enfants è farlo per negazione. Tutto e niente, senza che questo sia un limite: anzi, forse il loro pregio maggiore. La loro musica, infatti, raccoglie un bagaglio d'influenze assolutamente ampio, sperimenta, azzarda persino in qualche caso, ma sempre con garbo, gusto e semplicità.
I Les Enfants sono un giovane gruppo italiano, giunto dopo anni di gavetta, ep di lancio, concerti live e anche una recente positiva partecipazione a X Factor, al suo felice esordio discografico. Si tratta di “Isole”, un disco che mette d'accordo tutti, muovendosi su melodie lineari, ma avvolgenti. Il genere di riferimento è probabilmente il dream pop, inteso però come cornice, e non come protagonista assoluto. Nell'album, infatti, c'è molto altro, tra influenze e sperimentazioni. Testi intensi ed evocativi, che dimostrano l'impronta cantautorale del gruppo, certamente non una banalità di questi tempi mainstream. Chitarre in alcuni casi sfumate, in altri autrici di melodie vivaci. Synth a cui è affidato il compito di amalgamare il tutto, tessendo la tela su cui l'album si sostiene, dando vita a un impianto electro sempre gestito sapientemente, senza abusi o eccessivi virtuosismi.
Nella sua struttura complessiva, l'album si presenta certamente come un lavoro compatto, abbastanza omogeneo, con picchi compositivi degni di nota e qualche inevitabile calo, comunque poco rilevante, soprattutto nella parte centrale. Proprio i due pezzi posti nel mezzo del disco, a mio avviso più anonimi, fanno da cesura tra due parti dell'album con una loro precisa fisionomia. Più vigorosa, energica, caratterizzata anche da testi più intensi e liberatori, quella iniziale. Più mite, riflessiva, nostalgica, quella conclusiva, dove gli ultimi tre brani sono, ognuno a suo modo, preghiere, invocazioni o confessioni.
Il compito di aprire il disco spetta al pezzo omonimo, “Isole”, un brano privo di particolari sorprese, eppure decisamente coinvolgente, capace di esplodere in una melodia ballabile, che scuote muscoli e animo. La magia e la spensieratezza del primo brano lascia spazio, in “Lupo”, a un ritmo più incalzante, con una venatura più rock e un ritornello non banale, ma dalla struttura orecchiabile e radiofonica, accompagnato da un connubio di suoni tessuti da chitarre e synth. Canzone energica, che ho ascoltato ad occhi chiusi, roteando lievemente la testa senza che riuscissi a dominarla, cullato da un testo potente, intriso di speranza e fiducia, in cui emerge la giovane età dei componenti, afflitti dai dubbi amletici di tutti i loro coetanei: “Se ti senti inutile, forse non lo sei, se ti senti fragile, pensi ai cazzi tuoi, se ti han detto studia e poi, poi lavorerai, ma non è così semplice… Questo mondo è illogico, non ti affonderà”. Chiude la prima parte “Santa Pazienza”, pezzo caratterizzato da un finale in crescendo e una batteria maggiormente protagonista rispetto ad altre tracce. Nel complesso, un grido di tenacia, di volontà, una battaglia contro un nemico imprecisato, che ognuno può individuare a piacimento: “Questo tempo che vola via, ci spezza ci fotte e ci trascina via, se rimani immobile affonderai”.
Con i tre pezzi finali, l'album cambia invece tono e atmosfere, trascinando l'ascoltatore verso nuovi orizzonti, pur rimanendo fedele all'impronta electro presente in tutto il disco. La malinconia si sostituisce alla frenesia dei primi brani, dando comunque vita a creazioni musicali assolutamente valide e originali. Emblematica, da questo punto di vista, è la sesta canzone, “Pezzi”, un brano che non esplode mai, ma si protrae restando sempre ancorato alla sua trama, ricamata nel sottofondo dalle note di chitarra. Con i due brani finali, l'album si fa ancora più riflessivo. “Miracolo” è una preghiera d'amore dal soggetto indefinito: la natura, una persona, un animale? “È come se fossi qui con me, il vento mi parla di te, e dice cose buone, il futuro con te, tu che abiti il bosco, e vivi qui dentro di me”. Un brano caldo, avvolgente e protettivo, e con il finale lasciato al piano in maniera abbastanza sorprendente. “Soli no”, la traccia conclusiva, costituisce l'apice di questo diverso approccio musicale: soprattutto nella prima parte, essa si presenta infatti più cupa nella sua intessitura e anche nella voce, trascinata e meno diretta come altrove. Il finale è nostalgico, riverberato, ricomposto in un puzzle di suoni dalla venatura orchestrale che rimanda allo stile degli ultimi Editors.
Ricapitolando. Nel disco c'è l'elettronica, il dream pop, accenni rock, atmosfere più dark e anche una vena cantautorale che spesso è ormai difficile trovare. Ma i Les Enfants non sono né una cosa né l'altra. Sono semplicemente un gruppo giovane che si diverte quando suona, che usa strumenti essenziali, che sforna melodie abbastanza semplici, ma capaci di emozionare. E questo, in fondo, è ciò che conta davvero.
Lorenzo Di Anselmo
Les Enfants
Marco Manini (voce, batteria)
Francesco Di Pierro (chitarra)
Umberto Del Gobbo (farfisa & synth, chitarra, metallofono)
Michele Oggioni (basso)
genere: dream pop
Les Enfants
Isole
etichetta: UMA Records
data di pubblicazione: 5 maggio 2017
brani: 8
durata: 29: 53
cd: singolo
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