
La calma sembra essere tornata a Tripoli, in Libia. I feroci combattimenti di ieri 27 agosto sembrano essersi conclusi. Il repentino arresto degli scontri armati non deve illudere perché le condizioni che fanno degenerare in caos e violenza il paese non sono sparite da quel 2011 quando scoppiava la rivolta e veniva ucciso Muammar Gheddafi. Le opposte sponde sono sempre pronte ad imbracciare le armi. Secondo il ministero della Sanità della Libia, ieri, si sono dovuti contare 32 civili morti, non meno di 159 feriti e decine di famiglie che hanno dovuto abbandonare le loro case.
Gli scontri anche con armi pesanti sono avvenuti tra le forze armate del Governo di Unità Nazionale con a capo Abdulhamid al-Dbeibah con sede a Tripoli, riconosciuto dall'Onu, e quelle dei miliziani del generale Khalifa Haftar che vorrebbero insediare Fathy Bashagha, il primo ministro nominato dal Parlamento di Tobruk. Al momento non c'è nessuno spiraglio per una pacificazione: troppo distanti le posizione delle fazioni libiche ma anche quelle degli interessi che strategici delle potenze coinvolte.
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