
Rock in Roma è una rassegna musicale che ogni estate, per circa un mese, a partire da fine giugno fino a luglio inoltrato, si svolge alle porte della capitale, per l’esattezza all’Ippodromo delle Capannelle.
Qui ogni sera (o quasi) si esibiscono artisti o gruppi di gran successo, sia nazionali che internazionali. Quest’anno il festival si è aperto il 18 giugno con il rock moderno, progressivo e discutibile dei 30 Seconds to Mars e si chiuderà il 29 luglio con l’attesa esibizione del reduce Guns’n Roses, Slash, con la sua chitarra graffiante e sensuale, seppur quarantacinquenne.
L’ultimo giorno di giugno il palco delle Capannelle ospita uno dei gruppi più assidui frequentatori della rassegna, negli ultimi 4 anni si sono esibiti almeno 3 volte, ma continuano ad attirare pubblico, sia tra le più giovani generazioni, che tra chi li ha visti nascere, l’entusiasmo di vedere questa band torinese dal vivo, travolge un po’ tutti.
Sono i Subsonica: 6 album all’attivo, 6 rispettivi tour alle spalle, 400 mila copie vendute e anche un undicesimo piazzamento al festival di Sanremo nel lontano 2000. Il loro alternative rock/new wave contaminato da vigorose sfumature elettroniche seduce più di 10 mila persone, pronte a lasciarsi andare a sound a volte frenetici a volte cadenzati, a coloriture musicali dance, a campionamenti e a parole e contenuti quasi ascetici e contemplativi.
Era il 24 giugno 2003 e sullo stesso palco, i 5 ragazzi di Torino proponevano il Controllo del livello di rombo tour, dall’omonimo album…ed io c’ero! Tutti eravamo un po’ più giovani, una manciata di anni in meno, ma la differenza con oggi non si nota. Stesso entusiasmo, stessa allegria e stessa “fede”, malgrado in 8 anni tante cose siano cambiate: tra il pubblico di oggi ci sono anche le facce del pubblico di allora, le riconosci perché i trentenni che lì sotto si scatenano alla musica di Colpo di pistola o Tutti i miei sbagli, non sono le nuove leve, ma gli affezionati che malgrado il passaggio da un’etichetta indipendente come la Mescal a una nuova etichetta musicale come la EMI, che ha reso i Subsonica più commerciali e ricchi, si sentono di dare ancora fiducia a quella band che è stata la colonna sonora dei loro 20 anni.
Il concerto inizia alle 22 e termina alle 24. Sono due ore di eccellente musica, con un’ottima acustica, con suoni puliti e nitidi, in grado di raggiungere chiaramente anche le orecchie di chi come me, non si è piazzato proprio sotto il palco.
La scenografia è scarna ed essenziale, con raggi e fiori di luce colorati dal bianco, al giallo, al rosso, loro sono lì che si muovono sul palco, a volte liberamente a volte coreograficamente, in camicia rossa e cravatta nera per la prima parte del concerto, e in camicia nera e cravatta rossa per la seconda parte. Il pezzo di apertura è Giorni a perdere, da Terrestre il quarto album pubblicato nel 2005, senso di indifferenza e inquietudine espresse in musica e parole, anche L’errore, del 2003, approfondisce lo stesso tema amaro di solitudine e perdizione, ma i ritmi sono esaltanti e il pubblico comincia la sua danza, scatenandosi tra saltelli, mani alzate e “pogamenti”. Ci si spinge un po’, ci si salta addosso, ci si tocca, ci si colpisce, ma senza nessuna intenzione di far male e nel caso qualcuno prendesse una botta più forte, è l’occasione giusta per abbracciarsi e continuare a cantare stretti l’un l’altro anche senza essersi mai conosciuti prima.
Anche i Subsonica cantano l’amore, ma ovviamente lo fanno senza retorica e patetismi, esaltandone i sensi ed i tormenti, attraverso L’odore dove Samuel (vocalist del gruppo) si sente “ostaggio di un amore che esplode fragile di istinto e sudore”. Eden è “un rifugio alla fine di tutto” ed è il pezzo che dà il titolo all’ultimo album, che durante la serata sarà proposto quasi nella sua completezza attraverso Istrice, Il diluvio, Sul sole, Serpente, La funzione e Benzina ogoshi che è un contrattacco a una parte del pubblico dei Subsonica che li accusa di essersi resi troppo commerciali con il passare degli anni, perciò il pezzo diventa un elenco di stati di inadeguatezza, scritti sotto suggerimento del pubblico stesso, fino al ritornello accusatorio “non siete riusciti a bissare microchip emozionale (…bastardi)”. Ma ad un tratto sul palco le luci diventano tutte bianche, parte la musica e Samuel ci intrappola nell’attesa Discoteca labirinto, “senza luci colorate, grande un centinaio di chilometri dalla quale non si possa uscire!” C’è spazio anche per un momento di denuncia attraverso Piombo pezzo del 2007, che pone l’attenzione su quegli anni così difficili e violenti della nostra società “Quando l’aria è più pesante che mai… e troppi sono i silenzi in quel cemento che già sanguina”. E dopo aver sputato Veleno Samuel & co decidono che è il momento di “dare alla tua strada un nome e L’ultima risposta”.
Ma sono i successi storici dei Subsonica che mandano il pubblico in delirio e perciò tra i desideri “di carne sintetica, nuovi attributi e un microchip emozionale” di Aurora sogna; al linguaggio tutto nuovo ed elettronico di Depre; alle “Strade che si lasciano guidare forte…o che si lasciano dimenticare”; fino alle Nuvole rapide e un attimo che passerà “sugli edifici e sui cieli di noi, sulle stagioni e sui nostri perché”; si arriva “a farti male più di Un colpo di pistola” e per “sentirmi vivo in Tutti i miei sbagli”.
I Subsonica offrono uno spettacolo in cui la musica non è la sola protagonista, ma l’atmosfera che si crea, fatta di sinergie, sensazioni, vigore annulla qualsiasi barriera e crea un legame indissolubile tra artista e pubblico, un pubblico che paga non poche 20 euro per un viaggio quasi mistico, ma che in questo caso sarebbe disposto anche a pagare il doppio, solo per tornare ad avere almeno quell’unica possibilità di gridare finalmente a squarciagola e senza alcuna eventualità di censura…. “Liberi tutti”!
Annalisa Liberatori
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