
È dagli inizi degli anni Novanta del secolo scorso che circola il neologismo meta-vèrso [1]. Oggi approda ad una nuova stagione e procede a colonizzare lingue, linguaggi ed immaginario, come un pendolo oscillando tra accezioni polarizzate. Ci si chiede: è un contenitore vuoto oppure un dispositivo atto a fare entrane nella Virtual Land per creare e realizzare le nostre stesse fantasie?
«Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi […]» . Non è inusitato accostare l'immaginario fantascientifico, evocato dalla celebre frase estrapolata dal commovente monologo pronunciato nel film dal replicante Roy Batty (Blade Runner di Ridley Scott, 1982), a scenari avveniristici che il pensiero scientifico intravede. L'espressione, infatti, contiene un significato che trascende il valore della sceneggiatura e della scenografia; può riferirsi all'intangibile Codice di Aquitania, può, in altri termini, ricodificare in modo artistico, come riesce a fare Ridley Scott, il linguaggio tipico di operazioni di pensiero volte con determinazione a generare “spiegazioni” e “dimostrazioni”. Le galileiane «sensate esperienze» e «certe dimostrazioni» (Sidereus nuncius, 1610; Il Saggiatore, 1623; Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, 1632) [2].
In modo analogo, volendo continuare a discorrere del legame “immaginazione”, “pensiero divergente” e “razionalità filosofico-scientifica”, The Da Vinci Code di Dan Brown (2003) o la serie televisiva britannico-statunitense Da Vinci's Demons (ideata da David S. Goyer e trasmessa dal 12 Aprile 2013 al 26 Dicembre 2015) non possono certo rigorosamente riferirsi alla genialità scientifica e visionaria di Leonardo da Vinci il quale, tra l'altro viene celebrato in una voce tematica de The Encyclopedia of Science Fiction con le seguenti parole: «Pittore, scultore, inventore e ingegnere militare fiorentino, celebrato fin dall'Illuminismo come l'epitome del genio creativo rinascimentale e spesso invocato come icona della fantascienza per queste doti».
È possibile continuare attingendo ad un altro film:
– Matrix è ovunque, è intorno a noi. Anche adesso, nella stanza in cui siamo. È quello che vedi quando ti affacci alla finestra, o quando accendi il televisore. L'avverti quando vai al lavoro, quando vai in chiesa, quando paghi le tasse. È il mondo che ti è stato messo davanti agli occhi per nasconderti la verità. – – – Quale verità?
– Che tu sei uno schiavo, Neo. Come tutti gli altri sei nato in catene. Sei nato in una prigione che non ha sbarre, che non ha muri, che non ha odore. Una prigione, per la tua mente» [3].
Il dialogo tra Neo e Morpheus è emblematico, ancora, delle «ragioni favoleggiate da fantasia», della fiction che “spiega” la realtà, come avveniva già circa la creatività produttiva di conoscenza nella futuribile argomentazione di Giambattista Vico – con riferimento precipuo all'antitesi tra “illusione” ed “immaginazione” – nella Scienza nuova, sua opera del 1725, che è piacevole attualizzare nella drastica opzione che la trama del film pone tra “pillola rossa” e “pillola blue”.
Niente di inedito, quindi. Tuttavia, è buona norma approfondire i temi ed i problemi che si incontrano nell'incessante mutare delle cose umane, soprattutto quando essere riguardano la qualità della vita così come sembra inerentemente dire Herbert Marcuse in One-Dimensional Man: Studies in the Ideology of Advanced Industrial Society nell'ormai lontano 1964: «una confortevole, levigata, ragionevole, democratica non libertà prevale nella civiltà industriale avanzata, segno di progresso tecnico».
Quando nel dibattito pubblico, si discorre sul meta-vèrso, si reagisce a suggestioni filmiche o filosofiche? No. Il meta-vèrso concerne premonizioni sociologiche? Forse. Più adeguatamente, si tratta di anticipazioni del pensiero divergente che, come tutte le idee o fenomeni cognitivi e/o emozionali, collegano i ragionamenti sulla realtà effettiva, «la presente e viva» (Giacomo Leopardi, L'infinito, 1819-1825/26), alla configurazione di scenari in via di realizzazione e ad un assemblaggio e messa in valore concettuale di relativi flussi d'informazione descrittiva, dando così origine ad attendibili affreschi su prossimi eventi tecno-sociali.
Anticipazioni di un futuro che in modo fulmineo diviene presente.
Nulla di trascendente. Un uni-verso che smette d'essere solo linguistico. Si invera, sprigiona fatti, evenienze che ristrutturano l'esistenza delle moltitudini. Circostanze possibili, conseguentemente, com'è anticipato in modo lungimirante da Martin Heidegger [4] quando, tra l'altro, afferma che «[…] Non possiamo quindi esperire veramente il nostro rapporto con l'essenza della tecnica finché ci limitiamo a rappresentarci la tecnicità e a praticarla, a rassegnarci ad essa o a fuggirla […]”.
Quando si eludono le potenzialità “mitopoietiche”, ri-strutturative della tecnica (τέχνη), quelle abilità, destrezza, capacità, meccanica o dello spirito, d'immanente e permanente modifica, altamente invasiva, delle condizioni antropologiche d'esistenza, si deviano su binari indirizzati verso oscure gallerie le biografie delle moltitudini nel loro sforzo/compito di generazione di un “senso” e di attendibili “significati” circa il valore dell'agire individuale e collettivo nella πόλις (città, come luogo comunitario di vita e di lavoro).
Ha ragione Heidegger quando sostiene che l'essenza della tecnica non ha nulla a che vedere con lo strumento o processo tecnologico; la tecnica è essenzialmente ed immanentemente un modello di conoscenza, una particolare modalità di rivelazione di ciò che è. Tuttavia, si tratta d'una immanenza alla quale non tutti possono o sanno accedere.
La fruizione dell'annunciato meta-verso, infatti, non prevede la “competenza”. Rappresenta di per sé la più radicale divaricazione tra “conoscenze tecnico-scientifiche” ed uso sociale delle applicazioni che ne discendono, una vera – politicamente orientata – storica scissione tra le forme consolidate di sapere-potere – sempre più autoreferenziali rinchiuse, come vogliono essere, nelle torri eburnee al fine di svolgere attività slegate dai bisogni sociali di massa – e la consueta ridistribuzione dello scibile nell'ambito dei sistemi di riproduzione sociale.
È l'evoluzione tecnologica dell'ecosistema digitale a proporre ora il salto nel buio meta-vèrso. Un salto coatto, senza chiarezza alcuna, nel meta-vèrso costituito da spazi tridimensionali all'interno dei quali le «persone fisiche possono muoversi, condividere e interagire», in modi immersivi alquanto diversi dall'augmented reality (AR), attraverso variegate strategie e tecniche con cui si aggiungono informazioni alla “scena” reale grazie alla capacità d'analizzare il contenuto con algoritmi che disegnano una visione artificiale. Inoltre, il meta-vèrso ingloba, in modo esteso e pervasivo, i risultati della ricerca sull'intelligènza artificiale (IA), disciplina che studia, fin dagli inizi dell'informatica e, in particolare dal 1956 (rif.J. McCarthy), se e in che modo possono essere riprodotti i processi mentali più complessi mediante l'uso di calcolatori elettronici.
I processi di lungo periodo d'artificializzazione antropologica proseguono, dunque, indisturbati, con accentuazione “verticale” nelle modalità d'esproprio totale e nella gestione autarchica delle conoscenze disponibili. Il meta-vèrso annuncia un ampliamento a dismisura della “vita blended” inevitabilmente supportata dall'iperconnessione telematica con possibilità di impiegare apparecchi di mobile computing di grande diffusione, come i tablet PC, i compatti Ultra mobile personal computer (UMPC), e anche dispositivi di convergenza con la telefonia mobile come iPad, iPhone o altri del genere equipaggiati di telecamera che punti dal lato opposto al display, oltre a sistemi di geolocalizzazione e di orientamento locale (GPS, accelerometri et alii), dando “corpo” a ricorrenti interfacce tra essere umano e sua “traduzione digitale”, tra habitat naturale e sociale e milieu artificiale, ologrammatico [5].
Tra le peculiarità dell'annunciata disponibilità commerciale, a breve, del meta-vèrso, è facilmente ravvisabile l'aspetto della comunicazione di un “prodotto” inconsistente, non tangibile, di un eventuale “servizio” che, nell'immediato, non è attivabile, sperimentabile. Non è casuale che il meta-vèrso sia propagandato/propagato urbi et orbi, con un messaggio in via esclusiva pubblicitario, divulgato senza discernimento, tanto appositamente frizzante e colorato da disorientare circa le legittime domande su “che cosa”, “come” e “perché” che restano inespresse, quanto subdolo circa un'implicito presunto incremento del problem solving che, tuttavia, attualmente non riesce ad emergere con chiarezza e, pertanto, permane, il prodotto/servizio, in modo inquietante, oscuro nell'immaginario di massa, promettendo un appagamento vagamente esperibile nell'intrattenimento. Il meta-vèrso non è imposto alla pubblica attenzione in una versione indispensabile, non è ancora apprezzabile una sua rappresentazione in forma esplicita.
Oggi segnala il punto d'arrivo – inteso come convergenza ed integrazione – di quell'insieme di rassomiglianze e parallelismi esistenti fra elementi culturali e tecnico-strumentali, di quel sollecitato, esasperato dialogo tra la “fatica del concetto” di hegeliana ascendenza e i saperi adattivi, tipici del controllo sociale, dipendenti dalla storia e dalla società in cui sono maturati e si sono sviluppati, secondo gli interessi prevalenti, subordinando in maniera finalizzata, in questa specifica operazione, le dimensioni antropologica, biologica, economica, fisica, scientifica, medica, logistica e politica delle collettività.
Il meta-vèrso interpreta nella forma più avanzata ed imperativa l'intenzione del sapere-potere di non lasciare più all'umanità nemmeno l'illusione della liberazione, tramite lotte e rivendicazioni, sussumendola, come ogni altro ente nel mondo globalmente colonizzato, individuata e ordinata dal dispositivo, dal meccanismo, dalla griglia a rete del procedere tecnico nichilista, nel precipuo significato di «niente è difficile a chi vuole» (nihil volenti diffìčile) alla ragione capitalista.
Nella contemporaneità l'agire dell'uomo – riassorbito dalle tentacolari logiche del meta-vèrso – non ha più il fine, scopo (τέλος) caratteristico perché i comportamenti sociali non sono più autentica espressione di convinzioni radicate nei bisogni e germogliate nei desideri, ma funzionano in quanto eterodiretti, connessi ab origine ad altro. Rebus sic stantibus, doverosamente dirompente – il contro-vèrso – dovrà manifestarsi in una forte presupposizione umanistica di riappropriazione delle forme vita, affatto romantica, sufficientemente spiegata e dimostrata dall'alienazione indotta dal semplice deleterio annuncio del meta-vèrso.
Tale contro-vèrso non va inteso come nell'antropologia dei “Manoscritti del '44” di Karl Marx, dove l'essere umano è celebrato in quanto originariamente universale e libero, ma soprattutto coerentemente inserito nel lessico del materialismo storico della “Deutsche Ideologie” (1845-46) [6], dove l'uomo, caratterizzato ora, feuerbachianamente, non più dall'essenza generica – essenza umana generica (Gattungswesen) –, bensì dal protagonismo nelle prassi lavoratrici, partecipa fin dall'inizio di una comunità e di una socialità delle forze produttive, che appartengono appunto intrinsecamente all'homo faber, per quanto smentite ogni volta poi, con il consueto costume di correlati rapporti sociali di distribuzione, dall'appropriazione e diffusione privata di beni che sono della collettività.
La trasformazione del meta-vèrso in efficace contro-vèrso, in un'organizzata prassi sociale che esalti la coscienza critico-oppositiva, può comportare, in definitiva, esclusivamente attraverso la distruzione del mercato mondiale capitalistico e la revoca della sua globalizzazione, una condizione esplicita e matura di universalità, che è premessa per il passaggio alla società disalienata.
Giovanni Dursi
[1] Ricordiamo che il termine è stato coniato da Neal Stephenson nel romanzo cyberpunk Snow crash (1992) per indicare uno spazio tridimensionale all'interno del quale persone fisiche possono muoversi, condividere e interagire attraverso personalizzati. Il m. viene descritto come un enorme sistema operativo, regolato da demoni che lavorano in background, al quale gli individui si connettono trasformandosi a loro volta in software che interagisce con altro software e con la possibilità di condurre una vita elettronica autonoma. Il m. è regolato da norme specifiche e differenti dalla vita reale e il prestigio delle persone deriva dalla precisione e dall'originalità del rispettivo avatar. Si è parlato di m. per definire le chat tridimensionali e i giochi di ruolo multiplayer online (Fonte: Voce enciclopedica dell'Istituto Treccani).
[2] «Quest'opera difende insieme i diritti della scienza e della cultura, esige libertà per lo scienziato e per l'uomo di cultura e affronta, oltre a questioni scientifiche, anche problemi di ordine cosmologico e filosofico, portando ovunque il senso nuovo della scienza moderna, il nuovo concetto dell'uomo e la forma nuova nella quale deve delinearsi il rapporto tra l'uomo e la natura», Ludovico Geymonat, Prefazione dell'opera.
[3] Dialogo cit. The Matrix, 1999, scritto e diretto dai fratelli Lana Wachowski, nata come Larry, e Lilly Wachowski, nata come Andy.
[4] Rif. a Die Frage nach der Technik (1953), in Vorträge und Aufsätze, Neske, Pfullingen 1957, trad. it. La questione della tecnica, in Saggi e discorsi, Mursia, Milano 1976.
[5] Di interesse, a questo proposito, il libro curato da Augusto Cusinato e Andreas Philippopoulos-Mihalopoulos, “Knowledge-creating Milieus in Europe – Firms, Cities, Territories”, Springer-Verlag, 2016.
[6] Opera di Karl Marx e Friedrich Engels, pubblicata per la prima volta completamente solo nel 1933, a cura di David Rjazanov, a Mosca.
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