La crisi finanziaria tracima in Africa con qualche opportunità

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La crisi della finanza e soprattutto quella dell’economia reale continua ad avanzare. In questi giorni è un continuo ripetersi di dichiarazioni che correggono al ribasso qualsiasi indice economico in qualsivoglia paese del mondo e dove la parola recessione è il modo per descrivere quello sta succedendo [1]. Senza voler qui fare un’analisi dello scoppio della crisi che ha radice profonde e strutturali nell’economia mondiale così come si è andata sviluppando dall’affermazione del liberismo di reaganiana memoria proviamo invece a vedere cosa sta succedendo sui mercati africani e soprattutto che impatti vedranno le popolazioni del continente a causa della recessione che incombe in tutto il mondo.

Innanzitutto è il caso di sottolineare che pur in presenza di un rallentamento il Fondo monetario internazionale la scorsa settimana ha confermato un tasso di crescita del continente ancora rilevante: si è passerà dal 5,9% del 2008 al 6,2% del 2009. E’ vero che è un dato aggregato e non tiene conto di diverse realtà come per esempio la Somalia o lo Zimbawe è una notizia positiva. Ma non dimentichiamo comunque la sequela di errori commessi nelle valutazioni delle istituzioni finanziarie che hanno spinto l’ex Presidente della Federal Reserve Alan Greenspan ad ammettere errori durante un’audizione davanti alla Camera a Washington [2].
Perdite consistenti, e paragonabili in termini percentuali al mondo occidentale, si sono riscontrate in un diverse borse e soprattutto in Sudafrica, complice una pesante situazione politica interna ed un’economia più aperta all’estero, dove l’indice All-Share continua a contrarsi con perdite pesanti come il 15 ottobre scorso quando è stato lasciato sul terreno il 7% circa o il 24 ottobre con altri cali significativi[3]. Non è escluso che la forte svalutazione del Rand possa attenuare i danni sull’economia reale grazie ad un aumento delle esportazioni.
Il Case 30 Index della borsa egiziana nell’ultimo mese è passato da 7059 a 4897 e quella tunisina dove il Tunindex dalla fine settembre ad oggi è arretrato da 3362 a 2979. Va detto però che la capitalizzazione delle borse africane è molto limitata e quindi incide poco sul sistema. Basti pensare quella di Nairobi che è quella più grande nell’Africa occidentale ed ha un valore di alcuni miliardi di euro con una cinquantina di aziende quotate. La sola Enel in Italia anche in questi giorni ha una capitalizzazione superiore a tutto il mercato azionario di Nairobi.

In generale si potrebbe dire che “l’arretratezza” del sistema bancario nei paesi africani ha impedito che prodotti finanziari sofisticati e molti dei quali carta straccia entrassero nel circuito attenuando gli effetti della crisi bancaria.
Nei paesi africani continua ad essere diffusa la ritrosia nei confronti delle banche. Un rapporto di fiducia accettabile non è ancora generalizzato. Mentre le banche stesse hanno dei forti limiti, anche culturali, nella capacità di investire e sostenere attività produttive. Senza dimenticare le rigidità legislative che non facilitano i movimenti nel settore bancario.

In effetti alcune considerazioni fatte in varie occasioni lasciano pensare ad opportunità per i Paesi africani. L’economista ghanese Ed Kutsoati, docente di Economia presso la Tufts University di Boston sostiene che diversi Paesi hanno delle aree di investimento verso cui i grandi capitali, anche in questi momenti, potrebbero indirizzarsi come <<il mercato immobiliare in alcune zone ben specifiche, o quello energetico in Ghana. La scoperta del petrolio ha attirato nel Paese molte multinazionali, investire ora nel settore potrebbe rivelarsi un affare>> [4].
Sempre su una linea simile si possono leggere i commenti di Evans Manduku, ricercatore in Scienze politiche a Nairobi <<è probabile che si vedranno gli africani investire in buoni del Tesoro dei governi locali, nelle banche pubbliche, piuttosto che mandare il loro denaro all’estero. Sarà uno dei vantaggi di questa crisi>> [5]. E se la crisi taglierà gli aiuti allo sviluppo potrebbe esserci un’accelerazione dei rapporti e delle relazioni verso l’Asia per cui <<il continente diventerà sempre più autosufficiente (finanziariamente) in virtù del commercio con la Cina, l’India e le altre potenze orientali>>, sostiene Jared Wafula, economista all’Università di Nairobi. Senza contare di eventuali aumenti degli investimenti dei Fondi sovrani che dispone di enormi risorse [6].
Altro punto di ottimismo potrebbe essere, come segnala Liberti, che questa crisi seguita da quella alimentare può spingere i leader africani a ripensare il modello di sviluppo e magari rafforzare le istituzioni regionali e continentali per affrontare le sfide della povertà e la competizione con i paesi del nord del mondo [7]. E il vertice tenutosi il 22 ottobre a Kampala tra ventisei paesi per avviare concretamente, costituendo un gruppo di lavoro, le fasi per un mercato comune tra i paesi aderenti sembra andare in questa direzione [8].

Il fatto è che i possibili risvolti negativi potrebbero essere di gran lunga maggiori di quanto ci si possa aspettare dalle opportunità.
Il sistema bancario che vacilla e l’economia reale che arretra pesantemente nei paesi occidentali avrà sicuramente ripercussioni pesanti sull’economia africana e sulle sue popolazioni. Secondo Okonjo-Iweala managing director della Banca Mondiale <<i paesi in via di sviluppo, specialmente in Africa, saranno i più duramente colpiti dalla crisi finanziaria che si è aggiunta alle crisi del cibo, dei fertilizzanti e dei carburanti… che vi sono timori che i paesi ricchi siano distratti dalla crisi finanziaria e non mantengano le promesse fatte al vertice di Gleneagles, in Scozia, nel 2005, di raddoppiare gli aiuti all’Africa entro il 2010>> [9].
Chi vede conseguenze negative all’orizzonte è il prof. Angelo Turco, docente di dinamiche internazionali in Africa, presso l’Università dell’Aquila. La crisi delle economie occidentali contrarrà la domanda e quindi le esportazioni africane che per diversi paesi incidono sui bilanci. La stretta creditizia comunque rallenterà gli investimenti, per quei paesi che adottano franco CFA con cambio fisso con l’Euro importeranno i problemi dell’Euro e non è vero che gli investimenti si dirigeranno facilmente in Africa perché non esiste ancora una legislazione solida a sostegno [10].
Altro capitolo sono le rimesse degli immigrati. In una situazione di crisi economica nei paesi ricchi i trasferimenti monetari a favore dei familiari nel proprio paese tenderanno a diminuire e questo incidera su bilanci degli stati e soprattutto delle famiglie. Un esempio sono i 1,2 miliardi di dollari che gli etiopi negli USA inviano a casa. Nel 2007 sarebbero 50 i miliardi di dollari secondo il settimanale Jeune Afrique quasi tutti diretti in Egitto, Marocco, Nigeria, Algeria e Tunisia <<anche se a risentire di più di questa flessione saranno stati più poveri come il Mali e il Senegal dove i soldi della diaspora, minori in termini assoluti, sono un fondamentale motore di sviluppo economico>> [11].
In generale la crisi economica non potrà ricadere su questi paesi che già scontano condizioni spesso disastrose. Un altro bel regalo da questa trentennale finanza allegra e profitti indecenti per minoranze.
Pasquale Esposito

[1] A titolo di esempio: <<In tutto il mondo del resto il comun denominatore è la recessione: “probabilmente” già in corso in Gran Bretagna secondo il governatore della Banca d’Inghilterra mentre gli analisti di UBS prevedono “almeno quattro trimestri di contrazione” negli Stati Uniti e una recessione “inevitabile” in Europa; non è più ottimista l’Fmi: l’economia va incontro ad una “grossa flessione”…>> in Vittoria Puledda, ”La recessione spaventa le borse tonfo di Wall Street che perde il 6%”, La Repubblica 23 ottobre 2008, pag. 11; per l’Italia in particolare <<A meno di sorprese inaspettate, la parola “ripresa” finisce nel sillabario delle parole da non pronunciare più fino al 2010. Negli ultimi dieci giorni dati a consuntivo snocciolati dall’Istat e le proiezioni elaborate dai centri studi indipendenti hanno gettato un’ombra sullo stato di salute della nostra economia.>>, in Paolo Bricco, “La ripresa è rinviata di un anno”, Il Sole 24 Ore, 19 ottobre 2008, pag. 19; “Renault chiude «quasi» tutte le fabbriche per una o due settimane”, www.ilsole24ore.com, 24 ottobre 2008
[2] <<Non avevamo capito, ha detto l’ex presidente della Federal Reserve, carica tenuta 18 anni, dal 1987 al gennaio 2006. “Forse perché non c’era gente abbastanza sveglia, smart enough”, ha ammesso amaramente nel dibattito.>>, Mario Margiocco, “Greenspan fa ammenda. Il guru si è sbagliato“, www.ilsole24ore.com, 23 ottobre 2008
[3] Tiisesto Motsoeneng, “JSE crashes nearly 7% on global woes”, www.mg.co.za, 15 ottobre 2008; Pales Motloung, “JSE extends losses, down sharply”, www.mg.co.za, 24 ottobre 2008
[4] Matteo Fagotto, ”Il mondo ci sta lasciando al palo”, PeaceReporter intervista l’economista Ed Kutsoati sugli effetti della crisi finanziaria in Africa, www.peacereporter.it, 7 ottobre 2008
[5] e [6] “Crisi mercati/ Analisti: Paesi africani possono trarne vantaggio”, www.apcom.net, 17 ottobre 2008
[7] Stefano Liberti, “La crisi non è nera”,Il Manifesto 23 ottobre 2008 pag. 9
[8] “A Kampala un vertice di 26 paesi: prima pietra per un mercato comune”, www.misna.org, 22 ottobre 2008
[9] Antonella Ciancio e Svetlana Kovalyova “Crisi è calamità per i poveri, dice dg Banca Mondiale”, http://it.reuters.com, 20 ottobre 2008
[10] “Crisi finanziaria: recuperano le borse. Riflessi negativi in Africa”, www.radiovaticana.org, 9 ottobre 2008
[11] Stefano Liberti, idem

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