
Non mi capita spesso di andare ad assistere due volte di seguito allo stesso spettacolo. Mi è capitato soltanto con Elvira di Jouvet e adesso con La merda di Cristian Ceresoli.
È interessante vedere diverse volte gli stessi spettacoli. Si può essere meno attenti alla trama, all’intreccio e focalizzarsi di più su altri aspetti. Così ho fatto e così ho potuto valutare ulteriormente la performance di Silvia Gallerano. È un’attrice straordinariamente potente, con una maschera sbalorditiva. Capace di passare dall’urlo al sommesso, dal timido allo spavaldo, dal caustico all’ironico, per un monologo necessario.
Mai come oggi abbiamo bisogno di una scrittura così politicamente scorretta come quella di Cristian Ceresoli e di un’interpretazione così feroce come quello di Silvia Gallerano. Ne abbiamo bisogno perché sembra proprio che negli ultimi tempi sia stato aperto il vaso di Pandora, e molti dei mali che erano racchiusi sembrano di nuovo infestare il mondo. Di nuovo sono stati sdoganati razzismo, odio, sospetto, e la paura della bomba. Se a questi mali, a queste parole non sostituiremo qualcosa di diverso e non ci renderemo conto che ci nutriamo di merda come denunciano Cristian e Silvia si prospettano tempi ancora più bui.

La merda è un monologo scorretto che se la prende con tutto e tutti, non per un atto di cinismo e di mero nichilismo ma per richiamarci a un significato diverso dell’esistere. La protagonista della pièce accetta di tutto. Ingoia, ingoia, ingoia. Accetta tutta la merda che viene proposta come se fosse la cosa più naturale del mondo. Riesce persino a giustificarla. Soltanto nell’atto finale si renderà conto di quanto questo nutrirsi di merda sia devastante, e come debba essere chiamato col suo vero nome, merda.
Ho trovato una Silvia Gallerano ancora più vigorosa della volta precedente. Forse ne aveva la necessità. Perché il pubblico era un pubblico diverso di quello presente a maggio. E poiché ogni pubblico ha una sua identità, una sua personalità, va accompagnato in modo diverso. È stato utile rivederla la seconda volta nello stesso lavoro. Ho capito ancora di più come mai ad Edimburgo al Fringe Festival di dieci anni fa ha vinto come miglior interprete, e perché Cristian abbia vinto per la miglior scrittura e regia.

Mi piacerebbe andare ad assistere a Svelarsi, portato in giro da Silvia in questi giorni nei teatri italiani. Si tratta di un esperimento, di un evento, di un happening che mette al centro ancora una volta il corpo il corpo femminile, in un gioco di rispecchiamento tra le attrici sul palco e le spettatrici del pubblico. le prossime date sono il 30 novembre e l’1 dicembre al Teatro Tor Bella Monaca a Roma.
Purtroppo non mi vogliono. È uno spettacolo soltanto di donne per le donne, in cui gli uomini non sono ben accolti, anzi non possono proprio entrare. Ho bonariamente minacciato Silvia che mi sarei travestito. Mi ha risposto che mi avrebbero sgamato subito. Quindi dovrò aspettare tempi migliori o un’altra cena a Roma per farmi raccontare Svelarsi da Silvia. Intanto ho scoperto attraverso le parole che ha usato per presentarlo che anche quella di Silvia è una bella penna. Chissà un giorno forse scriverà una nuova commedia.
Il problema de La merda non è soltanto la nudità di Silvia in scena o che se la prenda anche con gli handicappati. E perché no? Perché gli handicappati dovrebbero godere di una particolare zona franca, in cui diventano intoccabili, e con questo ancora più emarginati?
La questione rilevante de La merda è che mi fa interrogare sul mio lavoro di “critico teatrale”. La Merda è un lavoro superlativo ma proprio per questo mi fa interrogare per contro sul teatro in generale e su quello che ho visto negli ultimi tempi a teatro. Tra l’altro la parola critico teatrale poi mi fa venire i vermi. Non mi considero tale. L’ho detto anche oggi quasi con fastidio a chi usava questo termine riferendosi a me. Io mi considero più che altro una persona curiosa. Ma in questa curiosità sto iniziando ad avere dei dilemmi.
Qual è il limite della critica? A volte mi sono trovato, e anche di recente, a evitare di scrivere una recensione perché avrei potuto usare soltanto parole negative per lo spettacolo in questione. Ma ero impedito in questo da una sorta di affetto nei confronti delle attrici, degli attori, di chi l’ha scritto, della regia. Ma non penso di poter utilizzare troppo spesso questo criterio. La scrittura non può fare sconti. Non può farla a se stessa, non può farla agli altri, e sarebbe un cattivo servizio ai lettori. Quindi, se vorrò continuare a scrivere di teatro dovrò assumermi una maggiore responsabilità anche nei confronti dei giudizi negativi. Forse dovrò fare come Curzio Malaparte con le sue celebri recensioni sferzanti.
Il giudizio, la valutazione di uno spettacolo, non può essere deciso esclusivamente in base al fatto se la platea è piena o è vuota. Le sale le puoi riempire anche con personaggi televisivi d’attrazione, che si danno al teatro ma che poco hanno a che fare col teatro. Che farsene se non hanno il senso della drammaturgia, se non sanno recitare, se non riescono a calarsi nella parte, a cogliere le sfumature e la complessità dei personaggi a cui prestano voce, volto, corpo? O se la trama, i testi e i personaggi non hanno profondità? Certo, se io porto un personaggio televisivo il teatro lo riempio ma è ancora teatro?
Brutta cosa le domande. Sono come le ciliegie, una tira l’altra. Ha ancora senso il “teatro borghese” che soddisfa tutti ma poi in fin dei conti nessuno, che non è in grado di graffiare? Brutto affare lo spettacolo La merda. Mi mette di fronte a delle responsabilità. Io odio le responsabilità. Però purtroppo quando si affacciano bisogna considerarle.
Ci sono domande che ultimamente mi assillano. Quanti degli spettacoli dell’ultima stagione, che magari mi avevano affascinato mi sono rimasti nel cuore, nella memoria? Li consiglierei ancora? Mi sono anche chiesto se ormai il vero teatro non sia quello dell’arte circense, a parte alcuni gioielli e alcuni interpreti che riescono a calcare le scene con straordinarie verità. I saltimbanchi che si possono ammirare nelle nostre strade sono capaci di tornare a una verità originaria del teatro in cui la vera aspirazione è quella di essere con il pubblico piuttosto che incantarlo con atteggiamenti compiacenti e gigioneschi? Da queste considerazioni mi mette in guardia un caro amico, cinico ma dalla intelligenza raffinata. Risponde affermando che “Il circo può essere come lo consideri tu. L’arte circense può essere questa. Ma attenzione lì spesso manca la drammaturgia”.
Accidenti a voi Cristian e Silvia. La prossima volta andrò a vedere le foche ammaestrate all’acquario. Almeno mi farò meno domande. O no? Che dire d’altro?
Viva La merda.
Teatro Leonardo – Milano
26 novembre 2022
La merda
di Cristian Ceresoli
con Silvia Gallerano
Produzione Frida Kahlo Productions/Richard Jordan Productions/Produzioni Fuorivia – in collaborazione con Summerhall e Teatro Valle Occupato – direttore tecnico Giorgio Galliano
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