
L’impianto normativo a tutela dei consumatori in Italia nasce dalla necessità di semplificazione e di riassetto legislativo. I numerosi interventi del legislatore comunitario hanno finito per determinare un coacervo di norme, per lo più contenute nella legislazione speciale con la quale si è recepita la disciplina sopranazionale, che sono apparse contraddire l’esigenza tutelare, rendendo di difficile conoscenza non tanto la disciplina, quanto la loro coordinazione.
Il Governo, con l’art. 7 della legge 29 luglio 2003, n. 229, è stato demandato all’emanazione di un decreto legislativo contenente una <<sistemazione>> delle disposizioni vigenti in materia di tutela dei consumatori. La finalità sottesa al riassetto sistematico delle disposizioni in materia di tutela dei consumatori deriva dalla necessità di rendere maggiormente fruibile, anche ai “non addetti ai lavori”, la complessa e variegata normativa sulla tutela del consumatore, onde consentirle di dispiegare una maggiore efficacia, sia nelle fasi di contenzioso e di tutela, sia ex ante, ossia in funzione deterrente di comportamenti commercialmente o legalmente scorretti a danno dei consumatori.
La delega contenuta nell’art. 7 della legge n. 229/2003 dettava quattro principi per il suo esercizio:
1) adeguamento della normativa alle disposizioni comunitarie ed agli accordi internazionali e articolazione della stessa allo scopo di armonizzarla e coordinarla, nonché di renderla strumento coordinato per il raggiungimento degli obiettivi di tutela del consumatore previsti in sede internazionale;
2) omogeneizzazione delle procedure relative al diritto di recesso del consumatore nelle diverse tipologie di contratto;
3) conclusione in materia di contratti a distanza, del regime di vigenza transitoria delle disposizioni più favorevoli per i consumatori, previste dall’art. 15 del D.Lgs. n. 185/1999, e rafforzamento della tutela del consumatore in materia di televendite;
4) coordinamento delle procedure di composizione extragiudiziale delle controversie, dell’intervento delle associazioni per i consumatori, nel rispetto delle raccomandazioni della Commissione delle Comunità europee.
Sulla base del primo criterio, il Governo ha ritenuto di poter operare non solo ad una mera <<compilazione>> di testi previgenti, con le opportune coordinazioni, ma anche con maggiore libertà innovativa.
Il secondo criterio ha inteso fare in modo che sia eliminata la differenza nei termini del diritto di recesso tra il D.Lgs. n. 50/1992 (sette giorni) e il D.Lgs. n. 185/1999 (dieci giorni), soprattutto perché nella coordinazione tra i due decreti ha finito per prevalere, per esempio nella contrattazione su Internet, l’indicazione di maggior favore del consumatore, contenuta nel secondo decreto menzionato.
Il terzo criterio, più che indicare il termine delle disposizioni transitorie di cui al citato art. 15, comma 2, del D.Lgs. n. 185/1999, effetto del tutto <<automatico>> dal nuovo Codice, ha avuto l’effetto di indicare, la tutela rispetto al fenomeno delle televendite.
Infine, il quarto criterio, opera nella direzione di rendere uniforme l’impiego di soluzioni extragiudiziali delle controversie, come già sviluppate dalle associazioni dei consumatori. Al riguardo, vale la pena di ricordare il ruolo che da tempo svolgono le Camere di commercio, sulla conciliazione e l’arbitrato.
La bozza del decreto ha ricevuto pareri critici solo dal Consiglio di Stato e dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato.
In particolare, il Consiglio di Stato, nel segnalare ben 73 correzioni di carattere formale, ha puntato l’attenzione sull’assenza nel <<Codice>> delle disposizioni in materia di clausole abusive e di quelle in tema di garanzie nella vendita di beni mobili. Tale assenza è stata considerata incongrua con la motivazione a suo tempo adottata dal Governo per l’inserimento di dette disposizioni nel tessuto del codice civile. Allora, infatti, si sostenne che la scelta di operare sul codice civile era necessaria data l’assenza di una appropriata sedes materiae. L’omissione è parsa, dunque, immotivata soprattutto perché priva il codice in esame di alcune disposizioni fondamentali in tema di tutela del consumatore, incidendo sull’organicità della disciplina e impedendo un’accurata opera di raccordo tra dette norme e quelle collocate al di fuori del codice civile (si pensi all’indispensabile coordinamento tra le norme in materia di azioni delle associazioni dei consumatori, che permangono nell’art. 1469 sexies c.c. e quelle trasferite nel codice del consumatore).
A seguito di queste osservazioni, la bozza è stata corretta e modificata per inserirvi la disciplina delle clausole abusive e le garanzie nella vendita dei beni di consumo. Ne è seguita l’approvazione definitiva e la pubblicazione come D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206, recante “Riassetto delle disposizioni vigenti in materia di tutela dei consumatori-Codice del consumo”.
Tale Codice, dopo una Parte I, dedicata alle “Disposizione generali” nelle quali sono presentate le nozioni base della legge n. 281/1998 si dipana in ulteriori cinque parti a loro volta suddivise per comprendere 146 articoli.
La Parte II (dedicata alla “Educazione, informazione e pubblicità”), contiene i seguenti previgenti testi normativi: la legge n. 126/91 (sull’informazione del consumatore, ed il regolamento attuativo di cui al D.M. n. 101/97); il D.Lgs. n. 84/2000 (sull’indicazione dei prezzo dei prodotti); il D.Lgs. n. 74/1992 (sulla pubblicità ingannevole e comparativa); la L. 39/2002 (sulle televendite).
La Parte III, titolata “Il rapporto di consumo”, comprende, anzitutto, la disciplina <<Dei contratti del consumatore in generale>>, ossia gli ex artt. da 1469-bis a 1469-sexies cod. civ., sulle clausole abusive. A seguire, dopo una disposizione <<di principio>> sulle regole di svolgimento delle attività commerciali, sono riunite: la disciplina del credito al consumo (D.Lgs. 63/2000), dei contratti negoziati fuori dei locali commerciali (D.Lgs. n. 50/1992), dei contratti a distanza (D.Lgs. n. 185/1999). Le indicazioni sul diritto di recesso, le sanzioni ed il foro competente sono state uniformate. La Parte III, comprende, inoltre, dopo un rinvio al D.Lgs. n. 70/2003 al commercio elettronico, un Titolo (IV) contenente <<Disposizioni relative ai singoli contratti>>: la multiproprietà (D.Lgs. 427/1998), i “pacchetti turistici” (D.Lgs. 111/1995). La Parte III si chiude con un articolo di rinvio alla tutela dei consumatori nell’erogazione di servizi pubblici.
La Parte IV riguarda la materia “Sicurezza e qualità” e comprende le regole sulla sicurezza dei prodotti (D.Lgs. n. 172/2004 che ha sostituito il D.Lgs. n. 115/1995), sulla responsabilità del produttore (D.P.R. n. 224/1988). In detta Parte è stato inserito un Titolo (III) sulla <<Garanzia legale di conformità e garanzie commerciali per i beni di consumo>> (ex artt. 1519 bis ss. cod. civ.).
La Parte V concerne le associazioni dei consumatori e l’accesso alla giustizia.
Quanto alle prime viene ribadito il meccanismo dell’elenco nazionale delle associazioni e della loro rappresentatività in seno al CNCU (Consiglio Nazionale Consumatori ed Utenti presso il Ministero delle Attività produttive). Quanto all’accesso alla giustizia, le associazioni dei consumatori presenti nell’elenco nazionale possono agire a tutela degli interessi collettivi dei consumatori, non solo nelle discipline di cui al Codice del consumo ma anche con riferimento alle disposizioni legislative in materia:
a) di esercizio di attività televisive (legge n. 223/1990 e legge n. 122/1998);
b) di pubblicità di medicinali per uso umano (D.Lgs. n. 541/1992 e legge n. 362/1999)
Lucia Feroce
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