
Tra i comuni componenti della dieta, figurano i grassi animali, come il burro o il lardo, e quelli vegetali, come l'olio di oliva o di arachidi che, pur essendo in apparenza così diversi tra loro (a temperatura ambiente i primi sono solidi, i secondi liquidi) hanno strutture chimiche molto simili.
Una caratteristica comune a tutti i tipi di grassi è l'elevato contenuto energetico. Infatti, il metabolismo di un grammo di un grasso da qualsiasi fonte, animale o vegetale, rilascia una quantità di energia circa doppia di quella di una equivalente massa di un qualsiasi zucchero (carboidrato). Per questa ragione, gli animali (incluso l'uomo) si servono dei grassi come riserva di energia, ossia, quando hanno a disposizione una quantità di cibo superiore al fabbisogno energetico, con il surplus di calorie sintetizzano grassi da utilizzare nei periodi in cui assumono meno alimenti o, addirittura, non ne assumono affatto, come gli animali che vanno in letargo. Solo quantità esigue di energia sono conservate sotto forma di glicogeno (un carboidrato) che rappresenta una riserva energetica di pronto impiego. I grassi costituiscono, invece, una riserva di energia più a lungo termine.
La disponibilità di cibo pressoché illimitata per buona parte della popolazione è la causa di uno dei problemi sanitari più gravi della società occidentale, l'obesità, caratterizzata da un accumulo abnorme di tessuto adiposo in varie parti del corpo. Per non diventare obesi, è quanto mai opportuno controllare le quantità di grassi ingerite con l'alimentazione. A tale proposito, bisogna sfatare una comune credenza secondo cui alcuni grassi facciano ingrassare più di altri e che il modo di cucinarli influisca sul loro contenuto energetico. Tutti i grassi (burro, lardo, strutto, olio di semi o olio di oliva), ingeriti crudi o cotti in qualsiasi modo, forniscono sempre lo stesso numero di calorie per grammo e, quindi, fanno ingrassare nella stessa misura.
Il sistema utilizzato per la cottura dei grassi, pur non influenzando la loro capacità di far ingrassare, è comunque un aspetto non trascurabile ai fini della salvaguardia della salute. A tale proposito, è utile concentrarci sulla frittura che è un modo di cucinare i cibi che li rende particolarmente saporiti. Non a caso, c'è un detto popolare risalente al XIX secolo, citato anche dal famoso gastronomo e critico letterario Pellegrino Artusi (1820 – 1911), secondo cui, se fritte, sono gustose anche le suole delle scarpe. Consumare abitualmente cibi fritti, tuttavia, è poco salubre per una dieta quotidiana, soprattutto se la cottura è condotta senza particolari accortezze.
Perché i cibi fritti sono tanto appetitosi? Nella frittura, il cibo si cuoce per convezione, cioè, il trasferimento di calore avviene attraverso un

fluido. Immergendo un alimento nel grasso di frittura a temperatura ben al di sopra di quella di ebollizione dell'acqua, si ha un violento e intenso sprigionamento di vapore acqueo dalla sua superficie che fa passare il calore, ma crea una barriera tra il cibo e l'olio, impedendo a quest'ultimo di penetrare nell'alimento. Per tale motivo, un alimento fritto correttamente non è impregnato di olio e, quindi, liberandolo accuratamente dal mezzo di cottura prima di consumarlo, ha un contenuto di grassi più basso di quanto si possa immaginare. Più alta è la temperatura dell'olio, più intensa è la fuoriuscita di vapore e più il cibo fritto è croccante e asciutto. Dunque, dobbiamo friggere sempre a una temperatura piuttosto alta, ed è buona norma non immettere molto cibo freddo contemporaneamente nel recipiente di cottura, per evitare un repentino abbassamento della temperatura dell'olio. La temperatura di frittura deve, comunque, restare sempre al di sotto del punto di fumo, cioè, la temperatura, caratteristica per ciascun olio, alla quale esso comincia a degradarsi chimicamente, liberando acidi grassi liberi, noti per le loro proprietà aterogene, pro-diabetiche e infiammatorie, e producendo sostanze tossiche, prima fra tutte l'acroleina.
Bisogna, inoltre, tenere presente che gli acidi grassi degli olii presentano, nella loro struttura, legami doppi carbonio – carbonio, in corrispondenza dei quali reagiscono alte temperature, formando altre sostanze nocive. Quindi, più doppi legami sono presenti, più è facile la formazione di questi prodotti indesiderabili. Pertanto, è di fondamentale importanza una scelta accurata del grasso da utilizzare per la frittura. Un ottimo candidato è, ad esempio, l'olio di oliva che ha un punto di fumo abbastanza alto (>190°C) e il suo acido grasso di gran lunga più abbondante, l'acido oleico, ha un solo doppio legame. Un altro problema da considerare con molta attenzione è il tempo di utilizzo dell'olio, in quanto i prodotti di degradazione si accumulano, rendendo, tra l'altro, il grasso scuro e maleodorante. Inoltre, l'olio usato a lungo contiene piccole particelle di cibo che formano dei punti di surriscaldamento dove è più probabile la formazione di sottoprodotti. Per questo motivo, è consigliato cambiare spesso l'olio durante la frittura e usare, inoltre, recipienti per friggere profondi e larghi, perché altre zone di surriscaldamento sono le pareti e il fondo del recipiente.
Se teniamo in debito conto queste precauzioni e non indulgiamo a eccessi, possiamo tranquillamente consumare, di tanto in tanto, cibi fritti, magari accompagnandoli con un buon vino. Buon appetito!
Lorenzo De Napoli e Luciano Mayol
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