
Il cervello umano come via privilegiata di accesso alla fruizione artistica è al centro della personale di Jan Fabre, dal titolo My only nation is imagination, curata da Melania Rossi e inaugurata lunedì 26 giugno presso lo Studio Trisorio di Napoli.
In mostra, sculture, disegni e un video frutto dello studio dell’artista sulla relazione tra arte e scienza.

Cos’è la bellezza? Come si crea memoria? Che differenza c’è nella reazione dei nostri neuroni di fronte ad un’opera d’arte classica ed un’opera d’arte contemporanea? Questi e molti altri sono i quesiti al centro della serie di lavori in cui l’oggetto di indagine artistica è sempre l’uomo, con la sua interiorità, considerata sia dal punto di vista spirituale che fisiologico. Il cervello è inteso da Fabre come una parte che rappresenta il tutto corporeo, avvertito come un vero e proprio oggetto di culto (My brain, my religion) e definito “la parte più sexy del corpo umano”.
Emblema di questa sua concezione sono le sculture in silicone della serie Thinking models, che riportano fedelmente l’intreccio di vene e arterie, le curve e le cavità che danno forma alla mente. Insetti di specie diverse indugiano sulla superficie cerebrale, insieme ad alcuni oggetti di uso quotidiano che conferiscono alle sculture un’importante carica simbolica: un bruco nella mela simbolo del peccato originale (Brain of the atheist); un paio di forbici, oggetto di superstizioni e credenze religiose (Brain with Star); una nocciolina emblema del piacere (The sweet and satisfied brain of the lab-monkey).
The brain of my mother and my father è il toccante ritratto “cerebrale” dei genitori dell’artista, caratterizzato da forti contrasti: la madre borghese di lingua francese e il padre comunista fiammingo.



Diversa dalle altre è la scultura Brain Legs (gambe di cervello), che rappresenta la memoria dei piedi e rimanda alla concezione del teatro di Fabre, la cui tecnica sfrutta la ripetizione dei movimenti corporei, che iniziano proprio dai piedi e da cui nascono e si sviluppano il pensiero, la memoria e la percezione.

Nei disegni, invece, Fabre usa la carta fotografica e aggiunge, al segno deciso, frammenti di frasi, alcune descrittive, altre evocative o ironiche.
Ad arricchire la mostra, il video Do we feel with our brain and think with our heart?, un film-performance del 2013 nel quale Jan Fabre dialoga e si confronta con Giacomo Rizzolatti, il neuroscienzato scopritore dell’esistenza dei neuroni a specchio, che vengono attivati nel cervello sia quando un individuo compie un’azione, sia quando lo stesso individuo osserva quell’azione compiuta da un altro soggetto. Sono insomma, i neuroni responsabili dell’empatia.
Quando si può parlare di empatia? […]
[…] In altre parole: la tua emozione diventa la mia emozione.
Non si tratta della mia interpretazione cognitiva di ciò che tu stai facendo.
Questo è ciò che accade esattamente nel mio cervello:
so che tu sei in cattive condizioni
e dunque sto male anch’io;
questa è l’empatia per me.
La conversazione si svolge in un’ambientazione surreale: i protagonisti, seduti su sgabelli girevoli, hanno sulla testa gli elettrodi utilizzati negli esperimenti sui primati e le cuffie precablate usate sull’uomo. L’artista crea delle magnifiche associazioni tra i simboli della sua arte e gli oggetti utilizzati da Rizzolatti negli esperimenti, in un dialogo ontologico-estetico che spazia dalla fisica all’arte, in un’atmosfera giocosa ed ironica.
L’eclettico artista belga, tra le figure più articolate e affascinanti della ricerca artistica contemporanea: scultore, regista, performer, drammaturgo, approda a Napoli con il primo di quattro progetti che lo vedranno protagonista di alcuni dei principali centri culturali del capoluogo campano: dalla galleria Trisorio al teatro Politeama, passando per il Museo Madre e il Museo di Capodimonte.
La mostra sarà visitabile fino al 28 ottobre 2017.
Da giovedì 29 giugno, alle 18, sul terrazzo del Madre sarà visibile l’opera iconica dell’artista belga L’uomo che misura le nuvole (versione americana, 18 anni in più)”, 1998-2016, nell’ambito del progetto Per_formare una collezione, formazione in progress della collezione del museo campano di arte contemporanea.
L’opera, che resterà fino al 19 dicembre, è un inno alla capacità di continuare a sognare, di trascendere il tempo e lo spazio attraverso l’immaginazione. Ispirata dall’affermazione che l’ornitologo Robert Stroud pronunciò nel momento della liberazione dalla prigione di Alcatraz, quando dichiarò, appunto, che si sarebbe d’ora in poi dedicato a “misurare le nuvole”. Ma è anche un omaggio al fratello minore dell’artista, sognatore deceduto prematuramente.
Sabato 1 luglio, alle 11, al Museo e Real Bosco di Capodimonte, la mostra Jan Fabre. Naturalia e Mirabilia nell’ambito del ciclo Incontri sensibili, a cura di Sylvain Bellenger e Laura Trisorio: l’artista presenterà due opere (Spanish Sword- Knight of modesty e Railway Tracks to Death) realizzate interamente con gusci di scarabei, ricorrenti della sua ricerca, ambientati in una Wunderkammer in dialogo con alcune rarità, tra naturalia (madrepore, rami di corallo, uova di struzzo, rostri di pesce sega, uova di struzzo) e mirabilia (oggetti d’arte realizzati in cristallo di rocca, bronzo, avorio, ambra, noci di cocco, corno di rinoceronte, corno di cervo, nonché manufatti provenienti da terre di esplorazione).
Nella stessa giornata, ma alle 20,30 e ancora domenica 2 luglio alle 19, Fabre presenterà in anteprima mondiale la sua nuova produzione Belgian Rules/Belgium Rules al Politeama di Napoli, nell’ambito del Napoli Teatro Festival.
Angelica Falcone
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