
Per la prima volta possiamo leggere in italiano tre dei tredici racconti ambientati nel mondo della boxe di inizi ‘900, usciti dalla penna dello scrittore americano Robert E. Howard, noto per essere stato il creatore di Conan il barbaro e Kull di Valusia divenuti poi icone della cultura pop e prestati al mondo del fumetto, ma che fu oltre a questi due personaggi da lui creati autore fertilissimo durante la sua breve e produttiva vita.
Robert E.Howard è noto agli appassionati per essere stato uno dei padri del genere heroic fantasy ed ebbe un rapporto personale con lo scrittore Howard Phillips Lovecraft, precursore della fantascienza, filone nel quale si inseriranno i ben noti scrittori Philip K. Dick e Isaac Asimov.
Robert E. Howard nasce nel 1906 in quel primo decennio del secolo che ci darà in USA scrittori del calibro di John Fante e John Steinbeck e fino alla conoscenza dei racconti che dedica al mondo della nobile arte della boxe lo avremmo identificato solo con il genere fantastico e i racconti di cappa e spada.
Le novelle sulla boxe di Robert E. Howard sono quanto di più vicino ad una autobiografia ci possa essere nella sua lunga produzione. Lo scrittore nacque infatti come un bambino gracile che crescendo raggiunse una altezza ed un peso veramente fuori misura per l’epoca, ma se per i propri centimetri non esiste merito dobbiamo riconoscergli la capacità di coltivare una vera passione dello sport che praticò personalmente confrontandosi in scontri fisici.
Conosciamo attraverso i suoi racconti uno scrittore che è anche cronista del suo tempo, del contesto sociale nel quale riuscivano ad emergere i pugili, i veri eroi dell’epoca e l’ambiente all’interno del quale si trovavano a battersi: gli allenamenti senza protezioni, le palestre sudicie, gli incontri truccati, la nascita ed il declino di questi uomini che sovente, privi di qualsiasi tutela subivano danni fisici e mentali, il tutto in un contesto popolare dove spesso a salire sul ring erano uomini che avevano lavorato utilizzando la propria forza fisica come trasportatori di ghiaccio, manovali, operai. Attraverso il mondo della boxe vediamo uno spaccato della società americana e disegniamo il profilo psicologico di questi uomini americani che lottavano per emergere o almeno per non soccombere.
In questo cimentarsi nel racconto della propria epoca Robert E. Howard ci appare come l’alter ego di John Steinbeck, mentre quest’ultimo considera le migrazioni di grandi gruppi sociali omogenei per delusioni ed aspirazioni il primo accende un faro sul singolo individuo in quella che è la più individualista e cruenta delle discipline.
Interessante è l’attenzione che Howard indirizza verso un particolare tipo di pugile sul quale ruotano le tre novelle tradotte in italiano in “L’uomo di ferro” : l’uomo capace di incassare un gran numero di colpi senza cadere al tappeto, egli rappresenta gli albori del sogno americano , l’atleta che grazie al suo spirito di sacrificio ed alla capacità di soffrire riesce ad emergere ed affrancarsi dalla sua condizione di povertà uscendo dal ghetto al quale la sorte sembra averlo destinato. L’essere in grado di mostrare al pubblico un uomo molto resistente sottoposto ad una raffica di colpi , ma apparentemente impassibile fa da elemento di attrazione per le folle più della forza di chi riesce in poche riprese a mettere KO l’avversario e più della tecnica dei pugili professionisti è proprio nell’ uomo di ferro nella sua resistenza che il pubblico si immedesima.

Non mancano nei racconti riferimenti a fatti ed incontri realmente avvenuti testimonianza che Howard attinge a piene mani a quella che nella vita era la sua passione sportiva.
Non possiamo che interrogarci invece su quello che fu il destino di questo talentuoso scrittore; a solo 30 anni saputo che la madre molto malata non si sarebbe risvegliata dal coma incapace forse di assistere al dolore della donna, lui che dello spettacolo della impassibile sofferenza sul ring aveva fatto il protagonista di tanti racconti, si toglie la vita sparandosi alla testa nella sua auto.
La traduzione in italiano dei racconti presenti in “L’uomo di ferro” a cura del giornalista italiano Carmine Pescatore ci da l’opportunità di conoscere il padre di Conan il barbaro come romanziere e cronista della sua epoca e ci apre la porta sul mondo di questi super eroi che tanta parte dell’immaginazione dei loro contemporanei hanno impegnato.
Nelle ultime 50 pagine del libro vi è una raccolta di storie di pugili correlate delle loro fotografie e ci consente di constatare quanto spesso le loro esistenze ormai cadute nell’ oblio della storia siano state più straordinarie di quanto qualsiasi romanzo possa mai raccontare da Tony Canzonieri battuto da Luigi D’Ambrosio al quale era comparso in sogno un pittore napoletano che lo aveva ritratto in passato predicendogli la vittoria, da Jack Dempsey detto “la tigre” e ai suoi contestati incontri con Luis Angel Firpo, da Aurelio Herrera a Jack Johnson passando per la storia incredibile e straordinaria di Barney Ross che da sola varrebbe una intera collana di racconti a lui dedicati.
“Voglio che la gente venga a vedermi sanguinante, barcollante e ancora in piedi! È questo che vuole la gente. Dammi un killer, un pugile che arriva e prova ad uccidermi”.
Adelaide Cacace
Robert E.Howard
L’uomo di ferro
racconti di Boxe
a cura di Carmine Pescatore
pagine 164
pubblicato attraverso la piattaforma Youcanprint
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