Le vie del cinema da Cannes a Roma: Rengaine di Rachid Djaïdani

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Girato quasi interamente con la macchina a mano, – parola che in francese significa “ritornello”, “cantilena” – condensato in soli 75 minuti, estrapolati da ben 400 ore di girato, ha il valore di un piccolo saggio sui pregiudizi razziali e sull'incontro-scontro di diverse etnie.

Eh sì, perché il regista, di padre algerino e di madre sudanese – alle spalle una serie di lavori tra i più disparati: muratore, piastrellista, ex campione di boxe, attore per Peter Brooks e Mathieu Kassowitz, romanziere, documentarista – impiega nove anni, senza finanziamenti, per girare quello che il pubblico di Cannes ha applaudito per ben venti minuti di fila e la critica internazionale ha premiato con il FIPRESCI. Sembrerebbe una storia come tante, ma il taglio quasi documentaristico e la freschezza di un linguaggio aderente alla realtà lo rendono molto di più, quasi uno spaccato sociale della . Al centro della vicenda “un matrimonio che non s'ha da fare”, quello tra Sabrina – un'algerina musulmana con 40 fratelli – che ama, ricambiata, Dorcy, un nero di religione cristiana.

Ad opporsi fermamente al matrimonio è soprattutto Slimane, il fratello maggiore di Sabrina, colui che si sente depositario dei valori della tradizione del suo paese, ma che, a sua volta, è innamorato di una ragazza ebrea. Slimane cerca in tutti i modi di tirare dalla sua parte gli altri fratelli, i quali tentano invece di farlo ragionare sul fatto che Sabrina ha il diritto di vivere la propria vita, di sposare chi vuole, che in fondo i tempi sono cambiati ecc.ecc.. D'altro canto, anche da parte della famiglia di Dorcy, il quale cerca di sfondare come attore – e lo vediamo spesso inseguito dalla camera a mano mentre prende parte ad audizioni, ripete battute o discorre con registi – non è che lo cose vadano poi tanto meglio: sua madre, parrucchiera loquace con una fede genuina nel “potere” delle preghiere, non ci pensa nemmeno ad avere come nuora un'araba di pelle bianca e poco le importa che l'Algeria sia sempre Africa, è il il diverso colore della pelle a segnare una distanza incolmabile perché lei sogna una famiglia tutta nera, con nipotini tutti neri. Non si può certo dire che Rengaine non contenga i suoi bei momenti di attrito tra le parti – e Djaïdani è abilissimo nel mantenere lo spettatore sempre su un lieve filo di tensione – ma le battutacce, le allusioni verbali, i continui riferimenti al colore della pelle, le schermaglie, anche pesanti, tra persone di diversa etnia e religione – per quanto risultato di inveterati pregiudizi razziali e banali stereotipi – sembrano diventare qui, paradossalmente, quasi un terreno fertile di dialogo e di scambio tra culture, uno scambio vivace e colorito che non di rado sfiora l'ironia. L'ostinazione di Slimane, che si dichiara pronto a tutto pur di impedire il matrimonio della sorella con Dorcy, se da una parte rappresenta il tentativo di preservare la propria in opposizione all'incontro con l'altro – vero tema dolente di questo piccolo gioiello cinematografico – dall'altra, ne svela anche tutta l'illusorietà perché è solo attraverso il riconoscimento e infine l'accettazione dell'altro che si possono abbattere le barriere del pregiudizio, quello sulla propria ed altrui cultura.

Il punto di forza di Rengaine e ciò che lo contraddistingue dagli altri film che hanno voluto affrontare le problematiche dei matrimoni misti è proprio l'aver saputo restituire con immediatezza e realismo gli incontri tra diverse culture, efficacemente rappresentati dai vari slang etnici sullo sfondo di una Parigi multietnica sempre presente (quasi una nouvelle vague dei giorni nostri). La macchina a mano segue i vari personaggi nelle loro quotidiane peregrinazioni, si incolla ai loro abiti, ai loro volti, passa da un fratello all'altro, da un membro della comunità araba e nera all'altro, cogliendo ogni sfumatura – linguistica, gestuale, rituale – che proprio perché diretta ed immediata riesce ad arrivare, senza filtri, al cuore dello spettatore. La XVII edizione de ha offerto la possibilità di vedere in lingua originale il risultato di questo lungo lavoro pensato, elaborato, concepito durante nove anni, ma straordinariamente ed efficacemente condensato in poco più di un'ora scandita da un ritmo seducente; il mio suggerimento è quello di tenerlo a mente nell'attesa della sua prossima distribuzione nelle sale italiane. Perderlo sarebbe un peccato.

Scheda del Film

Titolo: Rengaine– Produzione: Genere: drammatico – Durata: 75'– Regia: Rachid Djaïdani – sceneggiatura: Rachid Djaïdani – Fotografia: Rachid Djaïdani, Julien Boeuf, Karim El Dib – Montaggio: – Rachid Djaïdani, Julien Boeuf, Karim El Dib, Linda Attab, Svetlana Vaynblat – Musica: Sabrina Hamida, Karim Hamida  – Attori Principali: Slimane Dazi, Stéphane Soo Mongo, Sabrina Hamida.

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