Palermo e la Sicilia. Appunti per una narrazione con Carlo Verri

Palermo

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È da qualche tempo che il mio rapporto con la si sta facendo più serrato. Recentemente ho intervistato Salvatore Borsellino il fratello di Paolo. Questa intervista, e un po' l'entusiasmo per la recente permanenza a Volterra, mi hanno convinto a riprendere a viaggiare, a visitare . Sono qui fino al 26 agosto.

Io sono nato a Milano. I miei genitori sono siciliani. Sono saliti al Nord come tanti negli anni Cinquanta in cerca di fortuna. In casa si racconta spesso di quando a Milano non si affittavano le case ai terroni. Mio padre aveva studiato, si era diplomato al liceo classico. Probabilmente anche grazie alla sua formazione culturale si è risparmiato, e nel tempo ha risparmiato a noi figli, molte delle umiliazioni a cui vanno incontro migranti e figli di migranti. Perché “lui aveva le scuole”.

Sono a Palermo in pieno agosto. Mi è stato sconsigliato per il caldo. Sono partito ugualmente. A Palermo incontrerò artisti che amo e esponenti della società civile. Non ho la pretesa di capire che cosa sia la Sicilia, o Palermo in particolare. Spero soltanto di acquisire qualche colore in più per poter raccontare la mia Sicilia. Per questo ho chiesto a Carlo Verri di raccontarmi qualcosa di questa splendida isola che un tempo fu Magna Grecia.

Carlo Verri
Carlo Verri

Chi è Carlo Verri?
Sono uno storico, lavoro all'Università di Palermo. Mi sono occupato di molte cose dal punto di vista della storia contemporanea, sia di antifascismo che di resistenza, ma anche di Ottocento sia italiano, in particolare di storia della Sicilia dell'Ottocento, ma anche di storia spagnola dell'Ottocento. In passato ho fatto politica .

Lo hai fatto per un interesse generico o anche per una scelta affettiva? Sei omosessuale?
Sì. Do quasi per scontato che per far politica in favore di una minoranza, per i diritti di una minoranza discriminata, si debba far parte di quella minoranza. Non è sempre così ma penso che nella gran parte dei casi lo sia.

Quindi l'impegno nasce da un'esigenza, da una necessità personale.
È un impegno che poi ovviamente si allarga. Perché la politica è trovare soluzioni comuni a problemi che possono essere individuali o di singoli gruppi. Parte da un'esigenza che può anche essere individuale ma poi si allarga.

È un po' quello che mi sta accadendo con la , acquisita in tarda età. Scriverne parte da un'esigenza personale che poi diventa testimonianza politica.
Anche perché il punto di vista di un appartenente a una minoranza discriminata può essere molto utile come sguardo su tutta una serie di questioni, che non sono attinenti allo specifico della situazione di quella persona. Una persona LGBT o anche con una disabilità può poi decidere che il suo vissuto può servire anche come sguardo per risolvere altre questioni, che non sono inerenti prettamente alla sua problematica. Quando facevo politica LGBT ho sempre ritenuto che uno sguardo sui problemi del lavoro, o su qualsiasi altra questione potesse essere utile.

Palermo è una città che non conosco. Se dovessi descrivere Milano direi che è una città che va di fretta, che gode di ottima stampa, ma conoscendola ci si rende conto che il livello di povertà è aumentato. Un tempo non si vedevano, o non se ne vedevano così tanti, di poveri che dormivano sotto i ponti, o in stazione, o agli angoli delle strade. Sono molte le magagne che Milano nasconde sotto il tappeto.
Palermo invece che città è?
Mi piace questa domanda, come la poni. Perché io ho sempre ritenuto che le differenze in Italia siano oramai essenzialmente tra grandi città e realtà molto più piccole. Ritengo che non ci sia una grande differenza tra una grande città come Palermo e le altre grandi città italiane come Milano, Torino, Roma, Napoli. Penso che Palermo sia una città complessa, che abbia tutte le problematiche delle grandi città, come quella della povertà. Per quanto riguarda la povertà c'è un di più. Perché il Mezzogiorno ormai da trent'anni è abbandonato a sé stesso. Non c'è più nessun interesse per il Mezzogiorno. Non c'è più quell'interesse progettuale che c'era prima. Questo fa sì che da trent'anni a questa parte la forbice tra il Nord e il Sud si sia via via di nuovo allargata. Mentre dal ‘45 a trent'anni fa si stava tendenzialmente accorciando.
Palermo è una città complessa perché c'è il fenomeno della criminalità organizzata, che ovviamente c'è anche in altre città. Ma di Palermo possiamo dire che è il luogo di nascita della . Se c'è una città dove si può dire che sia nata la mafia è Palermo.
Palermo è una città che meriterebbe più attenzioni sicuramente anche da parte della politica nazionale. È una città per certi aspetti anche con dei tratti provinciali, sicuramente rispetto alla cultura. La cultura è assolutamente un settore che in questa città è enormemente penalizzato. Non c'è quella rete di istituzioni che ad esempio si può trovare a Milano che è molto ricca dal punto di vista dell'offerta culturale. Questa è una grandissima differenza tra Milano e Palermo.

Tu sei originario di Palermo?
Per me è una domanda complessa. Nel senso che ho abitato per vent'anni in Veneto, prima nel comune di Venezia, a Mestre. Successivamente mi sono spostato in provincia di Venezia. Per alcuni anni ho abitato a Padova. È difficile per me dire di dove sono originario. Sicuramente c'è un elemento che fa sì che io appartenga a Venezia e al Veneto. Mi sono formato lì. Non sono particolarmente legato al Veneto. Ho scelto di vivere a Palermo perché Palermo era una città che mi piaceva.

Torniamo al tema della cultura a Palermo. Io non conosco la città ma avendo avuto la possibilità di intervistare Emma Dante, Lina Prosa, Davide Enia, Shobha e Letizia Battaglia, che sono di Palermo, e senza contare che Palermo è stata sede di una delle più importanti mostre di arte moderna a livello europeo, mi sembra di poter dire che Palermo sia una città culturalmente molto viva. È così o è una mia impressione?
Ti ringrazio per questi elementi. Perché mi aiutano a ragionare sulla risposta. Ci sono molte realtà. Tu hai citato alcune personalità importanti. Manca però la politica che ha una visione della città. Molto spesso manca la politica all'interno dei singoli settori di intervento.

È una mancanza che non è soltanto di Palermo. Anche a livello nazionale manca una politica che abbia una visione della società. Esistono interventi di piccolo profilo, ma non grandi visioni.
Però una visione c'è. È quella neo liberistica. E siccome è stravincente noi la diamo per scontata, come se fosse un elemento del paesaggio naturale.

In che cosa consistono queste politiche neoliberistiche?
Si pensa solo allo sviluppo economico del settore privato. Per carità un'idea dello sviluppo economico ci vuole, ma è un'idea che attualmente è del tutto asservita agli interessi privati e in particolare ai singoli gruppi di persone. È come se importasse soltanto l'economia privata, l'economia dei singoli capitali. Penso che non si punti all'interesse collettivo.

Spero si riesca a mangiare una granita insieme nei prossimi giorni. Io mi sposto in carrozzina e sono tetraplegico. Mi sarà possibile visitare la città utilizzando i mezzi pubblici ed eventualmente i taxi, o devo provvedere ad assumere un caregiver munito di macchina che mi porti in giro?
Ti informo su una cosa. La granita a Palermo non la sanno fare. Queste sono cose assurde della cucina che è cultura. Prenderla a Palermo e come prenderla a Milano. Le granite le sanno fare soltanto in Sicilia orientale.

Io l'avevo mangiata a Milazzo e l'avevo trovata splendida.
Certo. Perché Milazzo fa parte della Sicilia orientale.

Ti saprò dire dopo che avrò visto anche Shobha Battaglia, che simpaticamente ha deciso di portarmi alla graniteria Stagnitta, dal nome del padre, dove dice che si mangia la miglior granita siciliana. A Milano seppure tra mille difficoltà mi sposto con i mezzi, litigo con i tranvieri, mando lettere d'amore al Comune perché viaggiare in carrozzina in città è un gran casino. A Palermo? Mezzi pubblici, taxi, o cargiver?
Quel poco di metropolitana che abbiamo secondo me la potresti usare. Perché mi sembra che ci sia dappertutto la possibilità per un disabile di accedervi. Teoricamente anche tutti gli autobus hanno la pedana. Solo che è difficilissimo prendere gli autobus per le persone disabili. È molto macchinoso, quanto a Milano.

Dici che le difficoltà a Palermo si equivalgano a quelle di Milano?
Sì. Questo è un problema delle grandi città. Ci sono marciapiedi che non hanno scivoli. D'inverno è un grande problema perché ci sono buche dappertutto e gli scivoli diventano delle piscine.

Sono i vantaggi della democrazia moderna, mi sentirò uguale a Milano e Palermo. Tenterò la sorte e verrò senza caregiver.
Forse, forse… Non so. Siccome vieni qua per fare delle cose, per lavoro, rischi di perdere molto tempo e di non riuscire a fare tutto quello che devi fare.

Correrò il rischio.
Qual è l'impatto dei processi migratori su una città come Palermo? Quali politiche sono state adottate dalla città e dalla regione Sicilia per confrontarsi con le problematiche dei popoli in viaggio?
Partendo dal fatto che un'amministrazione comunale può fare pochissimo Leoluca Orlando, dal punto di vista mediatico e delle dichiarazioni di principio, è sempre stato apertissimo sulla questione dei diritti dei migranti. Sul piano concreto non penso si possa dire bene di Palermo. Non si è fatto nulla di più che nel resto d'Italia. Qui registriamo la solita discrasia tra quello che è il racconto pubblico e quella che è la realtà. Sicuramente non c'è nessuna invasione. Ma questo lo sai bene. A Palermo abbiamo storicamente una grossa comunità di cingalesi, una grossa comunità anche di gente dal Bangladesh. Una cosa interessante è che le comunità migranti hanno sede essenzialmente nel centro storico. Spesso i palazzi del centro storico che sono mal ridotti vengono affittati a migranti.

Come si può parlare di invasione quando i flussi migratori rappresentano enormi profitti per la grande distribuzione, che li utilizza per pochi spiccioli come schiavi della terra nella raccolta ortofrutticola? E quando i popoli migranti rappresentano lauti guadagni per chi gestisce i Cpr?
Il grande problema è che il razzismo, e il concetto di razza, sono ovviamente uno strumento di stratificazione sociale. Quindi è ovvio che questo elemento serva per creare scale e sfruttare economicamente le persone che vengono poste nei gradini inferiori della scala.

Per stratificazione sociale mi sembra di capire che tu intenda il creare diverse classi sociali, diversi livelli di povertà e ricchezza, di discriminazione. È questo?
Sì, si.

Ricordo che un tempo per descrivere l'Italia Der Spiegel aveva utilizzato una foto di copertina che ritraeva un piatto di spaghetti con una pistola sopra. Il settimanale tedesco mostrava così di non aver capito la complessità del paese. Se volessimo usare un'immagine per Palermo e quindi per la Sicilia che immagine potremmo usare? Ma soprattutto, la Sicilia è quest'isola immersa in un tempo cristallizzato in cui nulla cambia, in cui c'è solo mafia, arretratezza, sonnolenza?
La Sicilia ovviamente è una terra come tutte. Cambia col passare del tempo. Hai presente la famosa frase del Gattopardo?
È necessario che cambi tutto perché non cambi nulla.
È una frase scritta nel '59. È una frase utilizzata oggi da tutti per dire che in Sicilia non cambia mai nulla. Quella frase lì è detta da uno scrittore conservatore nel momento in cui in Sicilia sta cambiando tutto. Perché siamo negli anni in cui inizia la modernizzazione dell'intero paese e anche della Sicilia, con l'industrializzazione e tutti fenomeni collegati. Quindi, assolutamente la Sicilia è cambiata e cambierà. Si ha un'immagine della Sicilia un po' come quella menzionata da Edward Said. Said diceva che gli occidentali e gli europei avevano, nei confronti dei territori che andavano a colonizzare, l'immagine di territori dove prevale l'elemento della natura. Questo non è vero per nessun territorio. Quindi, non si capisce perché dovrebbe essere vero per la Sicilia.
Per quanto riguarda l'immagine di Der Spiegel ovviamente Palermo e la Sicilia non si possono identificare con il fenomeno mafioso, a maggior ragione dal ‘92 in poi. Poiché da quel momento il fenomeno mafioso è stato molto ridimensionato.

Fai riferimento alle stragi del '92 di Capaci e via d'Amelio in cui morirono il giudice Giovanni Falcone con la moglie e la sua scorta e Paolo Borsellino con la sua scorta?
Sì. Il '92 è l'anno in cui si sovrappongono differenti crisi per il paese. Tra queste differenti crisi c'è la crisi dell'ordine pubblico, e la crisi determinata dalla sfida frontale e diretta dell'organizzazione mafiosa nei confronti dello Stato.

È l'anno degli attentati dinamitardi perpetrati dalla mafia al patrimonio artistico del Paese, agli uffizi di Firenze in via dei Georgofili, al Museo di Arte contemporanea di Milano, il Pac.
Devo dire che tra il ‘92 e il ‘93, e lo posso dire con cognizione di causa, le istituzioni e la società hanno reagito e hanno reagito bene. Lo vediamo oggi che seppure non possiamo dire che la mafia sia stata del tutto sconfitta di certo non ha vinto. Innanzitutto la mafia non ha vinto perché non c'è più quel fenomeno di stragismo mafioso, grazie alla reazione delle istituzioni e della società civile. Non ci sono più i morti che c'erano trent'anni fa.

Allo stesso modo non si può pensare la Sicilia immagino come un tutt'uno monolitico. Immagino che ci siano zone più depresse e zone più evolute. Una cosa sono Palermo e Catania, un'altra cosa è l'entroterra, che oramai è spopolato. C'è un fenomeno terribile di spostamento di popolazione ovviamente verso i grandi centri. Ed è una migrazione che guarda fuori dalla Sicilia. Ci sono differenze soprattutto dal punto di vista economico e ovviamente anche dei servizi. Dal punto di vista della mentalità no. Non c'è alcuna differenza. Poi ovviamente c'è una varietà enorme dal punto di vista fisico. Un altro luogo comune è pensare la Sicilia come ad un territorio che ha sempre il mare a portata di mano. Invece questo non è assolutamente vero. Perché si tratta di una isola estesa. Ci sono territori che sono montuosi e che hanno la neve d'inverno. Ovviamente non mi riferisco solo all'Etna. Mi riferisco per esempio, pensando al territorio della provincia di Palermo, alle Madonie. Questa cosa è molto interessante. Perché ho sempre notato che quando uno pensa alla Sicilia pensa sempre al mare.

Fai tornare in mente di quando ero ragazzino. Andavo con i miei genitori a trovare i nonni a Niscemi, un paesino vicino a Gela. Quella era ed è una zona prettamente agricola, per cui il mare d'estate non lo vedevo. Eravamo negli anni Sessanta. Ogni tanto andavamo a Gela dove avevamo dei parenti, e mi ricordo le chiazze di petrolio sulla spiaggia.
Quel territorio è stato devastato dal petrolchimico dell'Eni, che ora è chiuso. In realtà tutto il territorio Sud Orientale ha dei grossissimi problemi. Perché da metà degli anni Cinquanta nella Sicilia sud orientale, da Gela in giù, si sono insediati una serie di stabilimenti per la lavorazione e la raffinazione del petrolio. Questo perché a metà degli anni Cinquanta c'è la crisi del Canale di Suez. Le grandi compagnie trovavano più sicuro politicamente andare ad impiantare le raffinerie in Sicilia, piuttosto che nell'Africa settentrionale e nell'Asia medio orientale.

A Niscemi c'è stata anche una forte contestazione contro la realizzazione di uno dei quattro terminali terrestri del MUOS (Mobile User Objective System), il sistema di telecomunicazioni satellitari della Marina militare degli Stati Uniti d'America.
C'è stato un movimento che non è riuscito però a parlare ai grandi numeri delle persone. Non è riuscito a far capire l'importanza della protesta. Si tratta di antenne potentissime che servono poi a guidare ad esempio i droni quando si deve bombardare.

Com'è potuto accadere che alle le recenti elezioni Cuffaro e Dellutri, che sono stati riconosciuti colpevoli e condannati per connivenze con la mafia, siano potuti rientrare nella vita politica e sostenere Roberto Lagalla, che poi è diventato sindaco? Roberto Lagalla ha preso le distanze da questi personaggi?
Che io sappia no. Non ho preso le distanze. È un'opinione personale che vale come opinione personale. Il sindaco attuale ha vinto perché ha fatto politica, non perché è stato sostenuto da Cuffaro e Dell'Utri. Soprattutto ha vinto perché la controparte era scarsissima. E ti sta parlando una persona che ha votato il candidato sindaco che è arrivato secondo, che è Miceli. È come se la parte che ha sostenuto Miceli abbia trovato nel sostegno di Cuffaro e Dell'Utri a Lagalla un alibi. Nella campagna elettorale Miceli e le forze che lo sostenevano hanno solo detto che Lagalla era sostenuto dai mafiosi. Non si sono preoccupati di dire quello che volevano fare per la città. Questo è stato il motivo principale per cui ha vinto Lagalla. Tu lo puoi anche dire nella campagna elettorale che Lagalla è sostenuto Cuffaro e Dell'Utri, e che questo non ti piace. Ma devi dire anche altro alla città. Dopo dieci anni di Amministrazione Orlando con gli ultimi cinque che non sono andati bene tu, che sei in continuità con quel Amministrazione lì, non puoi pensare di cavartela risolvendo il tuo vuoto programmatico e politico dicendo solo che Cuffaro e Dell'Utri sono mafiosi.

Capisco il punto. Ma perché Cuffaro e Dell'Utri possano ritornare sulla scena politica?
Perché loro possono fare politica. È la legge a dire che Cuffaro e Dell'Utri possono fare politica. Non c'è nessuna legge che glielo proibisca. Ma è normale perché la funzione della pena in un regime democratico, e lo dice anche la costituzione italiana, è riabilitativa non afflittiva. E perché poi in politica non esistono spazi vuoti. Se c'è uno spazio vuoto e qualcuno lo occupa la responsabilità non sta in chi lo occupa ma in chi non l'ha occupato.

Gianfranco Falcone

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