La quattordicesima domenica del tempo ordinario, di Pupi Avati

Edwige Fenech e Gabriele Lavia in La quattordicesima domenica del tempo ordinario

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Forse sono perverso oppure (non troppo) prematuramente senile, ma mi sembrano particolarmente interessanti i realizzati dai cineasti giunti alla vecchiaia: sono film o maniacalmente accurati, o stranamente trasandati, intrisi di umori contrastanti, con alcuni risvolti prevedibili (avversione contro il presente, nostalgia struggente per il passato) ma spesso esprimono un abbandono, una schiettezza tipiche di chi sa di non avere più granché da perdere. E proprio questo mi sembra renderli sempre un po' speciali, al di là dei risultati.

Dopo un lungo periodo di lontananza dalle sale, ben 5 anni, quindi più lungo di quanto fosse mai accaduto in passato (il lustro che separa il malriuscito Un ragazzo d'oro, 2014, dal riuscito gotico Il Signor Diavolo, 2019), riempiti da un'intensa attività televisiva, ha ripreso da quattro anni il suo ritmo di un decennio fa, ossia una media di un film all'anno. Il che, alla sua età (85 anni), costituisce una fortunata anomalia. La quattordicesima domenica del tempo ordinario (2023) è una sorta di autoritratto dell'artista da fallito, diviso fra il passato e il presente come li ha vissuti Marzio Barreca, un cantante di provincia che in coppia con l'amico Samuele Nascetti formava un duo di qualche fortuna nel bolognese, I Leggenda. Più o meno come accadde ad Avati musicista jazz in gioventù, prima di decidersi, verso i trent'anni, a mollare una fallimentare carriera di musicista per buttarsi nel cinema. Ecco quindi ritornare alcune tonalità familiari del cinema avatiano: la nostalgia, la donna adorata e perduta, l'amicizia indissolubile e dissolubile, la provincia. Con la vecchiaia sembra che ad Avati non gliene importi più assolutamente nulla della forma e della fattura di un film: la fotografia è talmente brutta e slavata da sembrare un riversamento da VHS, la ricostruzione d'epoca è così sciatta e taccagna che si fa fatica a distinguere quando passiamo dal presente ai flashback, anche perché gli anni '50, '60, o '70 e '80 sono tutti confusi in un indistinto amorfo senza identità temporale, senza un minimo (proprio un minimo) di cura scenografica e ambientale (un dettaglio per tutti: negli anni '60 vediamo una telecamera degli anni '80).

Lodo Guenzi e Camilla Ciraolo in La quattordicesima domenica del tempo-ordinario
Lodo Guenzi e Camilla Ciraolo in La quattordicesima domenica del tempo-ordinario

Quanto alla nostalgia, è un po' rancida e di maniera. Ma ci sono, di contro, alcuni elementi vivi nel film: i cattivi sentimenti, ossia il rancore e l'invidia verso chi ha fatto fortuna, la gelosia patologica e puerile, la meschinità, la grettezza, il fiele del tradimento. Tutta questa materia sgradevole Avati la esprime con una sincerità amara che alla fine diviene toccante, come il suo Marzio Barreca, che si è comportato da imbecille per tutta la vita sia con l'amico del cuore che soprattutto con la donna che amava, ma che, nel ritratto da vecchio che ne fa – splendidamente e con grande sobrietà espressiva – Gabriele Lavia, diviene veramente toccante: una sorta di naufrago dell'esistenza, un relitto di se stesso, da giovane come da vecchio. Bravissima anche Edwige Fenech (che è sempre stata una brava attrice, anche quando sorrideva con ironico e grazioso compatimento delle misere repressioni sessuali dei vari banfi e vitali che la circondavano e concupivano) nella parte della donna prima inarrivabile, poi sposata, quindi perduta e ritrovata solo perché finita anche lei alla deriva (ai cattivi sentimenti va aggiunta la misoginia dell'autore) e sorprendente, in una parte drammatica, Massimo Lopez, che impersona con notevole convinzione Samuele Nascetti vecchio, l'uomo che sembra avere avuto tutto e che invece ha perso tutto.

Contrariamente a quello che accade a molti film di registi “vecchi”, il pubblico ha risposto positivamente al film di Avati. Probabilmente perché ha sentito questa sincerità aspra che attraversa il film.

Roberto Chiesi

La quattordicesima domenica del tempo ordinarioLa quattordicesima domenica del tempo ordinario
Lingua originale: italiano
Paese di produzione: Italia
Anno: 2023
Durata: 98'
Regia: Pupi Avati
Sceneggiatura: Pupi Avati
Produttore: Antonio Avati, Santo Versace, Gianluca Curti
Casa di produzione: Duea Film, Minerva Pictures, Vision Distribution
Fotografia: Cesare Bastelli
Montaggio: Ivan Zuccon
Effetti speciali: Side Academy
Musiche: Sergio Cammariere, Lucio Gregoretti
Scenografia: Marco Dentici
Costumi: Maria Fassari
Interpreti e personaggi
Gabriele Lavia: Marzio Barreca
Edwige Fenech: Sandra Rubin
Massimo Lopez: Samuele Nascetti
Lodo Guenzi: Marzio Barreca da giovane
Camilla Ciraolo: Sandra Rubin da giovane
Nick Russo: Samuele Nascetti da giovane
Cesare Bocci: Padre di Marzio
Jacopo Rampini: Giacomo

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