
Ieri, quasi per caso, mi sono trovata ad essere spettatrice e partecipe di una esilarante commedia, all'insegna della migliore tradizione napoletana, dal titolo ‘Non si muore più come una volta'. Se il titolo potrebbe lasciare perplessi, dato anche il momento storico, già dalle prime battute la perplessità svanisce. I tre soci dell'agenzia di pompe funebri, dall'improbabile nome “Agenzia della felicità”, guidano lo spettatore in un viaggio di circa 90 minuti allegro e spensierato, tra risate e riflessioni profonde, ma all'insegna della leggerezza, come detta la buona commedia napoletana.
L'agenzia versa in cattive acque, a causa dell'infelice nome, stando al parere di due dei tre soci, i coniugi Franco (Rino Santoro) e Regina (Wanda Pirol). Di parere diverso è invece il terzo socio, l'ex-infermiere Fausto (omen nomen!), non per nulla soprannominato ‘il necroforo più veloce del sud', che all'agenzia ha dato il nome. Secondo Fausto il problema è un altro: non si muore più come una volta! Il tema della morte è guardato dal punto di vista, anche cinico, di chi lavora nel settore: in fondo è un business come un altro, così come pure il lavoro del necroforo. La leggera e l'ironica delicatezza con cui vengono portati in scena alcuni argomenti tabù del parlare quotidiano, il lavoro del necroforo, la gestione di un'agenzia di pompe funebri e, soprattutto, la morte in sé stessa, accresce il fascino di questa rappresentazione.
Il giovane e brillante Fausto lancia un'altra idea geniale: teatralizzare il funerale. In fondo, cosa c'è di più originale e dissacrante che volgere un evento tragico in uno spettacolo che consoli e allevi il dolore di chi ne è spettatore? Ed è a questo punto che il ‘teatro' e la realtà si intrecciano indissolubilmente: due dei tre soci (Regina e Fausto) avrebbero voluto fare gli attori e questo è il momento del loro riscatto. Le riflessioni sul teatro, sugli attori, sui luoghi comuni che circondano questo mondo (le attrici sono ‘donne leggere', gli attori dei ‘falliti'), forse affondando in episodi autobiografici, trasportano lo spettatore in una dimensione pirandelliana dove nessuno è ciò che appare. La vita reale, i doveri familiari e sociali, i doveri dettati dall'apparire all'esterno hanno soffocato i sogni e le aspirazioni dei protagonisti. Ma ecco che questi ultimi si riprendono la scena, sopraffacendo i personaggi in un momento di riflessione che, inaspettatamente, porta a tirare le somme sulla vita fino ad allora vissuta. I protagonisti sono avvolti da una forza superiore che li spinge a fare i conti con loro stessi, a dichiarare le loro passioni e aspirazioni. E allora, perché no? Perché un necroforo non può trasformarsi in attore svolgendo la sua professione, se ciò è quello che ha sempre desiderato e, nel contempo, rendendo un servizio sociale con l'alleviare il dolore di chi è colpito da un lutto?
L'idea è originale e apparentemente astrusa ma, ricordiamo, nell'antica Grecia i funerali nelle famiglie più abbienti erano accompagnati da musiche e danze, nonché da giochi funebri. Andando ancora più indietro nel tempo, tra gli Ittiti (II millennio a.C.) il lungo rito funebre per il re defunto prevedeva spettacoli di intrattenimento di vario genere. La tragedia che assurge a rappresentazione di sé stessa, il theatron come spazio ideale e reale che allevia il pathos proprio rappresentandolo.
L'intreccio di riflessioni personali, sulla vita dell'attore, sul teatro e la sua funzione sociale, e la dimensione scenica sono, a mio avviso, le parti più sentite, e perciò più vibranti, della rappresentazione.
L'idea di base è bella ed originale, in accordo e, nel contempo, in intelligente contrapposizione a ciò che l'attualità ci offre bravi gli attori, la regia, la realizzazione scenica e bello il teatro: un gioiellino nascosto nei pressi di Piazza Bologna!
Resto in attesa della prossima rappresentazione per rivivere la magia della buona commedia napoletana!
Rita Francia
Teatro delle Muse – Roma
fino al 29 Novembre
Non si muore più come una volta
scritta e diretta da Geppi Di Stasio
con Wanda Pirol, Rino Santoro, Geppi Di Stasio –
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