Nel guscio di Ian McEwan regia di Cristina Crippa e con Marco Bonadei

Marco Bonadei in Nel guscio di Ian McEwan

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Che cosa prova un feto sapiente quasi completamente formato quando il pene dell'amante della propria madre si trova vicinissimo al proprio cranio molle?

Il feto narrante, protagonista della storia originale, bizzarra e surrealista Nel guscio, tratto dall' omonima opera dello scrittore britannico Ian McEwan, ci racconta un mondo terrorizzante visto attraverso lo sguardo impotente di un feto quasi maturo e pronto alla nascita.
L'intelligente ed esperta regista Cristina Crippa dirige Marco Bonadei (il feto) che, nonostante nella realtà sia un omone alto e piazzato, del feto ha la fortuna di possedere le caratteristiche del viso: fronte alta, grandi occhioni azzurri. È un essere quasi pronto per scatenare nella madre la tempesta di ossitocina e dopamina al primo sguardo, confidando che in quell'attimo appena dopo la nascita si creerà un legame invincibile tra lui e la madre.

Marco Bonadei in Nel guscio di Ian McEwan
Marco Bonadei in Nel guscio di Ian McEwan. Foto Marcella Foccardi

Eppure il nostro protagonista, inquietante nella sua capacità di cogliere il significato delle umane relazioni e meschinità, si trova a vivere un dramma familiare che coinvolge tutto il suo mondo fuori e che ha come come protagonisti i genitori e lo zio.
La tragedia shakespeariana di Amleto alla quale la storia di Ian McEwan si ispira vede una relazione adultera tra la madre del feto Trudi e il fratello del padre, lo zio Claude.

Il feto rannicchiato nella placenta ascolta le voci degli abitanti del mondo esterno, gioisce eccitato all'avvicinarsi dei passi del padre e per quanto inorridito dalle azioni della madre non riesce a non amarla, a non godere con lei quando si concede un bicchiere di buon vino.
Il padre è l'uomo dall'animo candido verso il quale il feto prova un'istintiva tenerezza, egli è amante della poesia, editore squattrinato di scrittori emergenti, un idealista, un uomo che adora la madre, una donna superficiale e narcisista, al punto di accettare di lasciare la casa di sua proprietà dove hanno vissuto insieme al fine di dare spazio alla donna che dice di sentirsi oppressa mentre in realtà vuole solo avere campo libero per frequentare l'amante Claude.
La madre del petulante e spaventato feto/Amleto vive un rapporto sensuale e superficiale con lo zio gretto e spaccone, i due amanti decideranno per interessi economici di far fuori il padre in una maniera atroce. Il feto ascolta con orrore dal suo rifugio uterino il progetto degli amanti assassini che concordano anche cosa faranno del piccolo una volta venuto al mondo: verrà “sistemato” in qualche modo. Il mondo del nascituro si disintegra prima della nascita sotto i più foschi presagi.

Una scenografia davvero indovinata quella realizzata da Roberta Monopoli, una placenta

Marco Bonadei in Nel guscio di Ian McEwan
Marco Bonadei in Nel guscio di Ian McEwan. Foto Marcella Foccardi

mobile, sospesa in una cavità uterina dalle pareti soffici e disomogenee che tanto mi ha ricordato la pancia della balena del Pinocchio del film di Comencini, luogo di terrore tanto quanto rifugio. Le luci e le ombre di Michele Ceglia calde ed ovattate, molto aderenti a quello che nella realtà di una fine gestazione deve percepire un nascituro; una luminosità esterna iridescente che si intravede attraverso la tesissima pelle addominale materna. Sono le voci registrate che irrompono nel mondo del feto i coprotagonisti della storia che accendono l'immaginazione dello spettatore e materializzano sul palco i personaggi (Ferdinando Bruni, Elio De Capitani, Cristina Crippa, Elena Russo Arman, Alice Rendini, Enzo Curcurù, Vincenzo Zampa) e così il feto Marco Bonadei assiste al trasformarsi della sua “normale” famiglia tossica in una associazione criminale che mira all'omicidio e alla sua orfanitudine precoce.

Un Bonadei che ho davvero ammirato nelle sue capacità recitative in posizioni scomode, spesso ho avuto modo di vedere pièce con attori  completamente nudi sul palco anche in inverno, ma Bonadei dimostra capacità da atleta nel gestire la sua interpretazione in una posizione che lo vede per lunghi intervalli all'interno di in un sacco appeso, recitare in posizione fetale o talvolta a testa in giù spesso completamente nudo, finché una voce esterna informa gli spettatori che per salvaguardare la salute fisica e mentale dell'attore Bonadei gli verrà concesso di recitare poggiando i piedi per terra, ma ovviamente continuerà a ballonzolare e rimbalzare, siamo pur sempre all'interno di un utero!

Una pièce teatrale davvero interessante e ben fatta che, per quanto di impronta shakespeariana, non fa mancare i momenti tragicomici come quando il feto disperato tenta di suicidarsi strangolandosi con il cordone ombelicale di fronte ad un tragico destino all'apparenza ineluttabile, ma poi cambierà idea ed il finale della vicenda lo vedrà finalmente attore degli eventi e non solo testimone. Un testo ricco di riflessioni quello di Ian Mcewan che ha ispirato lo spettacolo sul senso della nascita, della vita e sul caos come unico elemento che abbiamo la certezza di incontrare venendo al mondo

Gemendo siamo venuti al mondo. Quando si nasce si piange perché ci si ritrova in questo palcoscenico di matti ()
Adelaide Cacace

Teatro Elfo Puccini – Milano
fino al 22 dicembre 2022
Nel guscio
di Ian McEwan
regia Cristina Crippa
con Marco Bonadei
scene e costumi Roberta Monopoli, luci Michele Ceglia, suono Luca De Marinis
voci registrate di: Ferdinando Bruni, Elio De Capitani, Cristina Crippa, Enzo Curcurù, Alice Redini, Elena Russo Arman, Vincenzo Zampa
produzione Teatro dell'Elfo
in accordo con Arcadia & Ricono Ltd – per gentile concessione di The Agency (London) Ltd

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