La morte dei pure players

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C'erano una volta tante aziende nate nel sogno del mobile gaming. Mobile, , , , , solo per citarne alcune, si inserirono all'interno di un settore in crescita esplosiva, dove i ricercatori non mancavano occasione per sottolineare fatturati da urlo: 10-11-15 miliardi di dollari.
Sembrava di essere ad un'asta dove ognuno la sparava più alta.
Questa sapiente azione di disinformatia, non poche volte concordata tra gli attori della filiera, ebbe sicuramente il merito negli anni 2003-2004 di attirare l'attenzione di numerosi fondi di investimento attratti dai numeri presentati nei business plan e soprattutto dall'associazione “ogni cellulare venduto nel mondo è un potenziale mezzo di ricezione di giochi, meglio se casual ed adatti a tutti”.

Purtroppo nel 2008 si è visto che non tutto è oro ciò che luccica. Il mercato regge, in alcune nazioni cresce ancora a tassi del +20% annuo, ma in tante altre nazioni, vedi Italia, ci troviamo di fronte ad un periodo di stagnazione. Dico stagnazione per evitare termini più drastici come recessione.
Un termine che si era fatto spazio nell'immaginario b2b mondiale è quello dei pureplayers, ovvero aziende focalizzate esclusivamente su un unico business/piattaforma, nel nostro caso i .
Di seguito alcune note sul destino dei ad eccezione di EA Mobile – pureplayer atipico – in quanto la casa madre era la più grande azienda di mondiali.

Gameloft: pureplayer pioniera, nata insieme ai giochi wap per poi trasferirsi ai java. A partire dal 2007 ha ampliato il suo raggio di azione: DS, PSP, Xbox Live Arcade, Wiiware, Ipod, PC.
Glu: stando alle dichiarazioni del suo Presidente, tra il 2008 ed il 2009 Glu abbraccerà nuove piattaforme.
I-Play: oramai non classificabile sul mercato mobile (sta perdendo quasi tutti i contratti di distribuzione mobile), in seguito all'acquisizione da parte di Oberon Media è diventato uno degli asset multipiattaforma del colosso americano Digital Chocolate
Digital Chocolate: da innovativo pureplayers focalizzato su Original Ip è in fase di riconversione esplorando il mondo dei giochi online, PC e Facebook.

Assieme a questi nomi noti, si potrebbero citare altre decine di casi di aziende medie e piccole che hanno abbandonato il mobile o affiancato nuove piattaforme pur di sopravvivere.
Purtroppo il mobile potrebbe perdere una grande sfida: l'innovazione.
Gli operatori telefonici hanno fatto la loro parte nell'ostacolare la creatività ed impedire
l'instaurarsi di una relazione diretta tra il produttore ed il consumatore precludendo in alcuni mercati ogni strada alla viralità e all'interazione sociale.

Non in tutto il mondo è stato così. Basta citare il caso koreano dove gli operatori hanno supportato pienamente la nascita di giochi multiplayer che hanno ottenuto uno straordinario successo (non è un caso se EA Mobile ha acquisito Hands On Korea).

Altri esempi ci arrivano dagli USA dove la sperimentazione di giochi a pacchetto, ovvero nuove puntate/livelli/quiz disponibili periodicamente, ha creato dipendenza ed interattività. Laddove l'operatore si è inserito nella filiera come parte attiva e viva del business i risultati si sono visti (in Spagna e UK il dinamismo è universalmente riconosciuto a molti operatori e non casualmente da lì le performance continuano ad arrivare forti), laddove, invece, la telco ha avuto un ruolo di distributore passivo, fornitore di billing e infrastruttura per il download, il mercato ha smesso di galoppare adagiandosi su numeri ormai statici.

Fabio Viola

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