
L’articolo Are we medicalizing women’s misery? [9] della professoressa Jane M. Ussher è un approfondito resoconto che mostra come le donne siano statisticamente più soggette a cadere in stati depressivi.
In questo articolo Ussher muove una critica vigorosa all’interpretazione biomedica, molto in voga nel secolo passato e per certi versi anche odierna, che vuole giustificare la maggior incidenza del fenomeno depressivo nel genere femminile come a naturally occurring pathology [10] a causa della sua conformazione biologica.
L’argomentazione dell’interpretazione biomedica individua come causa maggiore di questa incidenza sulle donne gli alti livelli di estrogeni in quelle fasce d’età in cui si rilevano maggiormente i sintomi depressivi.
A tal proposito Ussher afferma:
Da un punto di vista biomedico, la spiegazione principale, avanzata dai rapporti sui tassi più elevati di depressione nelle donne, riguarda gli ormoni riproduttivi; in particolare gli estrogeni (Seaman, 1997) legati al ciclo premestruale, fasi postnatali e menopausali del ciclo di vita riproduttivo (Studd, 1997). Si ritiene che la giustificazione per l’approccio “ormoni furiosi” si trovi nella relazione che riguarda la maggiore propensione delle donne a denunciare la depressione che emerge durante la pubertà (Angold et al., 1998; peterson et al., 1991), e non è più presente dopo la menopausa. [11]
E ancora Ussher sostiene che il legame che si propone tra la concentrazione ormonale in una determinata circostanza con lo sfociare della depressione sia molto debole. È stato riscontrato come ad esempio dalle crisi premestruali alle depressioni post-parto le effettive cause dell’insorgere della depressione siano gli eventi sociali che comportano una situazione di stress.
Ussher riporta la critica femminista al tipo di narrazione biomedica per cui, se si accetta questo tipo di legame tra la costituzione biologica femminile e la naturale tendenza ad uno stato mentale alterato, ne risulta implicitamente che l’essere donna equivale ad essere un individuo potenzialmente disfunzionale, caratterizzazione che si ripercuote nel suo ruolo all’interno della società.
È possibile accomunare l’interpretazione biomedica della depressione al modo in cui spesso vengono affrontate le patologie mentali, ovvero ponendo il problema sempre all’interno dell’individuo o trattando con superficialità il suo rapporto con il mondo esterno.
Detto ciò, resta il fatto che le donne siano una delle fasce sociali più colpite da eventi depressivi: Ussher, tralasciando la spiegazione biomedica, avanza l’ipotesi che indica nel contesto sociale la causa maggiore nell’insorgenza depressiva.
Dagli studi riportati dalla Isher[12] emerge come la depressione sia più diffusa in specifici contesti di difficoltà sociale. Situazioni ricorrenti come quelle dovute, ad esempio, da un basso reddito, per cui le donne non riescono ad essere economicamente indipendenti, imposizione di partner sessuali, divieto di aborto, assenza di parità di diritti, sono stati indicate come i fattori scatenanti che precedono tale insorgenza.
A queste cause si aggiungono altre situazioni che favoriscono l’insorgenza del malessere; indifferentemente dal contesto economico, riguardano i rapporti più strettamente interpersonali della donna. Discriminazioni quali sessismo, gap di genere, molestie e violenze sessuali concorrono ampiamente a ricollocare la donna in uno stato di inferiorità sociale.
Sempre la Ussher scrive:
Anche la discriminazione operante a livello individuale è considerata essenziale d’influenza nella depressione delle donne. I ricercatori riferiscono che le donne che sperimentano frequenti atti di sessismo o che percepiscono se stessi come oggetto di discriminazione , segnalano livelli più elevati di depressione rispetto a coloro che sperimentano poco sessismo o bassi livelli di discriminazione. [13]
Anche là dove la struttura sociale impone un rigoroso comportamento definito dal genere, il non voler adattarsi ad un ruolo preassegnato provoca un cambiamento delle dinamiche sociali, dando così l’avvio a processi di discriminazione e allontanamento dalla società [14] . Il ruolo di genere inizia ad essere imposto verso la fine della pubertà ed è una delle tante cause dei disturbi depressivi che affligge un’altra grossa fetta della società, gli adolescenti.
Infatti la fascia della popolazione che va dai quattordici ai vent’anni è risultata essere la più colpita da svariati disturbi mentali, tra cui anche la depressione.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha stimato che nel mondo almeno il 20% degli individui in quella fascia soffre di disturbi mentali [15] e che la maggior parte di loro non riceve cure adeguate.
Queste stime si accompagnano ai dati che indicano nel suicidio una delle tre cause principali di morte negli adolescenti (in media sempre dopo gli incidenti stradali) [16].
Facendo un focus del nostro paese i dati dell’OMS riportano il suicidio nel 2019 come seconda causa di morte negli adolescenti (fascia 14-19) con 1,8 morti per 100.000 abitanti [17] stimando così più di 1000 suicidi l’anno.
Lo studio PriSMA (Progetto Italiano Salute Mentale Adolescenti) [18] effettuato nel 2007 su un campione di 3418 giovani che vivevano in un contesto urbano, ha evidenziato come in un individuo su dieci si riscontrassero sintomi assimilabili a disturbi emotivi quali ansia, depressione e attacchi di panico.
I vari studi citati concordano anch’essi nel riconoscere all’ambiente sociale un ruolo predominante all’insorgere di patologie di disturbi mentali a scapito di tendenze individuali alla malattia.
Una crisi sociale.
Gli studi e gli articoli riportati mostrano chiaramente che la depressione (insieme ad altri disturbi emotivi) nasce e si sviluppa principalmente attraverso il contesto sociale.
L’insorgenza così prepotente di questi fenomeni, soprattutto sui più giovani, può quindi essere interpretata come l’effetto di una crisi sociale che ha le sue radici all’interno della nostra contemporaneità.
La nostra contemporaneità è contraddistinta da un avanzamento scientifico e tecnico senza eguali nella storia dell’uomo, il quale ha portato ad una comprensione vastissima di tutti gli enti che compongono l’universo; ciò che si è lasciato indietro, però, è la cura e la comprensione dell’essere umano come essere dotato di ragione, dotato cioè di quella forza che lo sospinge alla ricerca senza fine della verità del mondo.
La tensione alla ricerca dell’unità che ne scaturisce è dipendente dai sentimenti da cui prende forza e indirizzo. Un’educazione ai sentimenti, ma più in generale all’emotività, risulta fondamentale per la formazione di un essere umano completo capace di sviluppare pensiero critico.
Ciò che stiamo vivendo oggi è una crisi sociale che poggia su di un dilagante analfabetismo emotivo per il quale si è impossibilitati a riconoscere, comprendere e inquadrare nel contesto le emozioni. Ciò porta l’individuo a muoversi tra attività o passività di fronte a situazioni particolari o perpetrare comportamenti e azioni che possono risultare estreme senza che questi ne colga la gravità . Come descrive Umberto Galimberti:
Quel che si può avvertire in questo in periodo caratterizzato da sovrabbondanza di stimoli e carenza di comunicazione sono i primi segnali di quell’indifferenza emotiva oggi sempre più diffusa per la quale non si ha risonanza emozionale di fronte ai fatti a cui si assiste o ai gesti che si compiono. E tutto ciò perché? Manca un’educazione emotiva [19].
L’educazione emotiva dovrebbe essere parte integrante del percorso di crescita di ogni individuo ma le istituzioni che dovrebbero aiutare il suo percorso di crescita, principalmente famiglia e scuola, troppo spesso tralasciano questa componente per mancanza di tempo e risorse.
D’altra parte è d’obbligo sottolineare come una corretta educazione emotiva favorisca dei processi relazionali più sani che risultano fondamentali per poter intercettare e prevenire l’insorgenza di disturbi. All’interno dei rapporti intercorre una comunicazione interpersonale in cui l’emotività può venire espressa a patto che prima venga ben riconosciuta. Un gruppo di ragazzi che di notte dà alle fiamme un cassonetto per “noia” non sa, o non si rende conto, che quel gesto comunica rabbia, frustrazione, ricerca di affetto e molte altre sfumature che testimoniano un disagio. Il ragazzo non dice “sono arrabbiato” oppure “sto male per” ma sarà incline ad utilizzare una comunicazione fatta di gesti e azioni, verso se stesso o gli altri, proprio perché non sa ben interpretare ciò che ha dentro; egli è succube di un analfabetismo emotivo ed ecco che allora, quando vive un disagio, disturba in classe, dà alle fiamme un cassonetto, spacca una vetrina e nei casi peggiori arriva a compiere azioni dal finale tragico 20. In queste situazioni è chiaro che chi doveva occuparsi della crescita di questi soggetti ha fallito in due punti, in primo luogo non riuscendo a fornirgli una giusta chiave di interpretazione per i loro sentimenti e in secondo non essendosi accorti del disagio che essi stavano vivendo.
Ma tutto ciò se si vuole può essere inserito all’interno di una tendenza della società contemporanea ben più grande.
Prendendo in analisi le osservazioni che Gunther Anders fa all’interno del suo libro “L’uomo è antiquato” [21] è possibile tracciare un collegamento con ciò che è stato scritto finora.
Nucleo della trattazione di Anders è il rapporto che sussiste tra le macchine e l’uomo e come questo rapporto si sia in un certo capovolto; non sono più le macchine a servizio dell’uomo ma per alcuni versi è l’uomo che è diventato al servizio delle macchine [22].
Tuttavia non si vuole fare un’introduzione alla filosofia di Anders ma utilizzare alcune sue conclusioni per definire meglio i nostri concetti.
Ciò che quindi l’uomo prova di fronte alle macchine è un tipo particolare di vergogna che Anders chiama “vergogna prometeica” [23] che si basa sulla constatazione che l’uomo, con il suo corpo e i suoi difetti, è estremamente inferiore alle macchine da qualsivoglia punto di vista e continua la trattazione ammettendo come proprio in base a questa superiorità l’uomo venera la macchina aspirando ad essere sempre più come lei. Un uomo dunque senza l’incombenza della vecchiaia o della malattia in completa e infinita efficienza; un uomo ingranaggio che funziona in maniera continua e si incastra perfettamente all’interno del mondo sociale anch’esso fatto di ingranaggi in cui i sentimenti non trovano posto perché troppo umani.
Se si riportano queste considerazioni alla nostra contemporaneità si vede come un mondo siffatto è già presente; le precarie condizioni lavorative, le politiche delle grandi grandi multinazionali, l’educazione settoriale nella scuola, l’imposizione veicolata dai mezzi di comunicazione al consumo spropositato contribuiscono a creare una narrazione della realtà consegnata totalmente al presente creando un futuro che appare totalmente svuotato da ogni significato.
È già stato deciso che dobbiamo fare la scelta in qualità di consumatori di trasmissioni radiofoniche o televisive: in qualità dunque di esseri che, invece di avere un’esperienza diretta del mondo, sono condannati a lasciarsi nutrire di fantasmi; e che ormai non desiderano quasi più nient’altro, nemmeno altri generi di libertà di scelta e che forse non sono nemmeno più in grado di immaginarsi degli altri. [24]
Queste parole scritte nel 1953 ci fanno percepire come già allora era presente la consapevolezza che un presente privo della libertà di scelta producesse un futuro svuotato da ogni significato dando così l’avvio a quei processi che conducono ad una condizione di annichilimento soggettivo e sociale.
Questo lavoro ha cercato di mostrare quindi come le robuste influenze del contesto sociale con le sue pressanti meccaniche contribuiscono fortemente e possono essere elevate a una concausa prima nell’emersione di forme di disagi psico-emotivi. I soggetti più fragili della nostra società sono infine i più esposti all’insorgere di disturbi legati alle psiche come già descritto, ma non soltanto in virtù della loro fragilità ma anche soprattutto per il disinteresse nei loro confronti da parte della società.
Francesco Falcone
Non agire nella depressione: rapporti e conseguenze. Parte 1
9. Jane M. Ussher, Are We Medicalizing Women’s Misery? A Critical Review of Women’s Higher Rates of Reported Depression, Feminism & Psychology, 2010 SAGE, ( http://fap.sagepub.com, Vol. 20(1): 9–35; 0959-3535
10. Jane M. Ussher, Are We Medicalizing Women’s Misery? A Critical Review of Women’s Higher Rates of Reported Depression cfr pg.9.
11. ivi cfr. op cit. pg. 12.
12. ivi cfr. op cit. pg.17.
13. ibidem.
14. Per avere un’idea di questa differenziazione di ruoli si richiami quello che succede all’interno di alcuni indirizzi degli istituti professionali in cui si possono trovare intere sezioni maschili (per esempio meccanica) mentre altri completamente femminili (moda).
15. Adolescent mental health, World Health Organization, https://www.who.int/news-room/fact-sheets/detail/adolescent-mental-health, ultima modifica 28 September 2020
16. idem
17. Cause-specific mortality,World Health Organization, 2000–2019 https://www.who.int/data/gho/data/themes/mortality-and-global-health-estimates/ghe-leading-causes-of-death .
18. Frigerio A, Rucci P, Goodman R, Ammaniti M, Carlet O, Cavolina P, De Girolamo G, Lenti C, Lucarelli L, Mani E, Martinuzzi A, Micali N, Milone A, Morosini P, Muratori F, Nardocci F, Pastore V, Polidori G, Tullini A, Vanzin L, Villa L, Walder M, Zuddas A, Molteni M. Prevalence and correlates of mental disorders among adolescents in Italy: the PrISMA study. Eur Child Adolesc Psychiatry. 2009 Apr;18(4):217-26. doi: 10.1007/s00787-008-0720-x. Epub 2009 Jan 22. PMID: 19165539.
19. Umberto Galimberti, L’ospite inquietante-il nichilismo e i giovani, Milano, Feltrinelli, 2017, op cit pg 38.
20. All’estremo opposto ci sono quei ragazzi che si isolano completamente dalla società.
21. Gunther Anders, L’uomo è antiquato, Torino, Bollati Boringhieri 2007.
22. Caratteristica di Anders era quella di portare alcuni argomenti all’estremo per mostrarne l’efficacia.
23. Gunther Anders, L’uomo è antiquato, cfr. pg. 34.
24. ivi. op cit. pag 12.
BIBLIOGRAFIA
Gunther Anders, L’uomo è antiquato, Torino, Bollati Boringhieri 2007
Umberto Galimberti, L’ospite inquietante-il nichilismo e i giovani, Milano, Feltrinelli, 2017
Friedrich Nietzsche, Crepuscolo degli idoli ovvero come si filosofa col martello in Opere filosofiche a cura di Sossio Giametta, Torino,Utet 2003.
Jane M. Ussher, Are We Medicalizing Women’s Misery? A Critical Review of Women’s Higher Rates of Reported Depression, Feminism & Psychology, 2010 SAGE, http://fap.sagepub.com, Vol. 20.
Global, regional, and national incidence, prevalence, and years lived with disability for 354 diseases and injuries for 195 countries and territories, 1990–2017: a systematic analysis for the Global Burden of Disease Study 2017, The Lancet, GLOBAL HEALTH METRICS, volume 392.
Frigerio A, Rucci P, Goodman R, Ammaniti M, Carlet O, Cavolina P, De Girolamo G, Lenti C, Lucarelli L, Mani E, Martinuzzi A, Micali N, Milone A, Morosini P, Muratori F, Nardocci F, Pastore V, Polidori G, Tullini A, Vanzin L, Villa L, Walder M, Zuddas A, Molteni M. Prevalence and correlates of mental disorders among adolescents in Italy: the PrISMA study. Eur Child Adolesc Psychiatry. 2009 Apr;18(4):217-26. doi: 10.1007/s00787-008-0720-x. Epub 2009 Jan 22. PMID: 19165539.
SITOGRAFIA
Disturbi depressivi Di William Coryell , MD, Carver College of Medicine at University of Iowa https://www.msdmanuals.com/it-it/professionale/disturbi-psichiatrici/disturbi-dell-umore/disturbi-depressivi ,Ultima modifica dei contenuti mar 2020.
DEPRESSION, World Health Organization, www.who.int/news-room/fact-sheets/detail/depression, ultima modifica 30\01\2020.
Adolescent mental health, World Health Organization, https://www.who.int/news-room/fact-sheets/detail/adolescent-mental-health, ultima modifica 28 September 2020.
Cause-specific mortality,World Health Organization, 2000–2019https://www.who.int/data/gho/data/themes/mortality-and-global-health-estimates/ghe-leading-causes-of-death ultima modifica 8\06\2021.
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