
Venerdì 8 giugno, la The Gallery Studio, a Napoli, ha aperto i suoi spazi in occasione della mostra Franco Fontana. Paesaggi a confronto: un omaggio ad uno dei più grandi maestri italiani di fotografia. Quindici opere, tra le più celebri dell’artista, in un incontro/dialogo l’una con l’altra e con lo spettatore.
Fontana, presente all’inaugurazione, ha interagito con i numerosi estimatori accorsi, come si farebbe ad una cena tra amici, raccontando loro il proprio rapporto con la macchina fotografica e spiegando brevemente il titolo della mostra: Paesaggi a confronto perché quelli ritratti sono tanti e differenti; ci sono paesaggi urbani, paesaggi naturali, ombre, persone, dettagli, c’è di tutto. Cerco sempre di cancellare per eleggere, togliere il superfluo per significare i contenuti.
Less is more – dunque -, la filosofia della semplificazione per antonomasia, testimoniata attraverso i suoi migliori scatti. Il comune denominatore di questi paesaggi è la radice da cui provengono: l’occhio di chi ha scelto di ritrarli; ma ognuno di essi non ha nulla a che vedere – in sé – con il suo vicino. La matrice unisce ciò che naturalmente tenderebbe a restare distante: I paesaggi c’erano anche prima che li facessi io e ci saranno sempre, in quel modo lì però non li ha fatti ancora nessuno – afferma il fotografo.

La mostra è la storia di un viaggio lungo 84 anni che l’artista non ha ancora compiuto del tutto, perché come si fa a smettere di fotografare da un giorno all’altro? Come si decide di non voler più guardare, osservare il mondo e se stessi attraverso di esso?
L’esposizione è il racconto di questa storia ancora in fieri, una narrazione a colori, che sono quelli forti, decisi, che Fontana ha sempre prediletto al bianco e nero. Egli sostiene, infatti, che un’ottima fotografia a colori sia molto più difficile da ottenere rispetto ad una in bianco e nero: in quest’ultima è sufficiente un bilanciamento tra toni chiari e toni scuri; mentre nella foto a colori, oltre ai toni è necessario tenere sotto controllo anche l’equilibrio cromatico tra i soggetti che ne fanno parte. Il colore per me rappresenta la vita, il pensiero, il cuore, la gioia. Non è un fatto arbitrario, il bianco e nero è arbitrario come fatto creativo. Noi siamo abituati a vedere a colori. La mia prima testimonianza è stata a colori.
I paesaggi di Franco Fontana sono ormai un suo marchio di fabbrica. Geometrie costruite con la luce, con i colori e senza profondità spaziale. Quasi dei dipinti, tanto da essere conosciuto come il più “pittorico” dei fotografi contemporanei. Uno dei colori che per Fontana è fondamentale fotografare per esercitare la sensibilità pittorica e cromatica è il rosso, che da oggetto deve diventare soggetto dell’immagine. È tutto qui il senso del colore, l’essere indispensabile all’interno di una foto. Basta trovarlo. Le cose del mondo sono lì, tutte a disposizione dell’occhio umano. Bisogna solo avere occhi buoni per guardare.

Le fotografie ci insegnano un nuovo codice e con esso, una nuova etica della visione, alterando ed ampliando i nostri limiti rispetto a ciò che val la pena guardare e che abbiamo il diritto di osservare.
Oggi la fotografia ha instaurato con il mondo un rapporto voyeuristico cronico che livella e talvolta annulla il significato di tutti gli eventi; è diventato uno dei più forti strumenti per provare qualcosa e spesso per ingannare gli altri con labili sembianze di partecipazione. Il bisogno di vedere confermate le nostre esperienze mediante la fotografia è una forma di consumismo estetico che ci coinvolge tutti e che porta con sé sia sentimenti liberatori – l’aspirazione alla bellezza e al suo erotismo, scavare un fine sotto la superficie – sia altri piuttosto insignificanti e anzi, nocivi: avere un’esperienza ormai s’identifica col farne una fotografia; ontologicamente parlando, l’esistenza di qualsiasi cosa – oggi – contiene la sua prova provata solo nella testimonianza del mezzo fotografico.
Tuttavia, l’insegnamento di Fontana ci aiuta ad eludere questo pericolo:
La foto non deve documentare la realtà, ma interpretarla. La realtà ce l’abbiamo tutti intorno, ma è chi fa la foto che decide cosa vuole esprimere. La realtà è un po’ come un blocco di marmo. Ci puoi tirar fuori un posacenere o la Pietà di Michelangelo.
Angelica Falcone
Franco Fontana nasce a Modena il 9 dicembre 1933. sua prima mostra personale è a Modena nel 1968 e data da quell’anno una svolta sostanziale nella sua ricerca. Ha pubblicato oltre settanta libri con diverse edizioni italiane, giapponesi, francesi, tedesche, svizzere, americane e spagnole. Le sue opere sono conservate in oltre cinquanta musei in tutto il mondo, fra i quali: Bibliothèque Nationale e Maison Européenne de la Photographie, Parigi; George Eastman House International Museum of Photography, Rochester; Musée de la Photographie, Arles, Museum of Fine Arts, San Francisco; National Museum, Pechino; Stedelijk Museum, Amsterdam; Metropolitan Museum of Photography, Tokyo; Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea, Torino; Victoria and Albert Museum, Londra. Ha firmato tantissime campagne pubblicitarie, ha collaborato con «Time-Life», «New York Times», «Vogue Usa», «Vogue France», «Il Venerdì di Repubblica», «Sette del Corriere della Sera», «Panorama», «Frankfurter Allgemeine Zeitung», «Epoca», «Class» e molti altri. Ha tenuto workshop e conferenze al Guggenheim Museum di New York, all’Institute of Technology di Tokyo, all’Académie Royale des Beaux Arts di Bruxelles, all’Università di Toronto e poi a Roma, Parigi, Arles, Rockport, Barcellona, Taipei, Politecnico di Torino e all’Università Luiss di Roma. Ha collaborato con il Centre Georges Pompidou, il Ministero della Cultura Giapponese, e il Ministero della Cultura Francese.
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