Messico. A un anno dall’elezione di Obrador ne parliamo con Andrea Cegna

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Il primo luglio è stato il primo anniversario dalla elezione di Andrés Manuel López Obrador, per tutti AMLO, a presidente del Messico, anche se poi effettivamente entrato in carica il primo gennaio 2019. Di fatto dunque oggi circa sette mesi di Governo, arrivati dopo il lungo e buio periodo contrassegnato dal susseguirsi dalla coppia Calderòn-Nieto.
Proviamo a fare un primissimo bilancio con Andrea Cegna, giornalista, scrittore, membro del collettivo #20ZLN, collaboratore di Radio Onda d’Urto e, soprattutto, spesso presente in Messico come freelance.

Andrea, chi meglio di te può fare oggi un bilancio di questo primo periodo di presidenza Obrador. C’erano molte aspettative intorno a quello che sembrava un veramente un “nuovo corso”. Lo dimostra l’enorme risultato in termini di voti, ben trenta milioni di elettori. Un voto tra l’altro “interclasse”. Oggi quelle attese di cambiamento e di entusiasmo sono state confermate? Possiamo veramente parlare di un governo “di svolta”?
Forse molti meglio di me, ma certo ho seguito da vicino campagna elettorale, elezione e post investitura. Direi che i nodi stanno venendo al pettine, il discorso confuso di AMLO che se da una parta sembrava rivolto ai più poveri ma dall’altra era anche a garanzia dei settori del capitalismo messicano ha velocemente virato verso la seconda polarizzazione, lasciando all’attenzione per gli ultimi sempre meno spazio di realtà. Dall’altra parte si è messo Trump e la sua pazza guerra contro i migranti. O meglio Trump sta usando i migranti per la campagna elettorale interna ma anche e soprattutto per rimettere le mani sul centro America. Certo Lopez Obrador non sta facendo quello che alcuni si aspettavano ma allo stesso tempo sta facendo quello che in molti, tra cui io, si aspettavano e avevano raccontato a cavallo del voto.

Violenza e corruzione sono sicuramente i fattori sociali più drammaticamente presenti in tutto lo Stato. Esistono gruppi malavitosi in cui convergono sistematicamente polizia, militari, grandi e piccole aziende, politici. Questa economia criminale gira intorno al commercio delle droghe ma anche delle persone. Cosa ha fatto finora il nuovo Governo per cercare di debellare questi fenomeni?
A dire il vero per me non c’è nessuna convergenza, vi è una continuità che non ha visibili spazi di divisioni. La droga è uno dei prodotti. Non il prodotto. La partita è il controllo del territorio e lo sfruttamento dello stesso, e quindi anche lo spostamento di merci e persone che da li passano. Il governo Lopez Obrador per ora non ha fatto nulla di tangibile. La guardia nazionale da lui creata è la presa d’atto che la Polizia Federale sia uno dei gruppi armati più legato alla corruzione, assieme all’esercito di fatto. La guardia nazionale è ad oggi un gruppo organizzato dallo stesso esercito. La violenza è il dato strutturale del Messico oggi, è il cancro, è il modo con cui il potere si replica e si scontra per replicarsi e trovare l’egemonia. Così la vita umana è stata declassata.

Tragica conseguenza legata proprio all’opposizione a violenze e corruzione è l’uccisione o la sparizione sistematica di coloro che vogliono esercitare un certo dissenso, come ad esempio i tanti giornalisti assassinati. Si sta cercando di mettere un argine a questa inaudita violenza?
Non ho trovato o sentito nemmeno dichiarazioni di Lopez Obrador sul caso giornalisti uccisi. Poi sull’omicidio di giornalisti credo che ogni vicenda sia a sé stante. Non tutti sono uccisi perché fanno inchieste sulle compromissioni tra stato, economie legali ed illegali Alcuni vengono uccisi anche perché parti della promiscuità magari, o per altri motivi. Il dato dell’omicidio di giornalisti è in continuità con gli omicidi che attraversano il paese. Quello dei giornalisti a volte fa più rumore.

Anche nell’economia, da sempre condizionata (per usare un eufemismo) dagli Stati Uniti, si attendeva una sterzata. Una politica economica diciamo “di resistenza”, sulle orme di quanto fatto ad esempio dal Venezuela di Chavez. Esistono presupposti in tal senso? Qual è la tua sensazione?
Mah, a parte le dichiarazioni altisonanti di AMLO che ha sostenuti di essere uscito dal neoliberismo per poi attuare tutti i peggiori progetti del paradigma estrattivo del capitalismo. Direi che c’è poco di differenza da quel che è il recente passato iniziato con la firma degli accordi di libero commercio che hanno poi portato al NAFTA prima e ora agli accordi bi-laterali USA – Messico

A proposito di economia, durante la campagna elettorale, Obrador aveva detto che avrebbe attivato una politica basata sul rispetto dei diritti dei migranti e che avrebbe creato percorsi legali per rimanere in Messico e avrebbe investito in America centrale per affrontare alle radici le cause della migrazione. Ma le cose sono cambiate dopo il ricatto di Trump sui dazi delle merci messicane?
Dall’inizio del 2019, il Messico ha detenuto e deportato un numero elevato di persone e ha inviato 6.000 membri della Guardia nazionale, insieme a elementi dell’esercito e della marina, al confine meridionale. Ma ha anche ha offerto 30 milioni di dollari allo stato di El Salvador per un programma di impianto di alberi da frutta e da legna per creare la situazione.
90 milioni. 30 a paese per El Salvador, Guatemala e Honduras. Soldi dati però a chi governa, governi che hanno enormi problemi di corruzione e compromissione con le economie illegali e legali che vivono e agiscono nei paesi. Chi è parte del dramma che genera le condizioni migratorie non può esserne la risposta. Questo progetto mi pare molto simile a quello che L’Unione Europea fa con la Turchia: soldi per fermare i flussi, ma il tutto è dipinto da accordo di sviluppo. In Messico per assurdo i migranti hanno avuto più solidarietà prima che ci fosse Lopez Obrador al governo, nell’autunno 2018 nel paese c’è stata una maratona di solidarietà con le carovane migranti, oggi la maggioranza dei messicani e delle messicane dice che l’origine dei loro problemi sono i migranti. Non lo dice AMLO ma non fa nulla di tangibile per non farlo dire.

Sempre sui migranti, l’ultimo anno è stato contrassegnato dalle “carovane” di migranti verso gli Stati Uniti. Ci puoi descrivere brevemente questo fenomeno?
I flussi di migrazione verso gli USA dal centro America sono fenomeno antico. Negli ultimi anni stime dicono che giornalmente almeno 300 persone iniziano questo viaggio. Fino a poco tempo fa erano viaggi solitari, rischiosi e avventurosi. Con mezzi di fortuna, e spesso imbattendosi nella guerra per il controllo dl territorio o cadendo nelle perniciose macchine dell’illegalità che spesso fa si che le persone divengano schiavi e sfruttati senza saperlo. Ecco a questo si è deciso di fare argine, di inventarsi un modo più sicuro di migrare, partendo in gruppo. Una passaggio di qualità e di senso non banale, che se riuscisse a sedimentarsi e basarsi anche su una costruzione collettiva, e non essere un gruppo di persone che viaggiano insieme ma senza considerarsi un noi, potrebbe mettere a nudo i muri del capitale e del sovranismo.

Dopo un periodo di grande riscatto politico, contraddistinto dalle grandi vittorie della sinistra sociale un po’ in tutto il Latino-America, oggi sembra purtroppo, drammaticamente di nuovo imboccata la strada della “reazione” e della destra conservatrice. A volte di stampo dichiaratamente fascista, come ad esempio sta succedendo in Brasile. Cosa puoi dirci dei rapporti del Messico con gli altri Paesi del continente?
In che senso? istituzionale o di movimenti? Di fatto il Messico che non ha sperimentato la stagione dei governi progressisti è in controtendenza, mai aveva governato un presidente che si suppone di sinistra, ora mentre il continente va a destra. Anche in questo caso è una reazione alle macerie create da Pan e Pri. Di fatto AMLO pur non essendo un rivoluzionario è una spina nel fianco per Trump e Bolsanaro. Non e un caso che con la scusa dei migranti Trump abbia aggredito il Messico. Certo il sogno USA di spostare a sud i suoi confini, e usare il Messico come grande area di decompressione dove tenere migranti, droga, e tutto ciò di cui il paese bisogna per replicare il sistema di sfruttamento e arricchimento è una parte del discorso. Farlo minimizzando gli effetti trasformativi di AMLO è la ciliegina sulla torta. Forse AMLO potrebbe essere coraggioso e stringere rapporti con Cuba e Venezuela, e forse con l’Uruguay se il Frente Amplio vincerà le elezioni. Ma per ora la politica estera messicana sta a zero.

Cristiano Roccheggiani

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