
Il silenzio è fuori moda. Non ricordo specificatamente chi lo ha affermato ma non è molto rilevante. Lo è invece il fatto che la frase mi sia tornata in mente alla notizia del premio Nobel 2014, assegnato allo scrittore francese Patrick Modiano.
Ad oltre 20 anni di distanza ho ripercorso gli unici due romanzi che avevo letto di lui: “Voyage de Noces” nel 1990 e “Un Cirque Passe” nel 1992, entrambi pubblicati da Gallimard. E la frase ha trovato un suo senso, perché, contrariamente alla sopracitata moda moderna, la scrittura di Modiano è il risultato di ciò che il silenzio è in grado di generare: memoria, ricordo, pensiero, meditazione.
In un'intervista di molti anni fa l'autore affermava di aver scritto tutti i suoi romanzi con la sensazione di completare sempre lo stesso libro, in un'ideale prosecuzione di una unica seppur discontinua riflessione. Discontinua forse, ma senz'altro coerente. Ma è grazie all'archivio esemplare di YouTube che ho potuto vedere la puntata dedicata allo scrittore “nobelizzato” trasmessa nel 1996 da France 3¹ nel corso della quale si leggevano brani di buona parte della sua produzione letteraria. E sebbene abbia letto due soli romanzi come dicevo, le mie annotazioni a margine hanno trovato verifica.
Ciò che mi aveva colpito profondamente era l'elevazione della memoria a costituzione primaria dell'intelligenza, a sua volta intesa come coesione armonica di tutti e cinque i sensi, nella loro accezione sia terrena sia ultraterrena. Una memoria che non è necessariamente, o comunque non solo, autobiografica ma soprattutto umana, attraverso la quale ognuno può sentirsi partecipe e non in virtù del vissuto descritto ma semplicemente per un suo senso di assoluto che può appartenere a chiunque lo ascolti. Pagina dopo pagina Modiano sviluppa le sue storie attraverso descrizioni accurate di luoghi, strade, incontri, immergendo il lettore nella tenerezza malinconica della ricordo, senza alcun desiderio di indagine su motivazioni o intenzioni. Ricordo vissuto o immaginato che l'autore rende personale ed intimo e ciononostante universale, perché non lo rinchiude mai nell'immobilità di una precisazione per farne metafora esistenziale. Solo storia, descrizione degli eventi in cui si amalgamano costanti autobiografiche che, riconoscibili o meno dal lettore rafforzano la potenza della rievocazione.
Leggo la motivazione del Nobel: “per l'arte della memoria con la quale ha evocato i destini più inafferrabili e rivelato il mondo sotto l'Occupazione nazista” e penso a quanto fondamentale sia, ancor prima dell'evocazione storica, l'importanza della memoria in sé, senza accezioni mitologiche o leggendarie, ma semplicemente in quanto geografia umana ad uso e consumo di chi vuole guardare e non solo vedere.
V. Ch.
NOTE:
1 “Un siècle d'écrivains”, 257 documentari sugli scrittori del XX secolo, introdotti dal giornalista francese Bernard Rapp e trasmessi sul canale nazionale francese France 3 tra il 1995 e il 2001.
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