
Proprio mentre iniziano le celebrazioni della 723esima edizione della Perdonanza Celestiniana, quando la fiaccola del Sacro Fuoco attraverso il cammino del perdono raggiunge L’Aquila per l’inizio dei riti, un incendio dalle proporzioni apparse subito preoccupanti ha iniziato ad interessare la parte a destra dell’Eremo di Pietro Angelerio sul Monte Morrone.

Tutta la zona era già evidentemente ad alto rischio perché nello stesso Parco, a Caramanico Terme e a San Valentino in Abruzzo Citeriore, si era dovuto intervenire su due roghi favoriti dal vento,dalla siccità e dalle alte temperature del periodo.
Così l’Abruzzo subisce l’ennesima distruzione dopo terremoti devastanti, nevicate, valanghe che come a Rigopiano hanno causato morti e pesanti danni ambientali sui quali le responsabilità dell’uomo risultano evidenti ed in modo molteplice. Si parlò di incuria, viabilità non assicurata, emergenza mal gestita ed allarmi non creduti, interventi tardivi, territorio non curato e mancanze di programmi che si sarebbe dovuto stilare come il piano anti valanghe, l’ultimo risaliva al 1992. Solo sette mesi dopo Rigopiano la Regione Abruzzo ne approverà un altro.
Nuova emergenza allora, questa volta si tratta di incendi gravi, e riavvolgendo il nastro si torna a parlare di incuria, gravi ritardi, territorio non più curato, video sorveglianza sull’ambiente non praticabile per solite mancanze di fondi ed un problema da fronteggiare che dopo sette giorni rafforza gli interrogativi iniziali, quelli delle competenze di chi avrebbe dovuto risolvere. E non è molto diverso da quello che è accaduto in tutta Italia in questa estate di fuoco e sulla quale andrebbe fatta una riflessione approfondita e programmati investimenti seri.

Si è detto più volte nella valle Peligna in questi giorni che, inizialmente, era sabato 19 Agosto, il rogo era pochissima cosa e si sarebbe gestito facilmente se gli interventi fossero stati tempestivi, dopo il diffondersi dell’incendio fino a lambire la periferia di Sulmona ed il territorio montano verso Pacentro, la frazione di Marane, ed aver appestato l’aria della parte più popolosa della valle Peligna per i suoi fumi e polveri fin sulle case di Pettorano sul Gizio ed Introdacqua, l’intervento di Canadair, elicotteri, seppur a singhiozzo a causa di altre necessità, avevano fatto pensare ad una risoluzione del problema ad inizio settimana. I focolai ancora fumanti però non lasciavano prevedere nulla di buono e così, dopo sette giorni l’emergenza ha assunto contorni ancora più importanti per il lunghissimo fronte del fuoco che, riattivatosi, ormai interessa altri boschi, ha sorpassato la vetta per interessare l’altro versante e minaccia le faggete, se non le ha già colpite, in territorio di Salle e RoccaCaramanico oltre che verso il versante della montagna di Pacentro e Passo San Leonardo. Siamo in pieno Parco della Majella.

E na lacreme esce da sole da j’uocchie me, n’atre ancore, nen se firmene cumm’enga fa? Dalla fenestre della casa me te uarde, sci tutte illumenate ma nen è na feste, te sta abbrucia’ tutte Murrone me, e ie aecche nen puozze fa niente, nen te puozze aiuta’. Magare le lacreme me putissere smurza’ se fuoche, piagnesse fine a demane matine; enga sole uarda’ … [1]
Sono arrivati a dare man forte agli stremati Vigili del Fuoco anche gli Alpini, un corpo specializzato ed autonomo, che agirà sui due fronti dell’incendio che ormai preoccupa su entrambi i versanti della montagna. I danni sono ingenti e centinaia gli ettari di territorio distrutti dalle fiamme. Dal web giungono anche segnalazioni di “migrazioni” di fauna selvatica che fugge dai territori interessati e vengono segnalati, ma era già successo anche senza incendio, esemplari di lupi scesi nelle periferie dei paesi della Valle Peligna. Vengono anche ricordate le preoccupazioni fatte circolare nella scorsa primavera in cui si denunciava il pericolo che la riduzione di personale e di mezzi a difesa del territorio dagli incendi, in caso di necessità durante il periodo estivo, avrebbe fatto pagare prezzi salatissimi alla collettività e questo è quanto avvenuto.

Anche la magistratura nella persona del procuratore Giuseppe Bellelli ha dato assicurazioni, durante il suo sopralluogo, che i responsabili dell’incendio – si potrebbe anche prefigurare il reato di disastro ambientale – saranno individuati ed assicurati alla giustizia. E se è facile ipotizzare attività di delinquenti piromani e di ritenere credibile l’attività di questi stessi che sfidano i luoghi più impervi della montagna per andare ad appiccarvi il fuoco mettendo a repentaglio la loro stessa incolumità, bisognerà anche indagare per verificare se chi avrebbe dovuto ha fatto di tutto quanto fosse possibile per prevenire, scongiurare, vigilare, intervenire per evitare od eliminare i danni.

La zona interessata dal disastro ha con la popolazione di questi luoghi un legame fortissimo essendo la montagna di colui che fece il gran rifiuto, Papa Celestino V, le cui spoglie sono conservate nella basilica di Collemaggio in L’Aquila. Al monte Morrone, come accade generalmente per ogni insediamento montano, sono inoltre legate le attività pastorali, la raccolta di nocciole legna e ceppi, e degli squisiti orapi, spinaci selvatici prelibati che crescono in quota a ridosso degli stazzi dei pastori. Tutte attività grazie alle quali sono state assicurate vita e lavoro a generazioni della Valle.
Emidio Maria Di Loreto
[1] Si tratta di parte di un’ode pubblicata sul web e per la quale ringraziamo l’autrice/l’autore
La foto di copertina: Sulmona sera del 20 Agosto 2017. Il campanile e la cupola dell Annunziata con l’incendio sullo sfondo è di Luciano e Guido Paradisi.
Un ringraziamento a www.tripsinitaly.it e Marco Petrella
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