Manovra finanziaria 2023, sanità pubblica e medici

sanità ospedale

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Coloro che tra noi hanno beneficiato di una educazione critica che li portasse a pretendere prima da loro stessi e poi dagli altri avranno anche detto che era prevedibile. In tema di risposte di politica sanitaria, per loro era già scritto dove la sanità sarebbe andata fin da quando i programmi, prima della tornata elettorale, furono presentati. Erano stati riservati per lo più piccoli trafiletti, insignificanti rispetto alla enormità delle necessità, che denunciavano negligenze in coloro che avrebbero dovuto gestire la Salute del Paese.

Solo pochi mesi prima, di fronte alla inadeguatezza del Servizio Sanitario Nazionale a fronteggiare la , i proclami si succedevano con promesse di investimenti miracolosi. L'ecatombe dei servizi, con morti e sofferenze tra i pazienti e morti e sofferenze tra i sanitari stremati, inducevano l'annuncio di riforme, assunzioni, stanziamenti enormi, nuovi piani sanitari anche in formazione professionale. Avrebbero finanche considerato le regole per l'iscrizione ai corsi di laurea in medicina e materie sanitarie che avrebbero dovuto garantire i numeri e le preparazioni dei professionisti per soddisfare le esigenze. Questo ultimo aspetto si consideri che non lo si ottiene con il tempo necessario agli studi ma ha la necessità di dover considerare il necessario tutoraggio affinché siano trasferite ai giovani le migliori competenze acquisite da chi è più esperto.

Politiche di taglio alla sanità pubblica (dal 2010 al 2020 sono stati chiusi 111 ospedali e 113 Pronto soccorso) , il settore privato direttamente e indirettamente (la flat tax aiuta lo spostamento dal pubblico al privato) sempre più favorito, restrizioni di bilancio e da ultimo l'emergenza pandemica di questi quasi tre anni  dovevano portarci verso soluzioni adatte a proteggere e migliorare l'accesso alla medicina della comunità nazionale  e quindi al (SSN). Ma il PNRR e ora i primi provvedimenti come quelli della manovra del 2023 vanno in altra direzione per quanto debba ancora arrivare la definitiva approvazione del Parlamento.

È vero che grazie ai vaccini ci troviamo con una mente un poco più serena rispetto alla diffusione dei contagi da Sars CoV-2 ma è altrettanto vero che non siamo di fronte alla sconfitta del virus e quindi le promesse fatte durante la crisi pandemica avrebbero dovuto essere mantenute anche per tutti i ritardi e i disagi sanitari per tutte le altre patologie non Covid.

Per avere idea pertinente su questo basta analizzare i dati sui controlli, cioè quelli che deve fare chi ha già una diagnosi di malattia di natura cronica come una cardiopatia, il diabete o una patologia di natura oncologica ad esempio, che deve monitorarne il decorso. Sono stati eseguiti circa 3 milioni e mezzo di esami in meno rispetto al 2019. Inoltre Agenas, dell'Agenzia Sanitaria nazionale delle Regioni dice con i suoi dati che i controlli in alcune regioni come Sardegna, Calabria e Sicilia sono diminuiti intorno al 30%, mediamente il 15 % in meno nelle altre. Altro esempio significativo che può essere preso ad esempio è quello sulle angioplastiche (l'intervento che consente di liberare da un restringimento un vaso sanguigno) che risultano di un numero inferiore dell'8% rispetto a prima della pandemia [1].

Ognuno conosce le lungaggini per programmare visite, interventi, cure specialistiche ed ognuno è in grado di valutare quando potrà pensare che sia risolto il problema sanitario, piccolo o grande che sia, di cui si ha necessità di risoluzione. È automatico il pensare che tanti di questi interventi sanitari, per chi potrà permettersi di pagare, dovranno indirizzarsi verso le strutture private. Non si tratta di supposizioni, purtroppo, ma di considerazioni che creano sconcerto quando sono confermate dall'esempio di sanità in Lombardia [2] in cui sono state denunciate pratiche di incentivazione per coloro che, all'atto della prenotazione di una prestazione sanitaria, avrebbero indirizzato il paziente verso l'erogazione in strutture private. La dichiarazione di Vittorio Agnoletto, medico e docente universitario, è chiarissima: È questa la vera faccia della “equivalenza” pubblico-privato-.

Sempre sullo stesso argomento vi è una indagine di Altro Consumo [3] dalla quale risulta chiaramente la diffusa necessità di risolvere, rivolgendosi a strutture private: 5% dei richiedenti rinuncia, il 65% si rivolge al privato. L'utilizzo di strutture private è una soluzione che viene adottata dopo aver tentato le prenotazioni nelle strutture sanitarie che dovrebbero garantire urgenze in 72 ore, in 10gg con codice breve, 30 giorni per una visita, 60 se è differibile e 120 se è programmabile secondo il piano stabilito entro il 2021 [4].

Su questo quadro di grave sofferenza nell'erogazione dei servizi sanitari, e con il vecchio lavoro in interventi, esami e visite non eseguito a causa della pandemia, si inserisce la manovra finanziaria del 2023 che è stata subito considerata dall'ex consigliere del ministero della salute Walter Ricciardi, docente di Igiene all'Università Cattolica, come insufficiente nello stanziamento di fondi necessari. Viene indicata una somma vicina ai sei miliardi quella necessaria ogni anno fino al 2026 per garantire la sopravvivenza del SSN. Se non fosse trovata significherebbe rendere la Sanità, considerabile come la più grande opera pubblica del Paese, con gravi carenze e senza che di essa non resterebbe alcun argine alle malattie. Confida Ricciardi che la fiducia che ripone nel ministro Schillaci sia tale da permettere al responsabile della Sanità nazionale di trovare i miliardi necessari al 2023 [5].

Sempre a proposito di manovra finanziaria, Lilia Cavallari, presidente dell'Ufficio parlamentare di bilancio, ha spiegato che «malgrado l'incremento del finanziamento del Servizio sanitario nazionale (2,15 miliardi per il 2023, 2,3 per il 2024 e 2,6 dal 2025), nell'orizzonte della programmazione finanziaria non sembra essere contemplato un potenziamento del SSN. La spesa sanitaria programmatica si riduce fino al 6,1% del Pil nel 2025, un valore inferiore al periodo pre-pandemia (6,4% nel 2019 rispetto a una media Ue del 7,9%). L'estensione del regime forfettario per i lavoratori autonomi prevista dalla manovra potrebbe contribuire a incentivare l'opzione per la libera professione nel privato».

Aggiungiamo che l'immediatezza finanziaria è una necessità a cui assolvere subito, quel che è più difficile è il dover considerare che, se non si attivano politiche adeguate a programmare una Sanità futura che disponga di mezzi e uomini necessari, difficilmente si potrà ovviare. Più che la tecnologia, pure necessaria e bisognosa di aggiornamento, è dal pensionamento dei sanitari che rende ancora più esiguo il numero dei , dalle carenze nella medicina di base e nei reparti ospedalieri, dalla adeguata formazione che è la più delicata lunga e difficile tra le necessità da ottenere, che si giocherà la partita per una buona sanità. Da questo quadro non può mancare la protesta organizzato da otto sindacati e federazione di medici, veterinari e dirigenti sanitari che manifesteranno il 15 dicembre a Roma sul “definanziamento ulteriore della sanità pubblica“.  Il tema della manifestazione è generale ma forse quello della disponibilità del personale medico e sulle novità che rimbalzano in tema di impiego sanitario dei medici, merita ancora altre riflessioni.

Una nuova frana che si apre nel momento più difficile della Sanità. Siamo partiti dal sacrificio pandemico con il personale sanitario eletto ad eroismo diffuso, salvo poi dover continuare a segnalare i sempre più frequenti episodi di aggressioni agli operatori sanitari che hanno, tra enormi difficoltà, il compito di aiutare chi soffre nei momenti più difficili che si generano nei pronto soccorso tra gravi carenze in emergenza/urgenza anche a causa delle file e delle esigue presenze di personale.  Dilaga anche il fenomeno dei cosiddetti “medici a gettone”. La grave condizione delle carenze mediche che viene risolta affidando incarichi detti a gettone che significano turni di 12 ore ed a volte ripetuti o ad elevatissima frequenza. Sono affidati a cooperative che hanno funzione di intermediazione il cui personale potrà anche essere di scarsa esperienza e che metterà la presa in carico del paziente in condizione di non continuità di cure per gli avvicendamenti. Una funzione a chiamata che, come tale, fruisce di retribuzioni particolari: da 1.000 euro a turno per un medico che può raggiungere i 3.600 euro se si accorpano 48ore di turno con tutto quanto ne deriva. Una retribuzione, quasi pari ad una mensilità di un medico ospedaliero, anche se primario, che sparisce nel confronto con chi riesce a mettere insieme 20 turni e più in un mese. La pandemia con le carenze di personale ha incrementato l'uso di questo metodo di chiamata cosa che è ancora di largo uso e si riporta che in Piemonte e Toscana vi faccia ricorso il 50% delle Aziende sanitarie, il 60 in Liguria, il 70 il Veneto [6].

L'orientamento del successo di questo metodo per ovviare alle carenze, per quanto se ne deduce, è elevatissimo come le retribuzioni che questi medici ottengono che sono imparagonabili a quelle dei loro colleghi con magari molta più esperienza. Ne è prova la scelta professionale che compiono non solo giovani medici attratti dai guadagni, ma anche da loro colleghi più esperti che si licenziano anche per i turni massacranti così diversamente retribuiti rispetto ai colleghi a gettone. La politica al contrario non ne prende atto e non detta i correttivi dopo che nel 2018 era diventata pratica non legale ma che, grazie alle carenze pandemiche, ancora oggi è tollerata.

Emidio Maria Di Loreto

[1] Michele Bocci; Ospedali in affanno salta una visita su 5, chi può sceglie il privato,  30 novembre 2022
[2] Comunicato Stampa Medicina Democratica 5 dicembre 2022
[3] Stefania Villa, Ssn, liste d'attesa quasi sempre lunghe: il 5% rinuncia e il 65% va dal privato, 16 giugno 2022
[4] Ministero della salute, Piano nazionale di governo delle liste di attesa per il triennio 2019-2021
[5] Ricciardi: La manovra 2023 non garantisce la sopravvivenza del Ssn, 30 novembre 2022
[6] ANAP, Medici a gettone, 12 novembre 2022; Cristina D'Amicis, I compensi d'oro dei medici a gettone, 25 ottobre 2022

 

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