La salvaguardia dei mari è una battaglia da non perdere. Comincia l’Australia?

Australia Green Island barriera corallina
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Nel bel mezzo di due appuntamenti per l’ambiente come è stata la Giornata Mondiale degli Oceani dell’8 giugno e come sarà la Conferenza dell’ONU sullo sviluppo sostenibile che si terrà a Rio de Janeiro dal 20 al 22 giugno prossimi l’Australia ha annunciato la creazione di una riserva marina con l’obiettivo di proteggere le barriere coralline dalle estrazioni di petrolio e gas e dalla pesca commerciale.


Mar Cinese Meridionale. Perhentian Island (Malesia), 2010. Foto Gaetano Vaccaro

La nuova area protetta si estenderà per 1,47 milioni di kmq. di mare partendo da 5,5 km dalle coste per arrivare fino ad un massimo di 370 km. dalla riva.
E sicuramente decisioni come queste in favore dell’ambiente che aiutano a tenere l’Australia al primo posto tra i 36 paesi OCSE per la migliore qualità della vita [1].
Di fatto le aree protette vengono portate da 27 a 60 raddoppiando la copertura della rete di parchi marini. Si sarebbe potuto fare di più perché secondo alcune associazioni ambientaliste andava stabilito un divieto totale della pesca commerciale nel Mar dei Coralli e di alcune esplorazioni per gas e petrolio in altre riserve.
Va anche detto che le regole definitive saranno esplicitate solo alla fine dell’iter di approvazione che  tra l’altro prevede il coinvolgimento delle comunità interessate.


Mar Cinese Meridionale. Perhentian Island (Malesia), 2010. Foto Gaetano Vaccaro

Per ora una notizia che guarda ad un futuro sostenibile. Si diceva degli oceani e della giornata a loro dedicata. I nostri mari sono oramai degli infermi che hanno bisogno di cure e per molti tratti messi in quarantena  cioè resi inattaccabili da agenti esterni: l’uomo e le sue attività. Il disastro ambientale del Golfo del Messico dovrebbe essere un  monito che troppo di frequente viene ignorato.
Le emissioni di C0₂ stanno alterando la vita nelle acque marine per il conseguente aumento del fenomeno dell’acidificazione. Il rischio che si aggiunge a tutte le altre forme di inquinamento è quello di una trasformazione radicale delle forme di vita o della loro estinzione.


Oceano pacifico Green island (Australia), 2010. Foto Gaetano Vaccaro

Gli oceani non sono mai stati così acidi. A causa degli altissimi livelli di anidrite carbonica, che negli ultimi anni è aumentata in modo evidente, diverse forme di vita marine sono a rischio estinzione. <<Sappiamo che la vita durante gli eventi passati di acidificazione degli oceani non è stata spazzata via – ha commentato il professor Honisch – nuove specie si sono evolute per sostituire quelle estinte. Ma se le emissioni di carbonio industriali continueranno al ritmo attuale, potremmo perdere organismi come barriere coralline, ostriche e salmoni>> [2].
In occasione della giornata mondiale Greenpeace ci ricorda cosa fare per garantire la sopravvivenza dei mari.
È un decalogo che presenta alcuni fattori comuni come la riduzione dell’inquinamento in generale e un consumo responsabile. Tagliare i livelli di inquinamento anche terrestre significa salvaguardare aree come il Santuario dei Cetacei, regolare il traffico navale ed in particolare quello con carichi pericolosi, o ridurre drasticamente imballaggi di plastica: l’ottanta per cento della plastica che inquina gli oceani proviene dalla terra ferma e genera isole mostro estesa come un continente.


Oceano Indiano. Seychelles, 2006. Foto Paolo Palmieri

Proteggere i mari significa anche estendere la pesca responsabile che consenta il ripopolamento e eviti la distruzione di specie protette, e a maggior ragione va fermata <<la pesca illegale ed eliminare metodi distruttivi come la pesca a strascico d’alto mare o la pesca con reti a circuizioni sui FAD (sistemi di aggregazione per pesci), che stanno avendo un gravissimo impatto sulle risorse e tutto l’ecosistema marino. I FAD sono oggetti galleggianti utilizzati per aggregare i pesci che purtroppo causano la cattura di esemplari giovani di tonno, squali, tartarughe e altre specie marine>> [3].
Andranno proibite tutte le trivellazioni off-shore che minacciano gli habitat naturali, mentre vanno estese le riserve marine con un’attenzione particolare all’Artico per il quale andrebbe avviata una moratoria per il blocco dello sfruttamento industriale.


Oceano Atlantico. Essaouira (Marocco), 2011. Foto Anonimo

Intanto in Europa dopo dieci anni di fallimento nelle politiche sul mare si prova a fare qualche passo in avanti con una riforma della Politica Comune della Pesca  dell’Unione Europea che dovrebbe proteggere le risorse [4]. Quando, secondo l’UE, <<l’88% degli stock sfruttati nelle acque comunitarie è sottoposto a catture superiori alla capacità di ricostituzione>> [5]] si capisce bene il livello di rischio a cui si va incontro. La parola da seguire è sostenibilità adeguando capacità produttive alle risorse sostenibili anche dando più spazio alla pesca artigianale che comporta meno danni per il mare.


Mar Mediterraneo. Peschici (Italia), 2010. Foto Pasquale Esposito 

Dovrebbero essere introdotto il quantitativo massimo di catture compatibile con la salvaguardia dello stock, la graduale eliminazione dello scarico in mare delle catture indesiderate, una migliore gestione degli stock ittici sul lungo periodo, con l’inclusione di obiettivi quantificabili, garanzie e misure da adottare.
Non tutto è deciso e soprattutto i parametri che verranno utilizzati o le scadenze faranno la differenza per la sopravvivenza.
Pasquale Esposito

[1] Il riferimento è al Better Life Index prodotto dall’OCSE e che analizza, tra statistiche e sondaggi, undici parametri, come ambiente, reddito, istruzione, salute ecc.
[2] Il professor Barbel Honisch della Columbia University è il coordinatore della ricerca pubblicata sulla rivista scientifica “Science”, in Verdiana Amorosi, “Oceani: mai stati così acidi. A rischio anche le barriere coralline”, www.greenme.it, 2 marzo 2012
[3] “Giornata Mondiale degli Oceani. Dieci azioni per proteggerli”, www.greenpeace.org/italy, 8 giugno 2012
[4] Il 12 giugno la maggioranza dei ministri  ha approvato un orientamento generale che interessa le principali proposte del pacchetto di riforma nel settore della politica comune della pesca (PCP). In attesa della posizione che il Parlamento europeo adotterà in prima lettura, l’orientamento generale apre la strada a un nuovo regolamento di base e a una nuova organizzazione comune di mercato (OCM).

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