Julian Assange: un’estradizione contro la libertà di stampa

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Sono bastati solo sette minuti per emettere l'ordine di estradizione negli USA nei confronti di , co-fondatore di WikiLeaks collegato in videoconferenza dal carcere di Belmarsh. L'ordine di estradizione è stato emesso dal magistrato capo, Paul Goldspring, che ha spiegato, “in parole povere, ho il dovere di inviare il tuo caso al ministro per una decisione“. Entro il 18 Maggio la ministra degli Interni, Priti Patel, dovrà prendere la decisione – data per scontata – per rendere operativa l'estradizione. Ci sono labili speranze che l'iter si possa fermare ad esempio con un ricorso all'Alta Corte. Negli USA, Assange dopo tre anni di carcere nel Regno Unito rischia pesanti condanne per aver contribuito a diffondere documenti riservati su crimini di guerra commessi dalle forze americane in Iraq e Afghanistan. Se dovesse accadere sarebbe una giornata luttuosa per il giornalismo, la sempre più sotto attacco e per la tanto sbandierata nel mondo occidentale. Amnesty International ha dichiarato che un'eventuale conferma dell'estradizione “violerebbe il divieto di tortura e costituirebbe un precedente allarmante per pubblicisti e giornalisti di ogni parte del mondo“.

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