
Il 14 novembre è una data importante per la Mongolia. Tradizionalmente si festeggia uno dei personaggi più noti della storia: Gengis Khan, condottiero che nel XIII secolo conquistò Asia e buona parte dell'Europa formando un Impero.
Se durante l'epoca comunista non era possibile parlarne e men che mai ricordarne le gesta da qualche tempo è ritornato ad essere un simbolo di questo paese e dell'orgoglio del suo popolo.
Mongolia, entrata del Piccolo Gobi. Foto Giorgio Giuliani, 2014
La Mongolia, tre milioni di abitanti sparsi su un territorio 1,5 milioni km² che ne fanno il paese meno densamente popolato al mondo e con notevoli ricchezze naturali, è al centro di interessi internazionali che vanno dalla Russia alla Cina agli Stati Uniti alla Corea del Sud al Giappone. Da qualche anno è l'economia che cresce più velocemente al mondo, in particolare dopo la scoperta di giacimenti di oro, rame, carbone e di recente anche petrolio.
La gestione delle risorse e la trasparenza con cui viene gestita la cosa pubblica sono sempre più connessi alla sviluppo violento che, tra l'altro, provoca appetiti di diverse multinazionali che, a fronte di investimenti, possono generare profitti consistenti senza badare alle condizioni di lavoro o all'inquinamento diventato un problema di enorme portata sia nelle aree spopolate che nella capitale Ulaan Baatar, oramai una delle città più inquinate al mondo.
Mongolia. Ulaan Baatar, il grattacielo Blue Sky. Foto Giorgio Giuliani, 2014
Come spesso accade alle doppie cifre della crescita del Pil non corrispondono doppie cifre di miglioramento delle condizioni di vita della popolazione che in quest'ultimo periodo deve subire le conseguenze di un'inflazione elevata alla quale non corrispondono aumenti altrettanto congrui delle entrate.
Le trasformazioni avvengono ad una velocità tale che si possono quasi osservare. Un esempio? Il mercato delle telecomunicazioni è cresciuto, dai primi anni 2000, ad un ritmo medio del 25% l'anno e ancora nel 2005 il numero di telefoni connessi riguardava l'1% della popolazione.
I giovani che sono la maggioranza in questo paese si muovono all'interno di modelli culturali che da una parte assorbono influenze occidentali o sudcoreane e dall'altra si agganciano agli elementi della tradizione mongola per questioni di identità nazionale [1].
Mongolia. Ulaan Baatar, black market. Foto Giorgio Giuliani, 2014
«Quasi isolata dal mondo fino a vent'anni fa, la nuova Mongolia sta ingurgitando voracemente la globalizzazione e i suoi simboli, vuole tutto e lo vuole presto. […]. Così, fra i nuovi palazzi di lusso pacchiano del centro di Ulaan Baatar sta crescendo una generazione che non vuol più saperne di pastorizia, di vita nomade nelle “gher” (le tradizionali tende circolari) o di allevamento di cavalli e cammelli; una vita molto dura ed esposta a un'escursione termica infernale, dai più 35 gradi dell'estate ai meno 40 gradi dell'inverno, quando gli animali muoiono a frotte perché non possono brucare il terreno ghiacciato»[2].
Accennavo all'importanza della gestione della cosa pubblica e alla trasparenza.
Molti cittadini sono convinti che tutti i politici e i responsabili della pubblica amministrazione siano corrotti. Per ottenere favori bisogna ungere la macchina e questo parte dall'alto, «è infatti di pubblico dominio che i candidati al parlamento devono pagare una sostanziosa “donazione” allo Stato per poter prendere parte alle elezioni. […], la corruzione non è un'esclusiva della politica. Il modo più semplice di ottenere che un prestito venga concesso velocemente è conoscere qualcuno in banca; se invece si vuole accelerare un trattamento ospedaliero, giova fare regali a dottori e a infermieri; se poi si vuole avviare un'impresa, licenze e approvazioni arriveranno soltanto in cambio di denaro, beni o favori» [3].
Mongolia. Ulaan Baatar, il Parlamento. Foto Giorgio Giuliani, 2014
I collaboratori del Primo Ministro Altankhuyag Norov sono stati arrestati e il 5 novembre il Parlamento lo ha sfiduciato per corruzione. L'opposizione accusa anche il Governo di aver provocato un rallentamento della crescita per una pessima gestione delle relazioni con la multinazionale Rio Tinto per gli investimenti riguardanti le miniere d'oro e di rame di Oyu Tolgoi, nel deserto del Gobi. Dopo due settimane di trattative il 21 novembre il Parlamento ha ratificato la nomina del nuovo Primo Ministro, Chimed Saikhanbileg, Capo della Segreteria di Governo del precedente Esecutivo.
Una chiara ed efficace gestione delle risorse è una questione complicata anche per la collocazione della Mongolia nel panorama internazionale e quindi per una politica estera che deve tener conto di due vicini ingombranti e che intrecciano le loro storie, spesso tristemente, con quelle dei mongoli. Russia e Cina, in particolare, sono assetate di risorse.
La Cina è il principale partner economico della Mongolia in quanto l'85% di tutto l'export, composto quasi esclusivamente di minerali e prodotti agricoli, finisce in Cina. Inoltre quasi la metà delle aziende operanti sul mercato mongolo sono di proprietà cinese.
I cinesi non sempre sono ben visti dalle parti di Ulaan Baator e si prova anche ad allentare la morsa di Pechino come qualche mese fa quando dal nuovo partito Coalizione per la giustizia si è chiesto addirittura il blocco delle licenze minerarie ai cinesi e si è suggerito di trovare sponde con Usa, Giappone, Corea del Sud e Unione Europea. La risposta non si è fatta attendere: la multinazionale cinese dell'alluminio Chalco ha bloccato gli investimenti per acquisire le quote della miniera di carbone di Tavan Tolgoi, una delle più grandi al mondo e ricca di carbone di alta qualità [4].
A fine agosto per rinsaldare i legami, per la prima volta dopo undici anni, un presidente cinese – Xi Jinping – ha visitato il paese firmando una dichiarazione congiunta che innalzerà il rapporto a “partnership strategica comprensiva” e cioè una relazione privilegiata che copre sia l'economia che la finanza che la sicurezza militare. «Ma la prospettiva non entusiasma analisti ed economisti locali, che vedono la mano della Cina “già troppo stretta” sulla produzione industriale mongola» [5].
Vladimir Putin non si è fatto attendere: ai primi di settembre la visita ha fruttato una quindicina di accordi tra i due paesi che spaziano anche qui dall'economia alla cooperazione tecnico-militare. Gli scambi stagnavano da un po' di tempo, retaggio del “controllo sovietico” e delle priorità della politica mongola.
Tra i maggiori risultati della visita ci sono stati l'adozione della roadmap per modernizzare la ferrovia di Ulaan Baatar e l'impegno a portare gli scambi commerciali a 10 miliardi di dollari entro il 2020.
Forse in questo modo «la leadership mongola efficacemente costruisce la propria “logistica politica” con la ricezione in serie dei principali leader di Cina e Russia, con il vertice tripartito “di Russia – Cina – Mongolia” nel quadro della SCO [Organizzazione di Shanghai per la cooperazione, ndr], sullo sfondo dell'APEC (Shanghai, Novembre 2014), con la prospettiva di adesione della Mongolia al Forum» [6].
Pasquale Esposito
[1] A proposito di giovani si consiglia di vedere il reportage della fotografa belca Marika Dee pubblicato su Internazionale, 21 novembre 2014.
[2] Marco Restelli, “La Mongolia è sempre più global“, espresso.repubblica.it, 28 ottobre 2014
[3] “Corruzione formato Mongolia”, www.firstonline.info, 9 dicembre 2013
[4] Emiliano Quercioli, “Il boom economico della Mongolia e le insidie del nazionalismo”, www.scenariglobali.it, 8 febbraio 2014
[5] “Xi Jinping in Mongolia, per rafforzare l'economia (già in mano ai cinesi)”, www.asianews.it, 22 agosto 2014
[6] Serghej Luzianin, “Russia e Mongolia ampliano la cooperazione”, https://web.archive.org/web/20150223050528/http://italian.ruvr.ru:80/, 4 settembre 2014
-----------------------------
-----------------------------
Se sei giunto fin qui vuol dire che l'articolo potrebbe esserti piaciuto.
Usiamo i social in maniera costruttiva.
Condividi l'articolo.
Condividi la cultura.
Grazie