Dai Medici ai Rothschild mecenati, collezionisti, filantropi

Gallerie d'italia Dai Medici ai Rothschild mecenati, collezionisti, filantropi foto Duilio Piaggesi
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Una originale e raffinata esposizione che racconta come dal Rinascimento all'età moderna la relazione tra banchieri e artisti abbia trasformato la ricchezza finanziaria in un patrimonio artistico di inestimabile valore. La fiducia e l'appoggio accordato a grandi artisti da figure illuminate di banchieri e mecenati hanno prodotto nel corso dei secoli la nascita di tanti capolavori. Alcuni di essi sono esposti nella grazie ai prestiti concessi da musei nazionali e internazionali.

Da Cosimo e Lorenzo de' Medici ai Rothschild, molti dei più importanti mecenati, collezionisti e filantropi di tutti i tempi sono stati dei grandi banchieri che hanno voluto consacrare la loro ascesa sociale gareggiando con aristocrazia e regnanti nel proteggere e incoraggiare gli artisti anche acquistando le loro opere. Alcune di queste collezioni sono andate disperse, altre invece sono confluite nei musei e altre, infine, giunte sino a noi, sono ancora possedute dagli eredi di coloro che le avevano realizzate. Per i grandi banchieri, il mecenatismo artistico e il collezionismo sono stati strumenti strategici di rappresentazione e di affermazione sociale e al contempo un esempio eloquente della sapiente trasformazione di capitale economico in capitale culturale e simbolico.

Michelangelo Buonarroti, Madonna della scala
Michelangelo Buonarroti, Madonna della scala, 1490 ca
marmo, 56,70 x 40,10 x 4 cm – Firenze, Casa Buonarroti

La mostra Dai Medici ai Rothschild mecenati, collezionisti, filantropi intende ricostruire e approfondire questo fenomeno attraverso i secoli presentando i personaggi che hanno segnato in modo incisivo la storia del collezionismo e del gusto, come i Medici, le famiglie Giustiniani e Torlonia, Enrico Mylius e in Europa Moritz von Fries, Johann Heinrich Wilhelm Wagener, Nathaniel Mayer Rothschild, in America John Pierpont Morgan e molti altri ancora.

Attraverso ritratti e testimonianze delle loro vite ricche anche di importanti iniziative umanitarie, tra un dipinto, un disegno e una incisione, sono rievocate le loro figure, il gusto e le scelte collezionistiche.

Tra le opere di maggior rilievo si può ammirare in mostra il Putto con delfino del Verrocchio, la Crocifissione di Annibale Carracci, la Madonna della scala di Michelangelo, il San Gerolamo Penitente di Caravaggio, il Ritratto del conte Josef Johann von Fries di Angelika Kauffmann, il Ritratto di Everhard Jabach di Antoon van Dyck, La fuga di Bianca Cappello da Venezia di Francesco Hayez e l'inedita Natura morta di Giorgio Morandi. Tra gli oggetti, bellissima è la Tazza Farnese dalle collezioni medicee.

Il percorso espositivo è dedicato quindi alle figure dei banchieri in generale e al complesso e importante rapporto che ha legato, nel corso della storia, il mondo della finanza a quello dell'arte. Dal Rinascimento all'età moderna, dall'Italia, all'Europa e sino agli Stati Uniti, è accaduto spesso che artisti e letterati godessero dell'appoggio di banchieri che ne acquistavano le opere, spinti dall'amore per la cultura o da progetti e ambizioni di ordine personale. Se le committenze artistiche e il collezionismo potevano facilitare gli affari e la gestione dei rapporti politici, dall'altra parte lo status privilegiato del banchiere garantiva accesso diretto ai più grandi artisti e all'acquisto di capolavori assoluti. In ogni caso, può dirsi si sia trattato di una forma nobile di “restituzione” alla collettività, attraverso una sapiente trasformazione della ricchezza finanziaria in un patrimonio artistico di inestimabile valore.

Con il tempo, tra Rinascimento ed età moderna, l'attività collezionistica dei mecenati si associò alla volontà di estendere a una platea più vasta la fruizione

Agnolo di Cosimo detto il Bronzino e bottega, Ritratto di Lorenzo il Magnifico,
Agnolo di Cosimo detto il Bronzino e bottega (Firenze 1503-1572)
Ritratto di Lorenzo il Magnifico, 1552-1553 circa
Olio su stagno, 16 x 12,5 cm
Iscrizioni: in alto “Laurentius Medices Petri Filius”
Firenze, Gallerie degli Uffizi, Galleria delle Statue e delle Pitture
Gabinetto fotografico delle Gallerie degli Uffizi, Firenze. Su concessione del Ministero della Cultura

delle ricchezze artistiche accumulate, arrivando non di rado a destinarle a pubblica utilità. Tra quanti hanno raccolto la sfida di “restituire” alla collettività una parte importante del proprio patrimonio artistico ci sono state le banche che acquistarono un ruolo sempre più dominante nell'economia, ma anche nella politica e nella vita sociale e culturale dei paesi. Nel corso dell'età moderna, l'attività del mecenatismo nel mondo del credito italiano, in particolare, ha assunto sempre maggiore importanza e si è tradotta in interventi di impatto sociale e culturale.

È interessante indagare il rapporto tra denaro e religione. Già dai tempi di Aristotele, il reddito da interessi riscontrava forti riserve morali e religiose da parte di tutte le confessioni da quella cristiana a quella islamica a quella giudaica. La contrapposizione tra necessità economiche e restrizioni morali e religiosi è rimasta una costante per diversi secoli e in quasi tutte le società, ma è stata anche una delle ragioni più profonde che ha spinto i banchieri a diventare committenti, collezionisti e filantropi ammantando le ricchezze con le opere pie e con l'arte. La chiesa per secoli ha condannato il reddito da interessi contrario alla salvezza dell'anima – senza dimenticare che anche le finanze della chiesa avevano bisogno di denaro – e concedeva, ufficialmente, tali operazioni solo agli ebrei, il che ha contribuito decisamente a coniare lo stereotipo antisemita dell‘ebreo come usuraio, mentre in realtà anche i cristiani praticavano regolarmente tale professione.

Solo nel corso della prima età moderna la valutazione religiosa ha iniziato a differenziarsi in area protestante con le considerazioni sulla “produttività del denaro” di Giovanni Calvino umanista e teologo francese del Cinquecento. Mentre ancora nel Sei e Settecento nelle corti cattoliche le operazioni di credito erano espletate dagli ebrei di corte e più tardi anche da banchieri protestanti. Segnali di apertura si notano a metà del Settecento, per arrivare a un accomodamento su “interessi moderati” accettati anche dalla chiesa cattolica. Al livello di diritto civile il “guadagno da moneta” era ovviamente consentito e riconosciuto da molto tempo. Ma sono evidenti le contradizioni tra dottrina e pratica che hanno caratterizzato il mestiere del “fare denaro” per molti secoli. Per questo le committenze religiose e le opere di carità erano strumenti privilegiati per poter utilizzare la ricchezza senza mettere a rischio la propria reputazione. Cosa che però non accadde a Rainaldo Scrovegni nella Padova del Duecento, uomo assai ricco e in piena ascesa politica e sociale, che fu pubblicamente denunciato dai contemporanei per le sue attività finanziarie. Fu poi il figlio Enrico che, continuando il lavoro del padre, fondò la chiesa di Santa Maria della Carità e la cappella annessa dove era sepolto il padre. La bellissima decorazione della Cappella Scrovegni venne affidata a Giotto i cui affreschi in parte includono la famiglia committente come memoria liturgica per la salvezza dell'anima.
Questo era il fine per ogni chiesa, cappella gentilizia o altare fatto costruire dai ricchi mecenati, ma era anche occasione per ostentare ricchezza e status sociale. Queste motivazioni al contempo temporali e religiose rappresentavano la maggiore spinta alla produzione artistica.

Caravaggio, San Gerolamo Penitente,
Caravaggio (Michelangelo Merisi), San Gerolamo Penitente, 1605
olio su tela, 145,50 x 101,50 cm
Montserrat, Museu de Montserrat Museum the Montserrat – Photo Dani Rovira

L'esposizione di respiro internazionale, si apre con la gloriosa dinastia dei Medici nella Firenze rinascimentale, e qui si ha l'esempio più evidente della ricchezza sposata al potere, alla ascesa sociale e al peso politico. Come banchieri e mecenati i Medici formarono alleanze familiari, matrimoni e assicurarono l'elezione di due membri della famiglia al soglio pontificio, finanziavano la politica dei regnanti europei e le loro imprese militari.

Agostino Chigi (1466-1520), ad esempio, gestiva le finanze di Alessandro VI, Giulio II e Leone X, sosteneva le loro guerre e le loro politiche curiali, mentre dirigeva un impero commerciale che spaziava da Alessandria e Costantinopoli a Londra, Parigi e Anversa.

Jakob Fugger (1459-1525) era il banchiere di fiducia degli Asburgo, finanziava le guerre di Massimiliano I e poi l'elezione di Carlo V al trono imperiale, assicurando i voti dei principi elettori. Con le sue imprese minerarie dominava il mercato di mercurio, rame e argento a livello europeo, mentre per la Santa Sede gestiva il commercio delle indulgenze che, tra l'altro, finanziarono la nuova Basilica di San Pietro. I grandi banchieri per questi servizi venivano ricompensati con altri privilegi commerciali, titoli e feudi e a loro volta investivano le loro fortune anche in splendidi progetti artistici.

Agostino Chigi così come Fugger investirono parte delle loro fortune in progetti architettonici e artistici. Il primo commissionò a Raffaello una spettacolare cappella gentilizia a Roma in Santa Maria del Popolo mentre la sua villa suburbana, più tardi chiamata Villa Farnesina, fu decorata da artisti amati dal Papa come Baldassare Peruzzi, Raffaello e Sebastiano del Piombo. Questo per sottolineare il legame strettissimo con il potere papale.

Fugger fondò due cappelle gentilizie, nella chiesa di Sankt Anna ad Augusta dove Albrecht Dürer era protagonista con i suoi lavori, e in Santa Maria dell'Anima, la chiesa nazionale tedesca a Roma che sfoggiava una grande pala d'altare di Giulio Romano. Ma il progetto più ambizioso di Fugger fu la costruzione, nella sua città natale, di un intero quartiere dedito ad abitazioni sociali, la cosiddetta Fuggerei, che esiste ancora oggi, fondazione di carattere sociale e religioso, i cui occupanti bisognosi pagavano un fitto bassissimo, erano scelti per la condotta morale e obbligati a includere il fondatore nelle loro preghiere giornaliere.

Nel corso del Settecento, le fondazioni religiose cederanno il passo a fondazioni a carattere prevalentemente sociale. Seguendo le orme dei Medici, tra Cinque e Seicento i grandi banchieri investivano somme ingenti nelle loro collezioni. Così Vincenzo Giustiniani (1564-1637), depositario generale della Camera Apostolica, nel suo palazzo romano, accumulava sculture antiche e dipinti moderni di Caravaggio, Artemisia Gentileschi, Jusepe de Ribera e molti altri, creando un catalogo illustrato della propria collezione: il Galeriewerk, una idea che avrà seguito e fortuna. Agli inizi dell'Ottocento dei suoi 600 dipinti ne restavano pochi mentre le opere antiche passavano nelle mani della famiglia Torlonia che aveva crediti inevasi nei confronti dei Giustiniani.

Angelika KauffmannRitratto del conte Josef Johann von Fries con il Teseo vincitore del Minotauro di Canova, 1787
Angelika Kauffmann, Ritratto del conte Josef Johann von Fries con il Teseo vincitore del Minotauro di Canova, 1787
olio su tela, 128,50 x 102,50 cm
Vienna, Museen der Stadt © Wien Museum

Anche per Everhard Jabach (1618-1695) in Francia, banchiere originario di Colonia, la collezione era uno strumento multifunzionale per rappresentare status e prestigio, per ostentare gusto nell'arte ma anche per gestire rapporti con la corte e negoziare privilegi commerciali. La sua ricchissima collezione di dipinti (da Bellini, Giorgione, Tiziano, Raffaello, Correggio e Holbein a Caravaggio, Rubens e van Dyck) e di disegni, che  includeva grandi maestri italiani e nordici (da Dürer e Holbein a Rubens e van Dyck) venne in larga parte venduta al re Sole, un grosso affare economico, ma anche un gesto ossequioso verso il sovrano e il suo primo ministro, Jean-Baptiste Colbert, che con acquisizioni sistematiche dalle collezioni Jabach, Mazzarin e Richelieu stava gettando le fondamenta delle collezioni reali francesi ancor oggi conservate al Louvre.

Il mercante e banchiere fiammingo Gaspare Roomer (c. 1600-1674) operava a Napoli e sosteneva con crediti ingenti il governo spagnolo e il debito pubblico. Nella capitale del viceregno, viveva a Barra nei pressi di Napoli, formò una delle collezioni più importanti del Seicento, con capolavori di Massimo Stanzione, Jusepe de Ribera, Mattia Preti, Luca Giordano, Rubens, van Dyck e Nicolas Poussin e anche nature morte fiamminghe acquistate per il mercato italiano, contribuendo all'affermazione di questi generi nuovi. Alla sua morte Roomer lasciò gran parte delle sue ricchezze a una fondazione religiosa napoletana, il monastero di Santa Maria Maddalena de‘ Pazzi.

Dal Settecento in poi i grandi collezionisti banchieri puntarono sempre più a legare tesori e proprietà a iniziative e fondazioni a beneficio del pubblico.

Pieter Teyler van Hulst (1702-1778) era membro molto attivo della comunità mennonita di Haarlem e destinò parte delle sue ricchezze a opere religiose e sociali. Nel testamento, lasciò tutti i beni al setificio di famiglia Teylers Stichting che con i profitti dei capitali doveva gestire due società, una teologica e l'altra scientifica, per promuovere educazione religiosa e morale a favore della prima e cultura umanistica e artistica verso la seconda.

Anche Johann Friedrich Städel (1728-1816) nel 1815 lasciava i suoi beni allo Städelsches Kunstinstitut, una fondazione che doveva mettere le sue collezioni a disposizione dei cittadini, ma anche sostenere con borse di studio l'educazione di giovani artisti e artigiani meno agiati. Entrambe le fondazioni erano state create con spirito umanitario e illuminista, puntando al progresso, al bene pubblico e al “nation-building”

Il banchiere berlinese Joachim Heinrich Wilhelm Wagener (1782-1861) aveva obiettivi simili, ma ambizioni decisamente più politiche, e infatti nel 1861 destina le sue ricchissime collezioni di pittura contemporanea al re di Prussia, Guglielmo I, per istituire una galleria nazionale. Il re e futuro imperatore fece erigere da Friedrich August Stüler l'odierna Alte Nationalgalerie, inaugurata nel 1876.

Sarà l'Ottocento il secolo che vedrà un incredibile incremento del fenomeno del collezionismo dei banchieri, diffuso in tutta Europa grazie all'ascesa di un nuovo ceto sociale borghese sempre più influente. Un posto di grande rilievo in tal senso spetta, tra i due secoli, a Moritz von Fries, collezionista di Raffaello, Reni, Van Dyck, Rembrandt, mecenate e protettore di Beethoven e Schubert. Mentre in Italia abbiamo i banchieri Marino e Giovanni Raimondo Torlonia che seguivano gli interessi degli artisti, il veneziano Giacomo Treves, il milanese Ambrogio Uboldo, il tedesco naturalizzato italiano Enrico Mylius. Tutti acquisirono magnifici capolavori di Antonio Canova e Bertel Thorvaldsen e, soprattutto, di Francesco Hayez. A Enrico Mylius, milanese d'elezione, figura cardine degli scambi economici tra Germania e Italia, interlocutore privilegiato con gli ambienti culturali tedeschi, spetta il merito di aver saputo intessere una rete di relazioni di altissimo livello – tali da aver favorito la conoscenza delle opere di Manzoni presso Goethe e contribuito all'ascesa di Milano quale capitale cosmopolita nei primi decenni dell'Ottocento. In quegli anni la grande concentrazione di capitali in area lombarda faceva perno sulla città di Milano, riconosciuta capitale morale del nuovo Stato, nella quale nascono molti istituti di credito di interesse nazionale fondati e amministrati da importanti famiglie, quali Ponti, Pisa, Weill-Scott e Cernuschi. Quest'ultimo, Enrico Cernuschi, fu figura di spicco del Risorgimento italiano, appassionato di arte orientale la cui collezione straordinaria, è poi divenuta l'affascinante Museo Cernuschi di Parigi.

La potentissima e ramificata dinastia dei Rothschild, che ha vantato diversi rami – inglese, francese, austriaco, napoletano – è entrata nella leggenda e ha fatto del collezionismo, sia di arte antica che contemporanea, una vera e propria vocazione, come hanno dimostrano poi le raccolte di Edmond in Francia e quelle di Nathaniel Meyer e Albert Salomon a Vienna. In questa tradizione di eccezionale mecenatismo, si inseriscono gli intensi legami di amicizia con artisti e musicisti di grande fama, come Ingres e Boldini, Chopin e Mendelssohn. Lungo due secoli di inarrestabile ascesa economica e sociale, la passione per l'arte si è tradotta nella creazione di raccolte eccezionali poi confluite in musei aperti al pubblico, come quella di arte decorativa di Ferdinand de Rothschild, che destinò al British Museum la sua intera collezione di opere del Rinascimento, insieme con lo straordinario Reliquiario della Sacra Spina. Al Louvre nel 1935 giunse la collezione di Edmond de Rothschild che contava oltre sessantamila opere tra disegni e stampe, da Paolo Uccello a Leonardo da Vinci, da Rembrandt a Dürer. Suo nipote Edmond, nel 1969, ha offerto in dono al museo d'Israele di Gerusalemme la settecentesca French Room, un'intera sala proveniente dalla residenza parigina del conte de Coubert, e uno straordinario vaso etrusco al Museo d'Arte e Storia di Ginevra, dove la famiglia risiede da più di centocinquant'anni continuando nella tradizione di mecenatismo e sviluppando una rete filantropica internazionale.

Gaspare Vanvitelli, o Gaspare degli Occhiali (Gaspar Adriaensz van Wittel)(Amersfoort, Paesi Bassi 1652 - Roma 1736) Veduta di Napoli con Largo di Palazzo,
Gaspare Vanvitelli, o Gaspare degli Occhiali (Gaspar Adriaensz van Wittel), (Amersfoort, Paesi Bassi 1652 – Roma 1736)
Veduta di Napoli con Largo di Palazzo, inizio del XVIII secolo
olio su tela, 75 x 125 cm
Collezione Intesa Sanpaolo, Gallerie d'Italia – Napoli
Archivio Patrimonio Artistico Intesa Sanpaolo / foto Luciano Pedicini, Napoli

Formare il gusto della nazione e favorire lo sviluppo di artigiani e artisti erano obiettivi anche di John Pierpont Morgan (1837-1913), americano, proprietario della banca J. P. Morgan, con investimenti nelle ferrovie, nell'industria dell'acciaio e dell'automobile. Banchiere e uomo assai influente, possedeva collezioni davvero universali, che spaziavano da opere antiche, bizantine e orientali, sculture, dipinti, disegni e manoscritti europei. Questi capolavori erano destinati a collezioni pubbliche per mettere a disposizione dei cittadini i giusti modelli per formare il gusto di una nazione. Ancora oggi la Pierpont Morgan Library custodisce le ricchissime collezioni di manoscritti, disegni, sculture e dipinti del Rinascimento italiano che arredarono la residenza privata di Morgan. Altre opere furono invece destinate al Metropolitan Museum of Art, del quale Morgan fu presidente per circa dieci anni.

L'ultima sala è dedicata alla bella figura del banchiere “umanista” Raffaele Mattioli, protagonista della rinascita economica e culturale nell'Italia del Novecento e del difficile dopoguerra. Assunse rapidamente un ruolo fondamentale nel sistema bancario italiano e internazionale e svolse una preziosa azione di promozione culturale a sostegno di intellettuali, scrittori, artisti, editori. Amico di Benedetto Croce e del critico d'arte Roberto Longhi, grande ammiratore di Giacomo Manzù, Giorgio Morandi e Renato Guttuso, le sue prestigiose acquisizioni per la Banca Commerciale e il suo impegno nella grande editoria hanno rappresentato uno straordinario esempio da seguire.

Angelo InganniVeduta sulla Piazza del Duomo con il coperto dei Figini
Angelo Inganni
Veduta sulla Piazza del Duomo con il coperto dei Figini, 1838
olio su tela, 173 x 133 cm
Palazzo Morando | Costume Moda Immagine
Copyright Comune di Milano – tutti i diritti riservati – Milano, Palazzo Morando/Costume Moda Immagine

Questi intrecci strettissimi tra finanza e politica offrirono a due banchieri collezionisti d'eccezione del primo ‘900, Andrew W. Mellon (1855-1937) e Calouste Gulbenkian (1868-1955), l'occasione di acquistare capolavori direttamente dall'Ermitage di San Pietroburgo.

Gulbenkian, ingegnere e finanziere armeno, operava tra Costantinopoli, Londra e Parigi e gestiva il mercato del petrolio nel Vicino Oriente, nei territori dell‘Impero Ottomano in dissoluzione, tra Turchia, Russia, Irak, Iran e Egitto. Abile politico agiva come consulente sopra-nazionale per la costituzione delle grosse società petrolifere che si spartirono i terreni più promettenti, coinvolgendo banche e finanziatori internazionali, dalla Deutsche Bank ai Rothschild, e ottenendo personalmente proficue partecipazioni in grandi società come Exxon, BP e Shell. Gulbenkian, appassionato collezionista di dipinti, statue, oggetti, testimonianze e mobili, manteneva contatti stretti anche con il governo della Russia postrivoluzionaria, offrendo i suoi servizi per esplorare e commercializzare i ricchissimi giacimenti di petrolio e gas. Nel 1922 Gulbenkian propose al governo sovietico di acquistare alcuni capolavori dall'Ermitage. Una offerta che poteva far fronte alla gravosa crisi finanziaria e alla mancanza di valuta estera in Unione Sovietica, e che andò in porto nel 1930 con l'acquisto di opere di Rubens e di Rembrandt. Nel 1942 Gulbenkian dovette lasciate Parigi sotto occupazione nazista, per andare in esilio a Lisbona, dove nel 1956 venne instaurata la Fundação Calouste Gulbenkian che oggi gestisce, accanto a molte altre iniziative sociali, scientifiche e culturali, anche il Museu Gulbenkian (bellissimo e interessante) che presenta i tesori artistici del fondatore.

Mellon, invece, era un banchiere americano che con investimenti strategici nelle ferrovie come nelle industrie del carbone e dell'acciaio aveva accumulato ricchezze straordinarie. Negli anni 1921-1932, in tre governi successivi, fu ministro delle finanze e gestiva, con alti dazi d'importazione, la politica restrittiva contro l‘Unione Sovietica. Simultaneamente negoziava anche lui con il governo russo insieme con altri tre mercanti d'arte, l'acquisto di capolavori dall'Ermitage. Tra 1930 e 1931 Mellon si assicurava celebri dipinti di Jan van Eyck, Sandro Botticelli e Tiziano, ed infine acquistava per  1.166.400 di dollari anche la Madonna Alba di Raffaello, il prezzo più alto mai pagato per un dipinto in quegli anni. Dietro alle sue acquisizioni a San Pietroburgo come sul mercato internazionale c'era il progetto di fondare una galleria nazionale. Nel 1937 Mellon donava le opere più prestigiose della sua collezione, 126 dipinti e 26 sculture, per formare il nucleo della nascente National Gallery of Art a Washington, eretta da John Russell Pope in stile neoclassico e inaugurata nel 1941.

In ultima analisi, le motivazioni che hanno portato i grandi banchieri del passato al collezionismo alla filantropia e alle committenze artistiche, erano molto complesse e variabili, e le loro passioni per l'arte risultano indissolubilmente intrecciate con ambizioni sociali, economiche e politiche. Queste motivazioni distinte funzionarono in pratica come vasi comunicanti e interdipendenti che contribuirono assieme ma in variabile misura alle decisioni e ai risultati finali. Per comprendere un fenomeno così complesso un classico autore della sociologia moderna, Pierre Bourdieu, offre un modello interpretativo molto valido.

«Committenze artistiche, collezionismo e filantropia non sono altro che la sapiente trasformazione di capitale economico in capitale sociale, culturale e simbolico. Una tale diversificazione di capitale richiedeva passione, gusto ed espertise in materia, sensibilità nell'interpretare i margini d'azione e nell'anticipare la percezione altrui. Investire in capitale sociale, culturale e simbolico poteva generare profitti molto diversi e relativamente rapidi, ma anche piuttosto volatili, visto che gusto e parametri di riferimento rischiavano di cambiare velocemente. Committenze artistiche, collezionismo e filantropia nei secoli fanno parte del habitus del banchiere, ma sono le scelte individuali, sono gusto e passione, lungimiranza e determinazione che alla fine assicurarono qualità, successo e impatto civile. Molti dei grandi banchieri sono rimasti nella storia anche e soprattutto per la loro capacità di agire come committenti, collezionisti e filantropi».

Per concludere, non si può non essere grati a tutti coloro che seppero trasformare i grandi capitali finanziari in loro possesso in grandi patrimoni di arte e cultura, ma non dobbiamo dimenticare che ai capitali e alle fortune di questi banchieri e mercanti hanno contribuito tutti coloro che nei secoli hanno lavorato per loro, negli atelier degli artisti e nelle banche, nelle manifatture e fin nelle botteghe sconosciute…… Ma questa è un'altra storia e un'altra mostra.

Daniela di Monaco

Le informazioni contenuti nei testi a corredo della mostra dei curatori Fernando Mazzocca e Sebastian Schütze

Gallerie d'Italia Milano
fino al 26 marzo 2023
Dai Medici ai Rothschild. Mecenati, collezionisti, filantropi.
curatori: Fernando Mazzocca e Sebastian Schütze con il coordinamento generale di Gianfranco Brunelli

realizzata in partnership con i Musei del Bargello e la Alte Nationalgalerie – Staatliche Museen zu Berlin, con la collaborazione della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la Città metropolitana di Milano e il patrocinio del Comune di Milano.
Oltre 120 opere di diverse epoche provenienti da prestigiosi musei internazionali da Londra a Parigi da Vienna a New York.

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