
Capita, raramente, tra le mani di una lettrice vorace un romanzo che, fin dalle prime pagine, sprigioni aria di nuovo, collocandosi fuori dai canoni. Le età della madri di Vittorio Punzo, edito da Alter Ego, è il romanzo di un autore giovane e, con “giovane”, si intende un ventenne, non un Peter Pan.

Dei vent'anni Punzo rivela ogni entusiasmo, ogni volontà di scoperta, ogni curiosità, tanta determinazione a mettersi in gioco. È, insomma, disposto a sperimentare ma senza quello sprezzo cinico degli “adulti” che, annoiati dalle solite cose, costruiscono le loro alternative mentali e le spacciano per anticonformismo. Questo autore sperimenta perché è un autentico esordiente alla sua prima opera, prodotta come elaborato finale della Scuola Holden.
Ma Vittorio Punzo è anche uno studioso di Fisica, uno studioso di materie umanistiche, un viaggiatore che abita sia al nord che al sud di uno strano paese dove sembra fare grande differenza se abiti al nord o al sud, almeno nel pensiero comune.
Appena entrati in questo romanzo si viene proiettati in un flusso che scorre con l'andamento di un fiume: ora ripido e pericoloso, ora lento da sembrare immobile, ora sotterraneo. È un fiume che trasporta oggetti, animali, persone. Qualcuna di questa cose viene semplicemente spostata da un luogo ad un altro per poi venire nuovamente abbandonata, qualcuna resta sommersa e celata, qualcuna si perde. È questo il fiume della città di Pacifica, che diventa “personaggio” della storia con altri elementi inanimati: la casa di Anna e Maria Vittoria, il robottino per le pulizie di Anna, il vino e le sigarette, questi ultimi due con corredo di tutti i rituali annessi e le gestualità caratteristiche.
I protagonisti di una trama che resta sullo sfondo della costruzione narrativa, sono tre: l'adolescente Domenico, che a sedici anni vuole dimostrare di non essere un ragazzino; la sua fidanzatina Maria Vittoria che a ventuno anni non sembra di tanto più matura del suo compagno; e la madre di lei, Anna, una donna enigmatica che, nel corso delle pagine, complici le mille bottiglie stappate nel fumo delle tante sigarette accese, è quella che si rivela più di tutti, facendolo comunque in quella modalità soffusa, sfuggente e talvolta carsica che caratterizza il romanzo.
Anna è stata una madre giovane, a sedici anni ha dovuto imparare che si poteva essere madri, che una bambina può essere gestita. Ora che di anni ne ha quasi quaranta non sembra più adulta di sua figlia.
Intorno a questa triade si muovono altre identità, umane e animali, senza che vi sia una grande distinzione di caratura narratologica tra esseri umani e non, ognuno ha un preciso carattere e fa avanzare di un balzo o di un tratto la storia nel suo fluire discontinuo.
Le sequenze si susseguono con ritmo musicale, con cadenze ora veloci e spezzettate e ora dense in una struttura caratterizzata da punteggiatura fittissima, con periodi brevi e dialoghi mai virgolettati, e dall'alternarsi di fasi della storia che possono essere reali o immaginate, o perfino allucinazioni senza che questa differenza comporti una interruzione nella godibilità della lettura.
L'età delle madri è un romanzo veramente contemporaneo perché non suggerisce visioni globali, non si pone contro o a favore di qualcosa, tralascia le ideologie. È, piuttosto, un romanzo fenomenologico che narra lo scorrere della vita, imprevedibile e senza cause apparenti come il movimento di un fiume.
Questo giovane autore ha già manifestato di possedere una cifra stilistica complessa e ben connotata che sicuramente lo potrà condurre ad altre opere, simili o molto diverse, oppure a sperimentazioni in altri ambiti, perché appare chiaro che il tratto comune tra lo scrittore-Vittorio e l'io narrante-Domenico è proprio una spregiudicata sete di conoscenza, utilizzando l'aggettivo spregiudicata nel significato letterale di “scevra da pregiudizi”.
Anni luci lontano dalla scrittura artatamente giovanilistica, Vittorio Punzo ha creato una storia affascinante per un pubblico di ogni età.
Stefania Squillante
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