Messi e Ronaldo: Il tramonto dei “Champions”…

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Gli ottavi di finale di Champions League non si sono ancora conclusi eppure hanno già emesso una sentenza, un passaggio epocale. Lionel Messi e Cristiano Ronaldo, per almeno tre lustri protagonisti quasi assoluti del calcio mondiale, abbandonano all’unisono la prestigiosa competizione europea del calcio per club, e si avviano ad abdicare i regni dorati governati in queste stagioni.

Su cosa abbiano rappresentato i due campioni nel panorama, non solo sportivo, si è già detto molto e tanto ancora si dirà. Questo perché negli anni delle due rispettive carriere, non si sono fronteggiati solo due fuoriclasse, bensì si sono contrapposti due mondi, sicuramente distanti, seppur appartenenti comunque allo stesso pianeta.

Al campione argentino,  Lionel Messi la natura ha fatto il grande dono dell’estro: la pura genialità pedestre, la velocità di una esecuzione quasi “poetica” del gesto, che quindi non è propriamente “sportivo”, ma diviene del tutto appartenente a una forma “artistica”. È arrivato in pochi anni da essere da tutti considerato il solo erede di Diego Armando Maradona, finora incontrato, anche se il limite di Messi è quello di non essere mai stato profeta nella Patria argentina; forse perché così profondamente legato a quella terra catalana che, poco più che bambino, lo accolse e lo guarì da un grave problema legato al processo ormonale di crescita.

Cristiano Ronaldo portoghese di Funchal, invece, l’estro se l’è dovuto quasi costruire in casa, o meglio in palestra, attraverso una grande abnegazione e rinunce quasi “monastiche”: sacrifici impensabili per la maggior parte dei calciatori. Il tutto per arrivare lucido e “tirato” alla soglia dei quaranta ancora da protagonista. Lui, a differenza di Messi, in Patria è più che un profeta: è già titolare di musei, statue, una venerazione praticamente religiosa, e la riconoscenza eterna di aver vinto un Campionato Europeo per Nazioni in casa dei favoritissimi francesi. Neanche a metà marzo della stagione-Covid del calcio sembrano aver definitivamente abdicato dai loro rispettivi troni.

I prossimi lustri, ci scommettiamo, saranno quelli di una nuova sfida “binaria”, a cui saranno chiamati, salvo “ripensamenti”, Kylian Mbappé e Erling Håland, un francese e un norvegese. Sono due ragazzini, cresciuti nelle rispettive famiglie già avvezze allo sport professionistico. Non hanno perciò alle spalle storie particolari e strappalacrime, ma hanno entrambi davanti verdi praterie dove scrivere il calcio che sta arrivando, sempre nel proprio filone di appartenenza: estro per il francese, potenza per il norvegese.
Cristiano Roccheggiani

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