
Il rumore del collasso del 2001 sembra avvertirsi in Argentina. Una nazione e un popolo che non ne sono forse mai usciti da quegli anni di perdizione, povertà estesa, sogni infranti.

Siamo di nuovo sull'orlo del fallimento con un'inflazione alle stelle (50%), la moneta nazionale che negli ultimi giorni ha perso il 20% del suo valore, una disoccupazione devastante e un debito che, essendo per la quasi totalità in dollari, sarebbe complicato ripagare con il dollaro che si apprezza quotidianamente.
Uno dei maggiori azionisti del governo conservatore del presidente Nicolas Macri, il ministro del Tesoro Nicolas Dujovne si è dimesso due giorni fa sostenendo, nella sua lettera, della necessità di un “un rinnovamento significativo” del team economico.
La miccia che ha messo l'Argentina sulle prime pagine dei media di tutto il mondo per il crollo della Borsa e dei titoli di stato, per l'ulteriore taglio del giudizio delle agenzie di rating Fitch e S&P, è stata la sconfitta del presidente in carica alle primarie per le elezioni di ottobre che pur non avendo un legame diretto con queste ultime sono state di fatto una prova generale a cui hanno partecipato gli argentini.
L'opposizione del Frente de Todos, guidata dal peronista di lunga data e primo ministro di Néstor Kirchner durante tutto il suo mandato e di Cristina Fernández de Kirchner durante il suo primo anno, Alberto Fernández, voluto e sostenuto dalla stessa ex presidente, ha sconfitto la coalizione di Macri, con 15 punti di scarto: 47% contro 32%. C'era da aspettarselo, se non si imbrogliano le carte o si va avanti a forza di golpe bianchi perché, a parte tanti altri errori, corruzione e clientelismo compresi delle passate amministrazioni, «a seguito di una costante riduzione della povertà durante gli anni di Kirchner, dal 2007 al 2015, circa 2 milioni di persone sono scese al di sotto della soglia da quando Macri è entrato in carica, secondo le statistiche della Catholic University argentina, che passano dal 29% al 35% della popolazione. […] Rodrigo Zarazaga, un sacerdote gesuita e analista politico collegato a papa Francesco, ritiene che Macri abbia subito questa inaspettata sconfitta perché l'imprenditore milionario aveva perso il contatto con la realtà argentina» [1].

Già nel 2018 una pesante crisi valutaria aveva obbligato il presidente «a chiedere un prestito di 57 miliardi di dollari al Fondo monetario internazionale. Per soddisfare i termini del piano di salvataggio, ha ridotto le spese e aumentato i prezzi dei servizi di pubblica utilità, come gas ed elettricità, e dei trasporti pubblici. La crisi ha messo a dura prova l'economia» [2].
Per fronteggiare la situazione Macri ha annunciato un pacchetto di misure per un totale di circa 700 milioni di dollari dirette alla riduzione dell'IVA su diverse derrate alimentari, bonus agli impiegati del settore pubblico e delle forze armate e il congelamento del prezzo del carburante per i prossimi 90 giorni. Sulla benzina hanno protestato con determinazione le aziende di settore che non ne vedono le ragioni [3]. Oltre a ciò il governo ha predisposto misure per sgravi fiscali per i meno abbienti e per aziende piccole che avranno 10 anni per fronteggiare i debiti con il fisco, e salari minimi orari più alti. Sembrano più risposte elettoralistiche per arrestare la marea di voti della classe media, anch'essa colpita dalle politiche di austerità, verso i peronisti, che un cambio di direzione nella politica economica tanto che il presidente «ha promesso che le spese straordinarie non influiranno sull'austerità concordata con il Fondo monetario internazionale, sebbene il piano non specifichi da dove provengano i fondi necessari per finanziarlo» [4].
Oltre alle politiche sbagliate, una parte nella vittoria di Fernández-Kirchner potrebbe averla svolta il passaggio del politico Sergio Massa nelle loro fila e sicuramente la sottovalutazione della forza della coppia peronista da parte del gruppo dirigente del presidente, «non hanno potuto commettere un errore più terribile, Alberto Fernández non ha mai vinto le elezioni e non ha contribuito al voto, è un burattino di Cristina, Macri sarà rieletto con facilità”, ha affermato un dirigente anziano del governo alla Casa Rosada. Non era il solo a pensare qualcosa del genere. Pochi hanno capito che la missione di Alberto (l'uso dei nomi propri è comune nella politica argentina) non consisteva nel guadagnare voti, bensì nel soffocare l'acidità di Cristina e riunificare il peronismo. Era un uomo di cui i governatori giustizialisti potevano fidarsi, riluttante all'ex presidente; di cui potevano fidarsi i leader moderati come Sergio Massa; con cui anche i grandi gruppi finanziari e dei media, nemici del Kirchnerismo, potevano parlare » [5].
Pasquale Esposito
[1] Uki Goñi, “Plunging peso, grinding poverty: Argentina hears echoes of 2001 crisis”, https://www.theguardian.com/world/2019/aug/18/cristina-kirchner-fiery-ex-president-returns-crisis-argentina, 18 agosto 2019
[2] “La sconfitta del presidente Mauricio Macri fa tremare l'Argentina”, https://www.internazionale.it/notizie/2019/08/13/sconfitta-macri-argentina, da The Economist, Regno Unito, traduzione di Stefania Mascetti, 13 agosto 2019
[3] “Sector energético argentino rechaza medidas de emergencia de Macri”, https://www.telesurtv.net/news/argentina-congelacion-precios-combustibles-sector-petrolero-rechazo-20190819-0014.html, 19 agosto 2019
[4] Federico Rivas Molina, “Guiños a la clase media y alivio fiscal a las pymes: las claves del plan económico de urgencia en Argentina“, https://elpais.com/internacional/2019/08/14/argentina/1565809924_933597.html?rel=mas, 15 agosto 2019
[5] Enric Gonzalez, “El profesor vuelve a la política”, https://elpais.com/internacional/2019/08/17/argentina/1566076827_551029.html, 18 agosto 2019
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