
In inglese le parole “Onesto” ed “Ernesto” hanno lo stesso suono ed è sull'equivoco nato dall'appropriazione indebita del nome Ernesto da parte dei due protagonisti che si sviluppa questa satira sull'ipocrisia che regna nella società di fine ‘800 in Inghilterra e che cavalca il tema del matrimonio per interesse.
Sul palco del Teatro Elfo Puccini abbiamo assistito alla più famosa commedia di Oscar Wilde, “L'importanza di chiamarsi Ernesto”.

Tutta l'articolata trama ruota intorno al tentativo dei due protagonisti maschili di appropriarsi del nome “Ernesto”: Jack è un nobiluomo di campagna, tutore di una giovinetta che vive in quel luogo agreste con la sua istitutrice, che al fine di potersi recare spesso a Londra per sfuggire alla noia accampa la scusa dell'esistenza in città di uno scapestrato fratello, tale Ernest.
In realtà Jack finge egli stesso di chiamarsi Ernest quando frequenta la snob società londinese, frequenta il suo amico; lo spiantato Algernoon la cui cugina Gwendolyn, Jack vorrebbe sposare.
Gwendolyn è felice per la proposta, adora il nome Ernesto perché le trasmette vibrazioni positive e non ha mai desiderato sposare un uomo con altro nome.
La madre della ragazza, Lady Augusta, scopre, durante il colloquio con l'aspirante marito della figlia, che l'uomo è un trovatello e che ha acquisito la sua posizione perché adottato, si oppone fermamente all'unione.
L'amico Algernoon si reca presso la tenuta di campagna di Jack e fingendosi lo scapestrato fratello di questi Ernest, riesce a conquistare il cuore della sua pupilla Cecily.
Arriva presto lo stesso Jack raggiunto da Gwendolyn intenzionata a sposarlo nonostante l'opposizione della madre e sempre più convinta di poter avere nella sua vita solo un uomo dal nome “Ernesto”.
Gwendolyn e Cecily si conoscono e scoprono che entrambi i fidanzati hanno mentito sui loro nomi, dopo una serie di litigi e chiarimenti tra i quattro tutto pare appianarsi.

Giunge in campagna la terribile zia Augusta, sulle tracce della figlia fuggiasca e quando scopre che il nipote Algernoon si è fidanzato con la ricchissima Cecily non esita a dare il suo consenso alle nozze. A questo punto però è Jack che come tutore nega il consenso alle nozze con la propria pupilla.
Coup de théâtre: la zia Augusta riconosce nella istitutrice di Cecily la donna che anni prima aveva abbandonato il primogenito della sorella in una borsa alla Central Station di Londra.
Jack non è altri che il fratello maggiore di Algernoon. L'intricata trama è finalmente dipanata: Jack può sposare Gwendolyn e Algernoon può sposare Cecily.
Oscar Wilde era maestro nel veicolare messaggi scomodi: quel che contava nella società vittoriana era l'apparire e non l'essere, quella che Oscar Wilde mostra è una società vacua e frivola.
Non bisogna dimenticare che “L'importanza di chiamarsi Ernesto” viene pubblicato nel 1895 e che nella primavera di quello stesso anno lo scrittore irlandese verrà condannato a due anni di lavori forzati per condotta immorale (omosessualità) dal carcere uscirà distrutto morirà pochi anni dopo a Parigi in miseria, solo pochi mesi prima della morte della regina Vittoria che segna la fine dell'epoca vittoriana che con il suo impianto di ipocriti “valori” Oscar Wilde aveva rappresentato con la sua sottile satira.
Ferdinando Bruni e Francesco Forgia firmano regia , scene e costumi; scelgono abbigliamenti e pezzi di arredamenti di design anni '60 dove è presente con generosità la plastica come materiale e così per per le cotonate acconciature femminili.
Le immagini sullo sfondo della scena dove compare una famosa fotografia di Oscar Wilde strizzano
l'occhio alle immagini di Andy Wharol e danno soprattutto al secondo atto un'ambientazione pop.
I due protagonisti maschili pur interpretando ruoli eterosessuali hanno movenze, look e frasario marcatamente omosessuali. Giuseppe Lanino e Riccardo Buffonini adattissimi nelle loro figure esili ed eleganti per impersonare i due Ernest, Elena Russo interprete di Gwendolen fa sobbalzare il pubblico con i suoi squittii e la sua voce da oca giuliva.
La commedia scorre piacevole superando abbondantemente le due ore, trasportando lo spettatore in un ambiente dandy e frivolo dove il suono del nome vale più del suo significato, ma come fa pronunciare ad uno dei suoi personaggi Oscar Wilde: “nelle questioni importanti conta la forma non certo la sincerità”.
Adelaide Cacace
L'importanza di chiamarsi Ernesto
di Oscar Wilde
Teatro Elfo Puccini – Milano
fino al 31 dicembre
regia, scene e costumi Ferdinando Bruni e Francesco Frongia
luci Nando Frigerio
suono Giuseppe Marzoli
con Riccardo Buffonini (Algernon Moncrieff), Giuseppe Lanino (Jack Worthing), Elena Russo Arman (Gwendolen Fairfax), Elena Ghiaurov (Lady Bracknell), Luca Toracca (reverendo Chasuble), Cinzia Spanò (Miss Prism), Camilla Violante Scheller (Cecily Cardew), Nicola Stravalaci (Merriman)
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