
Il Sudafrica ha vinto contro la Nuova Zelanda la 10° edizione del Mondiale di rugby , terzo evento sportivo per importanza dopo il Mondiale di Calcio e le Olimpiadi, svoltosi in Francia,
Qualcuno lo immaginava che queste due compagini alla fine avrebbero avuto le maggiori possibilità di arrivare a giocarsi la finale del torneo. Il Sudafrica, perché come campione uscente non avrebbe rinunciato facilmente all'idea di bissare l'impresa del 2019, e la Nuova Zelanda perché, oltre a dover difendere il mito degli All Blacks, non ha quasi mai fallito i grandi incontri internazionali.
La finale per il 3° e 4° posto è stata invece disputata da Argentina e Inghilterra con quest'ultima vittoriosa.
Va detto che le maggiori aspettative – almeno secondo i pronostici – erano rivolte tutte verso un big match fra i migliori quindici europei del momento e cioè Francia e Irlanda. La Francia godeva dei pronostici intanto come Paese organizzatore e poi perché a guidare la squadra, in tutti i sensi, c'era Antoine Dupont il mediano di mischia più forte in assoluto. L'Irlanda poteva accontentarsi di essere invece, a detta di tutti, “solo” la squadra più forte al mondo.
Le cose non sono andate così, perché in uno sport che poco concede alle invenzioni e alle giocate personali, basta una esecuzione non perfetta di alcuni automatismi per compromettere tutta la gara. Certo, i tifosi delle due nazionali avranno sofferto, cosa che non dovrebbe essere invece capitata agli organizzatori del Mondiale che hanno puntato fin dall'aggiudicazione dell'evento, a battere ogni record; dai biglietti venduti agli ascolti televisivi fino agli incassi per la vendita di birra, elemento che è parte integrante del mondo del rugby. Le aspettative faraoniche sembrano essere confermate dalle cifre «[il mondiale] è destinato a battere tutti i record delle 8 precedenti edizioni: 2 milioni e 600 mila biglietti per 48 partite in 9 stadi; un giro d'affari stimato intorno ai 2,5 miliardi di euro e non meno di 600 mila turisti ”ovali”; 70 mila nuovi posti di lavoro» [1].
Ma come sempre ogni evento di quelle dimensioni ha presentato delle criticità come ad esempio la clamorosa ressa di pubblico che si è verificata a Marsiglia il 9 settembre, sede di Inghilterra – Argentina, causa i capillari controlli di sicurezza. Anche la logistica esterna, i trasporti, e quella interna agli stadi, consumo di bevande come acqua e birra, hanno subito rallentamenti. Ma proprio nella somministrazione delle bevande si sono registrati i maggiori problemi. Tutto dovuto all'ondata di caldo imprevisto che ha fatto esaurire rapidamente l'acqua in tutti i bar degli stadi. Per la birra i problemi sono stati creati invece dalla funzionalità dei sistemi di raffreddamento centrale negli stadi, cosicché la birra è risultata sufficiente ma servita praticamente calda.
Poi a fare da contorno a questi problemi di organizzazione, vanno segnalate quelle che potremmo definire delle stranezze o delle curiosità ma che nel mondo del rugby, attaccato alle tradizioni come nessun altro sport di squadra al mondo, possono rivelarsi motivi validi per dividere una nazione tra favorevoli e contrari. Mi riferisco ai nomi dei giocatori sulle maglie, oltre ai numeri. Infatti non tutte le squadre hanno optato per casacche con i nomi perché ai tifosi semplicemente non piacevano; si era sparsa la voce che questa identificazione spicciola li facesse somigliare a dei semplici giocatori di calcio.
Ad ignorare il giudizio dei tifosi sono stati solo gli inglesi, i figiani e gli italiani. Ambigua la posizione della nazionale francese che, pur avendo maglie con i nomi, ha preferito indossarle solo nelle ultime partite di preparazione al Mondiale. Ma anche alle apparenti originalità c'è una spiegazione, tanto più se riferita allo sport più conservativo e custode delle tradizioni centenarie. Infatti, nelle squadre nazionali esiste una regola non scritta – ma non per questo non vincolante – per la quale nessun giocatore è “proprietario” della maglia che indossa, ma la riceve soltanto per un certo periodo nel quale cercherà di onorarla per poi consegnarla a chi verrà dopo. Questo spiega il perché le maglie fossero anonime. Discorso a parte va fatto per i numeri sulle casacche che devono essere rigorosamente ordinati dall'1 al 15. A ogni numero corrisponde un ruolo, tanto che ci si riferisce ai ruoli solo con i numeri e cioè: i piloni (n° 1 e 3), il tallonatore (n°2), le seconde linee (n° 4 e 5 ), le terze linee ala (n°6 e 7), la terza linea centro (n° 8), mediano di mischia (n°9), mediano di apertura (n°10), ala sinistra (n°11), primo e secondo centro (n°12 e 13), ala destra (n°14), estremo (n°15).
Altro argomento di discussione è stato il problema dell'esecuzione degli inni nazionali cantato da un coro di voci bianche. Critiche polemiche e feroci sono state scatenate da tifosi e spettatori, specialmente quelli francesi, che proprio non ce la facevano ad ascoltare la Marsigliese, l'inno per eccellenza che chiama alla rivoluzione contro i potenti e gli oppressori, cantata con la dolcezza e la grazia di quei bambini. Come se non bastasse, il maggior quotidiano sportivo di Francia, L'Equipe, ha riportato una sequela di lamentele espresse principalmente da ex giocatori come «quella di Mauro Bergamasco, 106 volte nazionale con l'Italia che ha detto: ”Non possiamo far cantare gli inni normalmente, per favore? E ancora l'ex nazionale inglese Andy Goode “Potreste fermare questo massacro?» [2].
Ma attenzione, perché se quelle fin qui descritte possono apparire per qualcuno delle simpatiche amenità, il Mondiale di rugby nel cartellone degli accoppiamenti per fascia, ha posto in risalto un grande tema di fondo e cioè la divisione in livelli o, come oggi si usa dire in «tier», delle varie Nazionali rispetto alla qualità del gioco e all'acquisizione della tecnica. Per intenderci, nel torneo appena concluso hanno preso parte 20 squadre che si possono così raggruppare seguendo lo schema dei «tier» gradito alla Federazione Mondiale del Rugby: 6 considerate il «top» (Francia, Nuova Zelanda, Irlanda, Sudafrica, Australia e Inghilterra), altre 6 considerate in «miglioramento» (Italia, Scozia, Galles, Fiji, Argentina, Giappone), 3 in «crescita» (Tonga, Georgia, Samoa), e 5 «non giudicabili» (Namibia, Uruguay, Romania, Portogallo, Cile). Questo dimostra che il rugby mondiale è sì arricchito dalla presenze di nuove squadre, ma rischia di non diffondersi ed appassionare poco, proprio per il dislivello tecnico delle compagini. I risultati fin qui scaturiti dagli accoppiamenti lo sta a testimoniare: 9 settembre Irlanda-Romania 82 a 8; 21 settembre Francia-Namibia 96 a 0; 30 settembre Scozia-Romania 84 a 0; 5 ottobre Nuova Zelanda-Uruguay 73 a 0.
Detto questo, è innegabile che l'Organo che detta le regole del rugby mondiale presieduto da Bill Beaumont, debba riconsiderare alcune scelte per evitare che si estenda quella forma – a questo punto manifesta – di classismo della palla ovale dove emerge sempre più, uso un termine fastidioso, una segregazione fra il «centro» e la periferia di questo sport. Un «centro» facilmente identificabile con quelle sei squadre «top» che attirano e risucchiano ogni risorsa, mentre le Nazionali della c.d. «periferia» reclamano giustamente maggiore rispetto.
Dato che le cose al momento sono cristallizzate su queste posizioni, mi sembrano appropriate le osservazioni di dissenso che puntano il dito contro un possibile peggioramento di questo divario: «immaginatevi cosa si può pensare dell'idea di World Rugby di portare a 24 il numero di squadre che partecipino al prossimo Mondiale [in Australia nel 2027, ndr], anche perché quelle quattro in più si andrebbero ad aggiungere alla “coda”, aumentando il numero di match di basso impatto e rendendone alcuni quasi “parrocchiali”» [3]. E allora che spiegazione si può dare? L'unica è che se al prossimo Mondiale ci saranno 24 squadre, significa che ci saranno più partite e quindi più incassi per i biglietti e per i diritti televisivi, più sponsor disposti a spendere, aumenteranno i dirigenti e i loro staff coinvolti nell'evento, generando un vortice che non necessariamente aiuterà questo sport a crescere in maniera omogenea.
La nostra Nazionale attualmente 14ma nel ranking mondiale è stata inserita nel girone con Francia, Nuova Zelanda, Uruguay e Namibia. Si temeva un comportamento arrendevole del nostro quindici visti gli scogli insuperabili dei transalpini e dei neozelandesi. Inoltre c'era anche il rischio di un impegno con il contagocce a seguito dell'azzardata e anticipata comunicazione del cambio del ct attuale Kieran Crowley al termine del Mondiale, con Gonzalo Quesada, ex mediano di apertura dell'Argentina. Ebbene, il gruppo è invece rimasto compatto, ha giocato alla sua maniera; insomma ha dato tutto quello che poteva dare, vincendo 52 a 8 contro la Namibia e 38 a 17 contro l'Uruguay, con un discreto gioco alla mano. Ha schierato un pacchetto di mischia (8 uomini) di circa 857 kg. che ha tenuto finché ha potuto contro la spinta dei 936 kg. francesi e i 922 kg. degli All Blacks. Quesada dovrà lavorare sodo anche perché il suo incarico avrà effetto dal 1° gennaio 2024 e a febbraio inizierà il Sei Nazioni.
Parlando della finale per il 3° e 4° posto vinta dall'Inghilterra sull'Argentina per 26 a 23 bisogna dire che le due squadre erano giunte affaticate anche mentalmente. I Pumas sudamericani, un po' arrancando e vincendo di misura su Samoa (19 a 10), straripando con il Cile (59 a 5) e piegando il Giappone (39 a 27), sono andati a sbattere contro il muro inglese, conquistando comunque l'accesso ai play off dove si sono sbarazzati di un Galles in totale confusione (29 a 17), piegandosi poi al perentorio 44 a 6 inferto loro dalla Nuova Zelanda. e forse favoriti da lato del tabellone costruito sulla base di un ranking della Federazione troppo lontano nel tempo.
Totalmente diverso il Mondiale dei Bianchi d'Inghilterra, guidati da un forse troppo cauto Steve Borthwick. Il loro è stato un percorso perennemente in salita e non tanto per i risultati quanto per la difficoltà a trovare un giusto equilibrio in campo. Molto si deve alle capacità tecniche del mediano d'apertura George Ford che ha sostituito lo scontroso e poco simpatico capitano Owen Farrell, squalificato per un fallo forse intenzionale contro un giocatore gallese nel corso dell'ultimo test match. L'Inghilterra ha faticato, e non poco, contro le Fiji (30 a 24) nei play off, perdendo poi all'ultimo minuto – anche per un errore dell'arbitro – la semifinale contro il Sudafrica (15 a 16) sebbene l'allenatore avesse schierato una linea di avanti che ha fatto la storia di quella nazionale. Insomma l'usato sicuro, garantito da Joe Marler, Jamie George e Dan Cole. Ma non è bastato.
Nella finalina le due squadre si sono fronteggiate con un pacchetto di mischia abbastanza pesante; 885 kg. per l'Argentina e 894 per l'Inghilterra. E sono proprio questi ultimi a fare la partita, dominando fisicamente e mentalmente tutte le varie fasi. L'indisciplina tattica dei sudamericani accentua l'incapacità di organizzare un minimo di gioco il che li espone alla pressione dei trequarti inglesi. Una fiammata improvvisa degli argentini, con un ottimo scambio alla mano, li porta in meta e il 1° tempo si chiude 10 a 16 per gli inglesi. Al rientro in campo, pronti e via, i Pumas subito in meta con Mateo Carreras che taglia in verticale la difesa inglese. Neanche il tempo per esultare che un errore nel calcio del mediano di apertura Santiago Carreras regala la meta agli inglesi che si riportano in vantaggio 17 a 23. Ad un quarto d'ora dalla fine, uno scambio di calci fra i pali porta il punteggio finale sul 26 a 23 per i «bianchi» d'Inghilterra che chiudono, quindi, con un 3° posto guadagnato con onore.
L'attesa finale se la sono contesa le due nazionali più vittoriose nella storia dei campionati avendo, Sudafrica e Nuova Zelanda, vinto tre edizioni a testa della Coppa del Mondo, ma l'unica finale che le ha viste una contro l'altra risale al 1995. A Johannesburg, di fronte Nelson Mandela, a prevalere furono i padroni di casa dopo i tempi supplementari e una battaglia tiratissima. Il pre incontro di questa sera è stato ben sintetizzato in prima pagina da «Le Figaro» che titola «Mondiali di rugby: All Blacks-Springboks, i migliori per ultimi. Un classico del rugby mondiale, un'apoteosi fra due colossi. Le due squadre più vincenti alla ricerca della quarta corona» [4].
E la corona la conquista il Sudafrica, battendo la Nuova Zelanda 12 a 11 alla quale non è servita l' haka propiziatoria iniziale. Le due squadre si schierano con due pacchetti di mischia molto pesanti; 924 kg. per i sudafricani contro i 906 dei neozelandesi. L'incontro si è subito acceso quando al 2° minuto un giallo per la Nuova Zelanda – causato da un placcaggio alto – consente il piazzato di Pollard. Grande intensità nel gioco con pochissimi errori ma la Nuova Zelanda regala un uomo ai sudafricani con l'espulsione del capitano Cane per un placcaggio volontario di spalla ed è costretta a reinventare la partita con un uomo in meno. Il primo tempo, molto serrato, si chiude 12 a 6 per i sudafricani.
Nel secondo tempo gli All Blacks sono costretti a giocarsi il tutto per tutto, con un Bauden Barrett proprio in ombra e autore di troppi errori. Nonostante questo riescono a mettere paura agli Springboks che sbandano, perdendo la gestione della partita e consentendo a Barrett di andare in meta. Gli ultimi scontri sono durissimi e procurano una mischia chiusa negli ultimi 7″ di gioco. La spunta il Sudafrica 12 a 11 e porta a casa il suo quarto mondiale. Partita forse non bella a livello spettacolare, molto tirata come forse si addice ad ogni finale, ma sicuramente carica di intensità.
Cala il sipario sul X Mondiale di Rugby e già si pensa al prossimo, fra quattro anni, in Australia.
Stefano Ferrarese
Note:
[1] Massimo Calandri, https://www.repubblica.it/sport/rugby/2023/09/19/news/rugby_italia_uruguay_mondiale_record-415097142/#:~:text=2%2C5%20milioni%20di%20biglietti,ai%20Giochi%20del%20prossimo%20anno., 20 settembre 2023
[2] Christian Marchetti, https://www.tag24.it/776375-inni-mondiali-rugby/, 13 settembre 2023
[3] Stefano Franceschi, https://ilneroilrugby.it/2023/09/14/rwc23-troppi-livelli-troppi-stili/, 14 settembre 2023
[4] Arnaud Coudry, https://www.lefigaro.fr/sports/rugby/coupe-du-monde/all-blacks-springboks-les-meilleurs-pour-la-fin-20231028, 27 ottobre 2023
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