
La criminale, assassina invasione del nord della Siria da parte dell'esercito turco, circa cinquemila uomini, è un atto di una drammaticità e crudeltà assolute. Oltre a mostrare ancora una volta l'arrendevolezza e la complicità dell'Europa tutta, alle cui porte il regime di Erdoğan continua a bussare, ai dettami degli USA, costituisce l'ennesima violazione del diritto internazionale, con la chiara volontà di compiere e assecondare un vero e proprio genocidio. L'obiettivo di questo stragismo internazionale, che si sta consumando già da diverse ore sotto lo sguardo distaccato e sbadato del Mondo, è ovviamente il popolo curdo.
Dopo aver contribuito in maniera determinante alla sconfitta e cacciata dell'Isis da tutta la zona, ora le forze di protezione popolare Ypg, sono oggetto da quella che altro non è che una sanguinosa vendetta, perpetrata da decenni. La rivalsa da parte del governo di Ankara, con il pretesto di portare una non ben precisata “pacificazione” dal “terrorismo” è una realtà evidente e inopinabile: risiede chiaramente nelle ataviche mire di conquista e annientamento del Kurdistan. Oggi il sanguinario piano può finalmente perpetrarsi, grazie all'atteso deturpante pretesto fornito allo Stato, ormai assoluto e militarizzato, di Recep Tayyip Erdoğan, dalla presenza nella NATO e, soprattutto, dal lasciapassare statunitense.
Era ormai nell'aria da diverso tempo che il compare d'oltreoceano concedesse via libera all'invasione all'amico “strategico”, la cui alleanza, a questo punto irrobustitasi, consegnerà agli USA l'ambito premio di un indisturbato controllo di Mediterraneo e Medioriente, attraverso il corridoio anatolico.
È però altrettanto evidente che oggi il popolo curdo debba pagare all'Occidente il fio per aver costruito, pur nelle difficoltà acerrime, nelle tragedie della sua gloriosa storia ed esistenza, una società “rivoluzionaria” basata su principi di eguaglianza e giustizia sociale. Una comunità nazionale, pur senza Stato, unita e in grado di opporsi e organizzarsi in risposta alle mire imperialistiche ed espansionistiche dei Paesi che la circondano e la assediano da secoli. In questo senso l'epica riconquista di Kobane e l'acquisito controllo di tutta la regione del Rojava, hanno costituito un esempio indelebile di resistenza e di lotta. Un'azione globale di liberazione compiuta anche con l'aiuto di brigate internazionali di sostegno. Soprattutto giovani combattenti che sono arrivati da ogni parte del Mondo per dare il loro aiuto concreto, come l'italiano Lorenzo Orsetti, “Orso”, il cui sacrificio resta esempio imperituro di gloria rivoluzionaria.
A poche ore dall'inizio dell'invasione, che la Turchia ha pensato bene di eseguire “globalmente”, impiegando tutti i mezzi disponibili, le fonti parlano già di diversi morti tra i civili. Anche se è difficile distinguere nella zona i “civili” dai “combattenti”. La comunità internazionale ha risposto meno che timidamente, avanzando solo qualche sporadica richiesta di consultazione al Consiglio di Sicurezza dell'ONU. La realtà è che siamo di fronte a una nuova, terribile guerra che, come tutti i conflitti, lascerà un solco profondissimo nella terra, in cui seppellire uomini e speranze. Voler colpire il Kurdistan, un'entità popolare composta di cittadini e villaggi umili e sostanzialmente poveri, è l'ulteriore riprova di come il capitalismo internazionale, mandante di ogni assassinio di massa, possa utilizzare indisturbato i governi per imporre il proprio dominio.
Chi ha ancora la forza di opporvisi, deve trovare oggi il coraggio della parola e delle azioni, nella direzione urgente di una controinformazione e sollecitazione la cui eco possa arrivare nelle strade e nelle case, sperando di scuotere le coscienze per una mobilitazione a favore della pace e della giustizia.
Cristiano Roccheggiani
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