La ragazza senza nome di Jean-Pierre e Luc Dardenne

La ragazza senza nome

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Una sera, dopo l'orario chiusura del suo studio, Jenny, giovane medico generalista, sente suonare alla porta ma non va ad aprire. Il giorno dopo, viene informata dalla polizia del ritrovamento nelle vicinanze di una giovane ragazza, non ancora identificata.

Non c'è nulla da fare, i film dei fratelli Dardenne, non lasciano tregua allo spettatore, non gli consentono di rifiugiarsi in un luogo dove potersi estraniare, non permettono fughe.
L'ultimo lavoro dei Dardenne, stilisticamente vicino al cinema di , è una riflessione sull'assunzione di responsabilità e sulla necessità di assumersele, queste responsabilità.
Ed è una metafora sull'indifferenza dell'uomo occidentale nei confronti delle questioni riguardanti l'.

La ragazza senza nome fratelli Dardenne
di Jean-Pierre e . Foto Christine Plenus

Una sera, un'ora dopo la chiusura del suo ambulatorio, la giovane dottoressa Jenny (), medico in un sobborgo di Liegi, decide di non aprire la porta a una giovane donna nera che suona al suo citofono per entrare. Il giorno dopo, la Polizia la contatta per chiederle i fimati della sua camera di sorveglianza. La donna è morta.
Le immagini della camera ci mostrano una donna che fugge, citofona, e poi, a causa della mancata risposta, fugge ancora. Di quella persona sono rimasti quei pochi secondi ripresi da una camera di sorveglianza, il cui scopo non è conoscere i nomi della persone, ma identificarle in caso fossero responsabili di reato. E qui si apre la prima riflessione: gli immigrati non hanno nome, sono tutti indistinguibili nella massa. Fuggono, e l'importante è che non si fermino da te.

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La ragazza senza nome di Jean-Pierre e Luc Dardenne. Foto Christine Plenus

A questo punto la dottoressa, rosa dal complesso di colpa, si fissa sulla necessità di dare un nome a questa persona, e in questo senso il film diventa anche il racconto di una ossessione. Questa giovane donna rischia la vita per dare un nome a questa sconosciuta. È caratteristica della cultura occidentale quella di dover denominare le cose. Robinson Crusoe naufraga su un isola e decide di dare un nome a tutte le cose e si stupisce che Venerdì, l'indigeno che ha trovato in loco, non ne senta la necessità. Anche qui i Dardenne svolgono un salto di senso: passare dall'identificazione, necessaria ai fini del riordino e del controllo, alla denominazione. Solo dando un nome alla persona, si riconnette la vita alla morte. Si permette ai vivi di riconoscersi come tali.
Ma i Dardenne non si tirano indietro neanche nel raccontare l'immigrazione, la raccontano per quello che è, non nascondendone i rapporti con la criminalità.
Il viaggio alla ricerca del nome della donna sconosciuta, diventa anche un viaggio della giovane dottoressa nel proprio mondo interiore, e nella scoperta della propria empatia.
Ma uno degli aspetti importanti dei film dei Dardenne è anche le descrizione del contesto sociale nel quale i personaggi si muovono. La Polizia è rappresentata senza troppi fronzoli, come persone normali che cercano di svolgere il proprio dovere senza eroismi, vestiti con abiti anonimi.
Anche il lavoro della dottoressa, impegnata in un ambulatorio di periferia, lungo una tangenziale dove si sentono continuamente passare le macchine, è rappresentato senza alcuna retorica e eroismo. Un mondo dolente di pazienti frequentato da anziani, diabetici, alcolisti, depressi, malati di tumore, che nell'ambulatorio trovano una piccola ancora di salvezza, e che nonostante la freddezza e il distacco della dottoressa, le vogliono bene.

La ragazza senza nome di Jean-Pierre e Luc Dardenne. Foto Christine Plenus
La ragazza senza nome di Jean-Pierre e Luc Dardenne. Foto Christine Plenus

È una rappresentazione assolutamente lontana da quella svolta dai statunitensi, dove oltre alla spettacolarizzazione della malattia, c'è la moltiplicazione dei subplot gossip costruiti sulle storie di amore. In pratica degli Harmony bianchi, dove gli ospedali sono tutti puliti, ben illuminati e medici e infermieri sono vestiti all'ultima moda. Evidentemente gli sceneggiatori non hanno mai avuto la fortuna di stare in un Pronto Soccorso alle 4 di mattina.

Si citava all'inizio il rapporto di questo film con i criteri definiti da nel suo Dogma 95. In effetti, uno degli elementi che caratterizza il film è la completa mancanza di colonna sonora. L'unica volta in cui si sente della musica è perchè uno dei pazienti dedica una canzone alla dottoressa. Per il resto del tempo il film è attraversato dai rumori della realtà, in particolare dal brontolare dei motori che si sentono passare in lontananza. I titoli di coda in effetti si chiudono sul rumore delle macchine che passano.
Inoltre, e questa è una caratteristica dei film dei Fratelli Dardenne, i protagonisti vengono spesso seguiti da vicino con la macchina, contribuendo a quella sensazione di impossibilità di fuga che coinvolge lo spettatore. I registi prediligono piani sequenza utilizzando un montaggio estremamente discreto. La viene ottenuta dai Dardenne facendo recitare gli attori senza troupe. Possono provare e riprovare senza nessuno attorno e senza essere distratti e cominciare a recitare quando si sentono pronti.
Insomma, un film da non perdere e che continua la rifessione dei Fratelli Dardenne sul concetto di responsabilità individuale.
Francesco Castracane

genere: drammatico
La Fille inconnueLa ragazza senza nome
nazione: Belgio
anno: 2016
durata: 113 min
produttore: Jean-Pierre e Luc Dardenne, Denis Freyd
distribuzione: BiM Distribuzione
regia: Jean-Pierre e Luc Dardenne
soggetto: Jean-Pierre e Luc Dardenne
sceneggiatura: Jean-Pierre e Luc Dardenne
fotografia: Alain Marcoen
montaggio: Marie-Hélène Dozo
scenografia: Igor Gabriel
interpreti e personaggi
Adèle Haenel: Jenny Davin
Olivier Bonnaud: Julien
Jérémie Renier: Il padre di Bryan
Christelle Cornil: La madre di Bryan
Louka Minnella: Bryan
Olivier Gourmet: figlio di Lambert
Fabrizio Rongione: Dott. Riga
Thomas Doret: Lucas
Jean-Michel Balthazar: Paziente diabetico
Nadège Ouedraogo: cassiera dell'internet café

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