Libano: senza acqua cibo ed elettricità, in attesa di un governo

Libano bandiera
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Uno dei tanti segni che certificano il fallimento dello stato del è l'enorme aumento dei tentativi dei suoi cittadini di lasciare il paese anche per venire in Italia con traghetti e mezzi di fortuna. Spesso partono da Tripoli, città al confine con la Siria. E anche donne e bambini, come accade di continuo nel Mediterraneo muoiono. Nel frattempo le autorità del Libano e di Cipro “hanno raggiunto un accordo perché si faciliti il respingimento di migranti dall'isola europea verso il Libano” [1]. Mentre il Consiglio europeo è determinato ad esportare il modello Turchia per tenere migranti e rifugiati nei paesi di provenienza o dove sono ospitati: sarebbero 2,2 i miliardi di euro stanziati per Giordania e Libano che ospitano ad esempio rifugiati siriani [2].

All'interno del Paese dei Cedri la situazione è al collasso per una spaventosa crisi che strangola da tre anni i suoi abitanti e i tanti profughi che vivono sul suo suolo. I dati forniti dall'ONU non lasciano spazio: si tratta di una vera e propria emergenza umanitaria.
La crisi del Libano sta colpendo tutti, ovunque in tutto il paese, con le donne che sopportano il peso maggiore del profondo impatto di questa crisi multistrato… 2,2 milioni di libanesi vulnerabili, 86.000 migranti e 200.000 profughi palestinesi in Libano necessitano attualmente di aiuti di emergenza; oltre a 1,5 milioni di rifugiati siriani che non possono permettersi o addirittura accedere a salute, cibo, elettricità, acqua, istruzione e gestione delle acque reflue, per non parlare dei servizi di protezione salvavita” [3].
Per quasi tutto il giorno non viene erogata l'elettricità e nemmeno l'acqua; la moneta locale ha perso il 95% del suo valore dal 2019. La Banca Mondiale ha stimato che l'economia del paese è arretrata nel 2020 del 21,4%, nel 2021 del 10,5% e farà un ulteriore dovrebbe contrarsi di oltre il 6% quest'anno, dopo essere diminuita rispettivamente del 10,5% e del 21,4% nel 2021 e nel 2020.

La crisi è il frutto di pesanti ripercussioni dovute a un sistema politico bloccato (sono 18 i gruppi confessionali) sul quale si sono innestate le chiusure e i danni provocati dalla pandemia da Covid-19, la tremenda esplosione nel porto di Beirut nell'agosto 2020 che provocò oltre 200 morti e 5 miliardi di danni e infine la guerra in Ucraina con problemi di approvvigionamento e di prezzi per le materie prime.

Alle elezioni parlamentari di maggio i libanesi avevano disertato le urne (meno del 50% era andato alle urne) esprimendo un dissenso generalizzato contro le istituzioni e contro un diffuso sistema di corruzione e clientelismo, ma comunque avevano mostrato dei segnali di cambiamento perché nomi noti della politica non sono stati eletti, ha registrato un arretramento e sono molti i seggi andati agli indipendenti. La frammentazione politica resta però alta.
Nel 2018 ci volle più di un anno per costituire il governo dopo le elezioni.

Il miliardario musulmano sunnita e primo ministro Nagib Mikati dovrebbe nuovamente incontrare, in questi giorni, il presidente della Repubblica, Michel Aoun (ex generale cristiano maronita), per trovare un accordo per la formazione del nuovo governo. Quella della complessità della politica e la parcellizzazione partitica, legata alle confessioni, ai loro interessi di vario tipo e ai loro legami internazionali, è uno dei problemi di sempre nel Paese. In questo momento i due presidenti sono in contrasto dopo che Mikati ha sostituito il ministro dell'Energia Walid Fayad (greco-ortodosso) con Walid Sinno (sunnita), uomo d'affari ed esperto di energia.
All'inizio del suo editoriale del 2 luglio su L'Orient le Jour, Issa Goraieb scrive

Come le tangenti, l'insider trading e le altre indelicatezza di cui soffre l'erario pubblico, la laboriosa gestazione che ogni volta richiede la formazione di un governo è ormai parte integrante del folclore politico libanese. È un fiume lungo, nientemeno che calmo, che occorre, il più delle volte, risalire a remo, soddisfacendo il più possibile le esigenze avanzate da tutte le parti.” [4]

Risalire quel fiume sarebbe necessario per intervenire sul un sistema collassato, dare garanzie a chi dall'estero può inviare risorse (e non sono pochi data la centralità del Libano nelle strategie del Medio Oriente), magari riuscire a far arrivare il gas dall'Egitto (gli USA devo dare l'assenso passando l'oleodotto dalla Siria), capire in che direzione dovranno andare con Israele, sono ancora tecnicamente in guerra, ed in particolare sul tema del giacimento di gas di Karish dove Israele ha già fatto arrivare la nave per le perforazioni dell'anglo-greca Energean Power ma che il Libano contestano perché il giacimento sarebbe nelle acque di loro competenza. E poi ci sarebbe la definitiva partenza dell'accordo con il Fondo Monetario Internazionale per 3 miliardi di dollari e per i quali sono richieste garanzie per le riforme politiche, economiche e sociali.
Pasquale Esposito

[1] Antonio Bonanata, Libano, continuano i tentativi di fuga via mare dal Paese allo stremo: decine trasferiti in Grecia, 30 giugno 2022
[2] Carlo Lania, Esportare il «modello Turchia». Così Bruxelles prova a fermare i migranti, 24 giugno 2022
[3] As global food and fuel crisis deepens, Lebanon's crisis is affecting ‘everyone, everywhere',1 luglio 2022
[4] Issa Goraieb, La dérègle du jeu, 2 luglio 2022 https://www.lorientlejour.com/article/1304518/la-deregle-du-jeu.html

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