Occhi tristi ma piedi di speranza. Al via la Coppa d’Africa di calcio

Coppa d'africa 2015

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A cavallo tra gli anni '90 e l'inizio del duemila l'Africa calcistica sembrava essere arrivata seriamente a pochi passi dal raggiungere il livello tecnico, agonistico e tattico di Europa e Sud America. L'ulteriore deterioramento “fisico” e sociale della vita in molti stati africani a causa del dilagare di guerre e malattie o comunque di condizioni disumane di sopravvivenza, hanno invece frenato, se non regredito, questo processo. Si è assistito per contro all'aumento del fenomeno, più o meno deregolamentato, dell'importazione di giovani calciatori in erba, soprattutto verso l'Europa. Se questo molto spesso ha significato la scoperta e l'affermazione dei “singoli” campioni e ha salvato il destino delle rispettive famiglie, altre volte ha condotto soltanto al desolante abbandono della “promessa” non mantenuta.  Insomma in questi anni per le squadre nazionali africane il successo “isolato” di alcuni non ha significato necessariamente quella corrispondenza positiva dal punto di vista strettamente tecnico, che ci si poteva e doveva altresì attendere. Così, a dispetto dell'organizzazione della Coppa del Mondo 2010 in Sud Africa, e nonostante il radicamento e l'affermazione di campioni nelle più importanti squadre di club europee, la stella non si è mai definitivamente accesa, e oggi l'Africa del pallone è ancora un pianeta che brilla di luce “sporadicamente” altrui.

Queste a grandi linee le premesse della trentesima edizione della Coppa d'Africa che sta per prendere il via nella , nazione ospitante subentrata solo da qualche settimana al rinunciatario Marocco, inizialmente designato, ma ritiratosi per il timore della presenza di calciatori infettati dal . La malattia, infatti, si è riproposta in questi ultimi mesi con grande veemenza e, sebbene circoscritta a pochi paesi nella parte occidentale del continente, ha diffuso il panico per la paura di una incontrollata propagazione. Così si è deciso in extremis di spostare la sede nel paese centrafricano che, insieme al Gabon, aveva già ospitato l'edizione del 2012. Il rifiuto ostinato del Marocco, preoccupato soprattutto di non compromettere la sua economia turistica, è stato formalizzato non senza polemiche: aspri scontri tra FIFA, CAF (la federazione continentale) e autorità locali, non solo calcistiche, che hanno comportato l'inevitabile estromissione e squalifica della nazionale maghrebina.
Gli organizzatori così hanno dovuto fare capriole e salti mortali per allestire in pochissimo tempo una programmazione logistica e sportiva all'altezza della situazione. Alla partenza della kermesse, dunque, quattro gruppi da quattro squadre, per un totale di sedici, si giocheranno il trofeo negli stadi non certo avveniristici, e piuttosto risicati, di Malabo (la capitale), Bata, Mongomo e Ebebiyin. Le protagoniste annunciate sembrerebbero le “solite”: Ghana, Costa d'Avorio, Algeria, Camerun, con un occhio alle possibili outsider Tunisia, Senegal e Mali. Ancora indietro invece sembra il Sud Africa, che forse ancora non riesce a riprendersi dopo l'organizzazione e il dispendio di energie del Mondiale.
I grandi campioni presenti porteranno dunque la loro esperienza maturata soprattutto nei campionati del Vecchio Continente, tuttavia questa edizione in particolare sembra, e più di altre volte, doversi disputare per forza e abbastanza distrattamente. Insomma, aldilà dei colpi da fuoriclasse, mai come adesso la Coppa d'Africa ci dà l'impressione di non essere neanche quel contentino esoticamente gioioso e colorato che fu in altri periodi. Tuttavia lo spettacolo deve continuare. Anche a quelle latitudini e nonostante le guerre civili, le pandemie, la fame, il fondamentalismo dilagante. Noi calciofili e ottimisti vogliamo continuare a vederla come una via di fuga dalle desolazioni e un incoraggiante incontro tra popoli.  Ma la sensazione è fortemente e inevitabilmente quella di dover assistere ad una mai così “magra” forma di consolazione agonistica.
Cristiano Roccheggiani

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