
A Milano il 12 dicembre del 1969 esplose una bomba nella Banca Nazionale dell'Agricoltura – a Piazza Fontana – provocando 17 morti e 88 feriti. A Roma ci furono tre esplosioni con altri feriti e danni. Pier Paolo Pasolini parlando della strage di Piazza Fontana dirà: «È stato il momento in cui, più di tutti, siamo andati vicino alla perdita della democrazia formale». L'intreccio tra strategia della tensione e golpista provocò – dal 1969 al 1984 – 154 morti e centinaia di feriti. Come sostiene lo storico Angelo Ventrone, l'estrema destra era costante tanto nei gruppi stragisti – che oggi sappiamo essere stati innanzitutto neo fascisti di Ordine Nuovo e di Avanguardia Nazionale – quanto nei gruppi golpisti, quanto in altri contesti. Nei gruppi golpisti e stragisti ci furono uomini delle Forze dell'Ordine, delle Forze Armate, dell'imprenditoria, della Massoneria, dei Servizi segreti e gruppi politici che volevano una riforma costituzionale ed elettorale che prevedesse la nascita di una Repubblica Presidenziale o semi Presidenziale sul modello francese per potere poi, tramite una riforma elettorale di tipo maggioritario, mettere fuori gioco il PCI. E, di fatto, indebolire la democrazia.
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