
La mia personale curiosità continua sulle differenze, a volte appena percettibili, tra “Architettura degli Uomini” e “Architettura delle Donne”. Mi meraviglia, a volte, che questa particolare ed utile ricerca non sia manifesta nei testi e nelle riviste specializzate in giro per il mondo. Non per continuare a dividere, ma per trovare, invece, una sintonia di genere e globale. Quindi per moltiplicare gli effetti totali.
La tendenza che si riscontra ovunque è, invece, quella di voler soltanto genericamente “pareggiare” (che significa uniformare) i reciproci contributi. Una misteriosa resistenza allo svelamento uomo/donna, in Architettura e negli altri campi di azione artistica e non solo.
La professione è forse l’unico ambito legittimamente asessuato? Non credo.
In generale la nostra filosofia occidentale, e parallelo stile di vita, sono da secoli immemorabili “dualisti“, in qualunque modo espressi. Solo di recente osserviamo piccoli fermenti per “unificare“, pur mantenendo in sintonia le diverse ricchezze reciproche. Nero e bianco che si incastrano e girano scambiandosi. Un nuovo Tao per l’Occidente. Sarà questo, forse, il manifesto della nuova civiltà “contemporanea“? Ovvero il passaggio dallo “stato liquido” di Zygmunt Bauman a quello “solido” di nuovi valori epocali?
Alla “diversità” (che divide inesorabilmente) dobbiamo sostituire “distinzione“, “affinità“.
Continuiamo allora.
Una donna-Architetto di grande spessore mondiale e degna di riflessione massima è, a mio avviso, l’Architetta giapponese, Kazuyo Sejima, allieva di Toyo Ito. Seconda Donna a ricevere il Premio Pritzker per l’Architettura.
Kazuyo Sejima si è imposta per una sua personale essenzialità (minimale) femminile. Soprattutto per la “leggerezza diversa” dei suoi progetti. Facilitata anche dall’interesse per una tecnologia innovativa (sostenibil-femminile). È la tipica “curiosità femminile” per i nuovi materiali e tecniche connesse, che va a fondo con mista “furbizia“. Cioè oltre l’uso materiale, fine a se stesso, per vuoto virtuosismo. In ragione di una nuova “armonia” dei nuovi materiali, come caratteristica generale e femminile in particolare.
Ho visto tanti progetti per così dire “leggeri” (vetro e acciaio) di tanti altri Architetti “leggeri”, ma nessuno è pari alla “leggerezza gentil-delicata” (anche psicologica) di Kazuyo Sejima. Che dissimula ogni durezza massiva, finanche negli elementi strutturali che si evaporano.
Kazuyo trasforma le leggerezze idealizzate delle pareti opache, e/o translucide, nelle evanescenze astratte della tipica “domesticità femminile“, totale e giapponese specifica.
Superfici lucide, che accompagnano la trasparenza attraverso vetro e metalli leggeri, diventando, a loro volta, “diffusori di luce“. La “luce” di Kazuyo Sejima! La massima originalità del personaggio. “Luce” che in Lei si trasforma in complessi “percorsi di luce“.
La “sua luce” si infila nei volumi, “specificando” ed ampliando, al tempo stesso, la sensazione dello “spazio minimo“. Che non solo diventa spazio “dilatato“, dall’interno verso l’esterno, ma che sovrappone layers più intriganti.
Prima di tutto la speciale “luce domestica“, o più semplicemente intimizzata, intesa oltre il banale concetto del “focolare domestico“, che diventa “domesticità urbana” complessa, estesa a tutte le altre destinazioni della città. Poi tragitti più lunghi e complessi. Sovrapposti, interconnessi. Dagli spazi vuoti interni (giardini) ai Paesaggi esterni, e contrario in fase alternata, la luce “incanalata” si riflette o si “rifrange” in “spessori” multipli.
La tradizione dei giardini giapponesi, fortemente “attualizzata“, rimane parte della casa, mentre la luce “filtrata” da questi, corre lungo i “conduttori” astratti, invisibili “fibre digitali” virtuali, alludendo al mondo della “comunicazione complessa“, che ci pervade ovunque.
È l’attenzione speciale che Kazuyo Sejima dedica alla “società dell’informazione“, che “infilza” i suoi volumi trasparenti, come comunicazione online a distanza. La luce come “vettore informativo“. Il “Visivo non-visivo“. Che diventa speciale rapporto tra l’Architettura e l’attuale evoluzione della Società contemporanea. Come il particolare gioco dei rimandi e delle interconnessioni leggere. Serpentine-passerelle, che corrono “sottili” nel paesaggio, collegandolo, “comunicandolo“.
“Effetti” del resto, congeniali all’indole dell’immaginario femminile. Più rari nei progetti maschili, dove il gioco della luce è più “forte” e semplificata. I volumi scarniti “sotto il sole“.
Con tutte le precauzioni possibili, il generico inquadramento intellettuale di Kazuyo Sejima si muove dentro il movimento dell’Architettura “organica“ (rapporto tra Architettura sociale e natura). Ma il suo “organicismo” è più profondo, ed in effetti evanescente al tempo stesso. Solo sfiorato l’aspetto sociale classico, il rapporto di Kazuyo con la natura diventa femminilmente più viscerale, meno complesso.
Per meglio comprendere Kazuyo Sejima, dovremmo comunque prima estrarla dalla sua cultura orientale, in particolare giapponese. Come avviene per tutti gli Architetti di area orientale, che subiscono l’influsso occidentale, pur mantenendo il loro millenario istinto mistico-filosofico, Kazuyo Sejima prosegue nel concetto della “unificazione degli opposti“.
Che nel suo caso dona “delicatezza”, per ottenere “forza”. Kazuyo Sejima sa “gentilmente” quello che vuole. È deflagrante l’exploit di Kazuyo Sejima in occasione della Biennale di Architettura di Venezia del 2010, prima Donna Direttrice della Mostra. In tale occasione Kazuyo Sejima, con fermezza, ha spostato l’attenzione della Mostra sulla astrazione dell’Architettura come concetto “unificante”. “People meet in Architecture” (la gente si incontra nell’Architettura). Proponendo temi teorici, piuttosto che iconici-progettuali.
Ha quindi proposto effetti “alternativi”, allestimenti astratti, evocanti tipici femminili. Un manifesto fortissimo lanciato da una Donna, oltre gli atteggiamenti dei “movimenti” storici, oggi in esaurimento. Magari in chiave di esplicita-implicita “riscossa femminile” .
Non sono mancate le critiche, evidentemente provenienti da una generica cultura occidentalista, o da parte di chi vuole in primo piano i progetti in maggioranza maschili. Distogliendo l’attenzione dai fili conduttori astratti, didattici, generali, planetari.
Kazuyo Sejima, nata “orientale-giapponese”, si definisce abitante del mondo.
“Translandosi” continuamente in Architetture nuove senza confini, che scambiano la pelle in una complessa contaminazione culturale. Ribaltamento culturale equilibrato.
Kazuyo Sejima è stata la prima Architetto Donna ad associare un Architetto-Uomo Ryue Nishizawa, suo ex-dipendente, nel suo Studio SANAA. È sempre avvenuto il contrario, subendo la supremazia maschile, anche in condizioni di fatto paritarie.
In questo fa rumore l’episodio riguardante l’Architetta Denise Scott Brown di Philadelphia, moglie di Robert Venturi, con il quale ha operato a lungo perfettamente alla pari. Quando, nel 1991, Venturi ha ottenuto il Premio Pritzker per l’Architettura, Denise Scott Brown ha contestato platealmente il riconoscimento al solo socio maschile, rifiutando di essere presente all’evento. Il suo gesto ha avuto l’effetto di far modificare lo Statuto del Premio, con una inaspettata possibilità di affidamento del Premio anche a “Gruppi alla pari“.
Uno dei progetti a mio avviso più esemplari di Kazuyo Sejima è il Century Museum di Arte contemporanea in Kanazawa Giappone. Si tratta di una grande piastra assolutamente circolare, dove sono incastrati vari volumi parallelepipedi Museo, e interposti vuoti interni per patii e giardini. Una simil “città” interna, varia, complessa, tradizionale e nuova. Il cerchio vetrato esterno, centrifugo, rende perfettamente paritario il Paesaggio circostante. Poi ruotandolo in una strana elica lontana. La nuova ansia femminile salta la sua antica domesticità coatta, e fugge verso orizzonti infiniti. Prima di tutto conquistando la città (nuova domesticità urbana aperta). Poi sempre più lontano, verso l’ignoto femminile.
L’equilibrio complessivo interno/esterno in altri casi è espresso da forme più suggestive, elicoidali, serpentine, etc., che tendono ad una analoga e più esplicita proiezione lontana. Confermando l’astratta sensazione visiva della “comunicazione/informazione“, che viaggia ondularmente nel grande spazio e con grande velocità.
La luce passa oltre ogni paradigma luce/buio (fascino caravaggesco), quasi “drammatizzando” la stessa estrema leggerezza e trasparenza. Affinando e travisando tutto al tempo stesso. Comunicabilità assoluta più forte che mai. Che parla linguaggi multipli. Che comunque unifica e divide al tempo stesso.
È il gioco provvisorio-finale della affannosa contemporaneità dell’oggi, ancora sofferente alla ricerca di se stessa. Tutto questo è “significato” nell’impazienza “dissimile” del mondo femminile. Sia pure sempre “leggero e gentile”, come la stessa delicata figura fisica di Kazuyo Sejima dimostra.
Eustacchio Franco Antonucci
L’architettura delle donne. I
L’architettura delle donne. II
Bibliografia navigante.
– Rivista Arca n.272 di settembre 2011
– ADA – Donne Architetto – Pagina Facebook – @associazionedonnearchitetto
– donnArchitettura – un libro di donne progettato da donne – Franco Angeli – dietrolequarte.francoangeli.it
– Cinque grandi Donne Architetto – cinquecosebelle.it
– Omaggio alle Donne nel mondo dell’Architettura e del Design – housemag.it
– Donne in Architettura : Sophia Gregoria Hayden. Quando tutto non basta – storiadelledonne.it
– Donne e professioni. Le pioniere dell’Architettura – mondorosashokking.com
– Architettura organica per l’ateneo che promuove l’ingegneria al femminile – rinnovabili.it
– visivo non-visivo, il rapporto tra l’architettura e l’evoluzione dell’attuale concetto di comunicazione – fotoartearchitettura.it
– Cercare in internet “kazuyo Sejima progetti” e poi filtrare si “immagini”.
– Soglie verticali, Kazuyo Sejima. domusweb.it
– la Biennale di Venezia – Introduzione di Kazuyo Sejima. labiennale.org
– Kazuyo Sejima, l’Architettura ed il sottile rapporto con il mondo dell’informazione – fotoartearchitettura.it
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