
Le tante storie che ho potuto ascoltare dal 21 al 23 ottobre durante l'evento organizzato da Expatclic, la piattaforma nata per supportare e connettere le donne espatriate, mi accompagnano da allora, come un sottofondo di significato nelle giornate di questi tempi bui.
Si è trattato di una Libreria Umana online che anch'io ho contribuito a organizzare proponendo alcuni dei “libri” in carne e ossa che hanno partecipato e interagito con il pubblico. Tre giorni intensi e coinvolgenti, non solo per il grande numero di persone che hanno raccontato i loro percorsi di vita, ma anche per le tante emozioni che si sono smosse dentro di me e credo dentro tutti coloro che hanno seguito questa grande avventura.
Sugli “scaffali” virtuali della libreria c'erano ben trenta libri che si sono collegati nell'ora e nel giorno stabilito per ciascuno per raccontarsi e poi rispondere alle domande del pubblico, durante cinquanta minuti di estrema ricchezza. Si tratta di tante storie molto differenti tra loro di per provenienza, età, background. Tutte sono però collegate da un filo rosso forte: quello della diversità e della sua promozione in quanto vera ricchezza del nostro mondo. Nei tre giorni di libreria umana si è parlato di diritti, di inclusione e dei valori che dovrebbero costruire i pilastri di società più giuste.
L'idea che dallo scorso anno accompagna Expatclic nella realizzazione della Libreria Umana è quella di rendere l'esperienza dell'espatrio un'occasione di confronto con mondi lontani dal nostro e quindi di apertura verso l'altro, di comprensione e accoglienza di culture distanti e, proprio per questo, arricchenti.
Difficile dire quali sono i racconti che mi hanno più coinvolta. Alcuni dei libri hanno parlato dell'importanza di puntare i riflettori sulle mille sfaccettature del mondo e dell'umanità, nella convinzione che sia fondamentale dare voce a chi non ne ha e che raccontare significhi anche lottare. Tra questi Mugur Varzariu, rumeno, un passato da manager di successo, oggi fotografo e documentarista che si occupa di mostrare le minoranze più discriminate e meno rappresentate, come la comunità Rom. È stato con noi anche Gianluca Pardelli, un altro fotografo che si occupa esclusivamente dei paesi dell'ex Unione Sovietica e che ci ha fatto conoscere il mosaico di popolazioni ed etnie di quell'immensa e affascinante area, della quale mi sono resa conto di sapere pochissimo. Dalla Repubblica Democratica del Congo si è collegato Lucio Cascavilla, che ha terminato nei mesi scorsi di girare in Sierra Leone il documentario The Years We Have Been Nowhere, incentrato su coloro che dopo un lunghissimo e doloroso viaggio verso l'Europa o l'America in cerca di una vita migliore vengono riportati nel loro paese nel giro di poche ore. Era appena tornato dall'Ucraina il giornalista e inviato Rai Giammarco Sicuro, che ci ha parlato del suo libro L'anno dell'alpaca. Viaggio intorno al mondo durante una pandemia (Gemma Edizioni, 2021), ma anche della guerra odierna che ha potuto vedere con i suoi occhi. Impegnata a far conoscere agli altri una cultura della quale ben poco si sa, quella aborigena, è Marissa Verma, che ci ha parlato dalla Western Australia.
Appassionanti anche i “libri” che hanno parlato del loro impegno sociale, come Ornella Favero, fondatrice e direttrice della rivista Ristretti Orizzonti, realizzata interamente dalle persone detenute nella Casa di Reclusione di Padova. E come Franco Aloisio, presidente della Fondazione Parada, che dagli anni Novanta di occupa dei bambini di strada di Bucarest e che ci ha raccontato del successo di The Jokers, il documentario di Michela Scolari presentato a Venezia quest'anno, del quale sono protagonisti i ragazzi stessi.
Molto toccante anche il racconto dell'americana Morgan Cooper, che vive da anni in Palestina dove ha dato vita a un e-commerce per supportare gli artigiani locali tra le mille difficoltà che derivano dall'occupazione militare israeliana.
E poi ci sono stati gli incontri con persone che si sono sentite, per differenti ragioni, “diverse” nel mondo e attraverso percorsi molto dolorosi sono riuscite a farsi strada e ad affermare il loro vero “sé”. Tra loro la transessuale inglese Juliette McAndrew; l'insegnante di origini giamaicane, ora ad Addis Abeba, Angela Maragh; l'ugandese Richard Kintu, oggi impegnato a implementare sistemi di assistenza sanitaria nelle zone più remote del suo paese. Altre complesse storie personali di grande ispirazione quelle di Mirko Santoro, sordo segnante e oggi linguista e ricercatore presso il CNRS di Parigi nonché papà adottivo di due bambini del Burundi; di Takoua Ben Mohamed, nota fumettista, illustratrice e graphic-journalist italiana di origini tunisine; o ancora di Sabrina Prioli, che nel 2016, mentre si trovava in Sud Sudan per una missione di lavoro, è stata vittima di una brutale aggressione nel compound in cui alloggiava e che da allora porta avanti incessantemente la lotta perché lo stupro venga riconosciuto come crimine di guerra. Infine vorrei citare la straordinaria Simona Anedda, che non ha mai smesso di viaggiare, neanche dopo che le è stata diagnosticata la Sclerosi multipla. Impossibile esprimere in poche parole l'emozione che la generosità di questi libri, la loro forza e delicatezza insieme ci hanno regalato. Davvero storie preziose alle quali è impossibile rendere giustizia in poche righe.
Ho quasi finito di scrivere e mi sembra di non essere riuscita a spiegare fino in fondo la portata emotiva di quei giorni. Chiedo aiuto alle persone che hanno organizzato la Libreria Umana: come si fa a raccontarla davvero? Nessuno sa aiutarmi. Poi ricordo di aver letto in un post di Claudia Landini, che di Expatclic è la fondatrice, in cui si riportava la frase di uno dei partecipanti: “La Libreria Umana è un modo bellissimo di rendere il mondo un posto migliore!”.
Ora, io non so se il mondo possa diventare davvero un posto migliore grazie alla condivisione di storie, ma se il cambiamento del mondo può partire da dentro di noi, allora sì, ascoltarle ci cambia davvero. Almeno un po'.
Giuliana Arena
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