La libertà emotiva: lettera a un amico

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Cosa caratterizza una persona affettivamente indipendente? Che non instaura rapporti sulla dipendenza e i bisogni, ma sul desiderio e la creatività. È possibile riconoscerla a prima vista?

Caro amico,
ancora oggi, a distanza di giorni, non so rispondere alla tua domanda. Posso provare a fornire alcune suggestioni. Posso provare a soppesare la tua domanda, a farla circolare dentro di me, ad ascoltarla.

Solo nei momenti migliori riesco a essere sufficientemente libero. A essere così libero da consentire all’altro di essere se stesso, senza obblighi, senza devozioni. Così come mi piace che sia per me, così come chiedo che sia per me.
Solo raramente, e solo quando sono in un particolare stato di grazia, riesco a riconoscere all’altro pieno accesso al libero arbitrio.

Scrivendo mi appaiono più chiari alcuni passaggi. Perché, come sai, la scrittura per me è sempre un tuffo nel profondo. Spesso è un dialogo con te, ma soprattutto con me attraverso te.

La domanda che fai è una domanda da artista.
Non importa se produrrai o meno altra musica, altra pittura, o viaggi.
E per estensione, non importa se sei un avvocato, un economista, un padre di famiglia o un libertino, una massaia o una filosofa.

Il solo parlare di creatività e desiderio è parlare da artista. O meglio, è far parlare la parte artistica che tu hai. E che hai sviluppato nel corso degli anni.

Le poche riflessioni che potrò condividere con te, non vogliono e non possono essere esaustive. Seguiranno piuttosto un libero flusso associativo.

Mi è più facile riconoscere la persona libera, piuttosto che riuscire a indicare come questa libertà possa essere costruita. La persona libera è quella che persegue con desiderio e volontà il suo percorso creativo. La vedi assorbita, con tutto il suo essere, nella sua arte.
Come arrivare a questa condizione di immersione nell’arte mi è più difficile comprenderlo.
È possibile comprenderlo?
Il percorso che porta all’arte, quindi alla libertà, ha a che fare con l’inconscio? E l’inconscio è quel magma che non può essere ridotto alla logica, alle formule.

Ma torniamo alla prima parte della tua domanda.
Cosa caratterizza una persona affettivamente indipendente?

Forse non si può parlare tout court di persona affettivamente indipendente, piuttosto di persona che in alcune relazioni è affettivamente indipendente. E in altre meno, o per nulla.
Si può essere affettivamente indipendenti nelle relazioni amorose di coppia. Si può esserlo in alcune e non in tutte. Si può essere indipendenti nei propri accoppiamenti, ma prigionieri nell’amore paterno o materno.

Essere indipendenti significa costruire la propria identità non basandosi sugli altri?

Questa affermazione sembrerebbe contraddetta da quella parte della psicologia che vede il sé come costrutto, che si forma anche a partire dall’immagine che gli altri hanno di noi.

Vedere negli occhi della madre quel luccichio che brilla in risposta all’esibirsi del bambino.
Queste parole di Heinz Kohut mi risuonano in testa.

Sì! Quel luccichio è un passaggio importante nella costruzione di una personalità indipendente, che non crea dipendenza. È uno sguardo che tutti vorremmo avere avuto e interiorizzato, fino a farlo diventare nostro, e non più portato dalla madre.

Ma è essenziale?
Non è dare troppa importanza alla madre? Non è fare diventare a torto, la madre, epicentro di uno sviluppo che forse ha altre radici? E se sì quali?

Boh!

So poche cose. E queste non possono pretendere di essere altrettanto vere e valide per altri.

Ad esempio so che per me scrivere è essenziale. più essenziale del sesso. Già semplicemente l’atto fisico dello scrivere, mi dà un senso insostituibile di libertà. E in questa libertà sento e so di poter essere libero e di poter lasciare libero l’altro.
Ed è lo stesso senso di libertà che ritrovo nel rapporto con i pazienti. Quando, con loro, vado alla ricerca di frammenti in quello spazio tempo sospeso che è lo spazio tempo delle sedute.

Ecco. Allora dovremmo riuscire a rintracciare dentro di noi e fuori di noi, quei gesti mentali e fisici che ci riportino a un più genuino e sincero contatto con noi stessi. Tale contatto può aiutarci, tornando al senso della tua domanda, a non creare rapporti di dipendenza, di accoppiamento fondato sui bisogni.

Ritrovando la nostra libertà possiamo incontrare l’altro, fondando l’incontro su questa libertà e sulla sua libertà.
Ma come dicesti tu un giorno: Chi vuole essere libero?

Gianfranco Falcone

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