Luis Althusser. Prove di una lettura contemporanea

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Louis Althusser (Birmandreis, Algeria 1918 –  Parigi 1990) si connota senza alcun dubbio tra i filosofi più “politici” in attività durante il Novecento. Allievo accademico di Gaston Bachelard, è da annoverare tra i più grandi studiosi del materialismo e del marxismo, letto ed interpretato però in una chiave necessariamente scientifica, ovvero in opposizione a tutte quelle correnti sviluppatesi al di fuori del modello epistemologico di tale rigoroso carattere. Nella sua speculazione, Althusser colloca difatti il marxismo fondamentalmente all'interno della struttura teorica de Il Capitale, negando in questo modo tutte quelle esposizioni di tipo “umanistico” derivanti da correnti di pensiero che fondono soprattutto l'idealismo hegeliano agli scritti giovanili di Marx. Questo approccio, di natura filosofica marcatamente strutturalista, caratterizzerà quasi del tutto l'intera produzione intellettuale dell'autore e lo farà anche nell'ambito dei suoi rapporti con la società (soprattutto francese), con il mondo accademico e con il Partito comunista, che gli rimproverava una elevata teoricità. Secondo Althusser, infatti, è proprio la teoria, fondata sulla scientificità del pensiero di Marx, la sola vera interpretabilità, quindi applicazione, della prassi politica. Ovvero la teoria marxiana non può avere altri ambiti o “derive” rispetto alla collocazione storico-materialista del proletariato e del movimento operaio all'interno dei processi e dei rapporti di produzione capitalistici.

Tale posizione, come detto, suscitò aspri e intensi dibattiti, soprattutto all'interno della variegata galassia della Sinistra, per almeno due decenni, a partire cioè dell'inizio degli anni Sessanta del Novecento. Tra gli intellettuali, per esempio, si ricorda primariamente l'ineluttabile contrasto con la visione esistenzialista di Sartre, in quello che si delineerà successivamente come una semplificata dialettica ideologica tra il pensiero strutturalista e scientifico, contrapposto alla visione ampia, psicologica e soggettivista.

Ma quanto è attuale e “attuabile” oggi questa diatriba che potremmo collocare idealmente tra un marxismo di “apparato”, cosiddetto “di scuola”, e una visione più ampia “ideale” e “umanista”? Sicuramente il “palinsesto” filosofico-politico a noi coevo non offre un grande dibattito di massa, considerato l'appiattimento del pensiero, sempre più “unico”, delle coscienze. Bisognerebbe infatti ripartire innanzitutto proprio dalla “coscienza del sé”, appunto dalla autocoscienza, per comprendere la propria collocazione nel Mondo. Così facendo però si attraverserebbe di contro e inevitabilmente il mare esistenzialista, ovvero della propria “esistenza” e collocazione nella società, giungendo alla facile conclusione che anche lo strutturalismo debba avere un primario basamento nell'umanesimo.

Del resto, tuttavia, dal momento che è anche poco elegante liquidare il pensiero di Althusser nelle poche righe della interpretazione di chi scrive, possiamo dunque intanto provare senz'altro collocare questa “contrapposizione” ideologica all'interno della storia del movimento operaio. Per semplificare ulteriormente il concetto, risaliamo allo scontro, tutto interno alla Sinistra, tra i partiti di massa (Comunisti, Socialisti) e i movimenti culturali e politici, soprattutto giovanili, che si verificò tra gli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso. Da una parte quindi troviamo l'apparato di nomenklatura e partitico, ancora evidentemente saldo nel contesto espansionista di tipo militare dell'Unione Sovietica ma anche erede delle lotte di liberazione partigiane; dall'altra parte l'insorgere di un vasto movimento multiculturale, “colorato” ed evidentemente poco incline al monolitismo dei grandi partiti di massa. Contrassegnato, quest'ultimo, essenzialmente da due fattori storici, all'epoca emergenti: la cosiddetta “Rivoluzione culturale” di tipo maoista, che si portava dietro gran parte delle lotte legate ai movimenti nazionali per l'autodeterminazione dei popoli, e l'insorgere di nuove istanze che vedevano la volontà e la necessità non più procrastinabili dell'affermazione dei diritti civili, al grido di “il personale è politico”: il movimento femminista globale, il diritto allo studio e all'università per tutti, il grido di dolore ma anche di libertà lanciato dalla prime associazioni LGBT. Condizioni ed esistenze che ancora facevano fatica a occupare il giusto spazio anche nei partiti tradizionalmente di sinistra. Forse proprio su questo concetto, con l'anteposizione dell'avverbio “tradizionalmente” al sostantivo “sinistra”, muoverà il conflitto tra i due diversi approcci. Immediate conseguenze di queste manifestazioni fu infatti l'insorgere di una nuova dialettica, che cominciò ad erodere in modo determinante i rapporti all'interno di caposaldi della società e delle istituzioni, come la famiglia, l'istruzione, le religioni. Di grande importanza in questa fase fu la lettura e l'assimilazione di filosofi, sociologi e psicologi appartenenti a un universo che si può definire afferente a correnti “neo-marxiste”, tra questi soprattutto i grandi pensatori di quella che ancora oggi risulta essere una fucina di profonda ispirazione politica, ovvero al Scuola di Francoforte. Non si può infatti ignorare il grande impatto che autorevoli pensatori come Adorno, Horkheimer, Fromm e soprattutto Marcuse, ebbero sull'intero “movimento” che si andava via via espandendo.

Tornando all'attualità, o meglio all'attuabilità del dibattito, come detto oggi è praticamente impossibile trovare traccia di così ben marcate e definite contrapposizioni ideologiche. In base a quella legge non scritta, per cui nella nostra società si tende a semplificare estremamente i concetti e quindi spesso a renderli allo stato liquido, non si può trovare una facile collocazione per una disputa sul campo politico-speculativo, ovvero derivante dai sofismi delle correnti filosofiche tradizionali. O almeno non sicuramente del dibattito di massa. È anche vero che lo stesso pensiero politico ha bisogno di rendersi “attuale” e certamente oggi non sarebbe pensabile, ma neanche comprensibile, basare una campagna elettorale ad esempio sul vecchio scontro tra stalinisti e trozkisti. E questo tipo di confronto è ormai perlopiù relegato a discussioni di natura più culturale e “autoriale” che politica. Tuttavia, esistono incoraggianti e visibili margini per cui oggi un nuovo movimento di idee sociali, che ponga al centro del proprio agire la lotta per la salvezza delle esistenze, a cominciare da quella del grande contenitore “pianeta Terra”, possa emergere definitivamente e affermarsi. Questo sarà ancora più possibile ed evidente se si proverà a superare tutte quelle strettezze “strutturali” che impediscono oggi che interi strati di popolazione trovino una loro collocazione e corrispondenza politica. Probabilmente di fronte a questa sfida oggi anche Althusser sarebbe costretto a deporre le armi della “teoria”- prima-di-tutto, ovvero, facendo magari di tale speculazione proprio una nuova e necessaria prassi di lotta mondiale, nel nome dell'affermazione un nuovo necessario radicalismo.

Cristiano Roccheggiani

Riferimenti bibliografici
. Leggere Il Capitale, Mimesis, Milano 2006
Luis Althusser. L'imperialismo e altri scritti sulla storia, Mimesis, Milano 2020
Jean Paul Sartre. L'esistenzialismo è un umanesimo, Armando editori, Roma 2006

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