
Mentre scriviamo il 23enne ciclista belga Michael Goolaerts lotta tra la vita e la morte dopo essere stato portato in elicottero in ospedale mentre correva il settore numero 28 del pavé della Parigi-Roubaix. Non sembra essere stata una caduta, una delle tante di questa gara monumento, a provocare l’arresto cardiaco del corridore.
I 256 km della gara hanno riservato, come sempre, molti spot a questa disciplina. Quelle decine di chilometri di pavé hanno bisogno di coraggio, forza e ovviamente preparazione. La conoscenza del territorio è fondamentale e in parte spiega come i belgi, con oltre cinquanta vittorie, sono i leader di questa classica del nord e con Roger De Vlaeminck ad andare a podio per ben nove volte tra il 1970 e il 1981 e vincendola per ben quattro volte. Gli italiani l’hanno vinta 13 volte con un irripetibile tris consecutivo di Francesco Moser.
La stessa bicicletta ha bisogno di una preparazione diversa: quel manubrio ingrossato dal gel sotto la fasciatura per attutire i colpi delle pietre che si trasmettono dentro tutte le articolazioni e tutti i muscoli del ciclista, le gomme più larghe e con meno atmosfere (5-6) e qualche piccola sospensione. Ma per quanto ci si possa difendere le braccia, i gomiti, i polsi continueranno a far male per giorni. “Una gara in cui non ti puoi nascondere, il diavolo sa dove trovarti”.
Abbassare i rischi di cadute sul pavè costringe i ciclisti a fare delle mini volate ogni qualvolta ci si approssima ad uno di quei tratti. È quello che ha fatto il campione del mondo Peter Sagan, straordinario e potente campione, che a 55 kilometri dall’arrivo ha affondato il colpo, lasciando il vuoto sul tratto di salita, e questo subito dopo che Van Aert ci aveva provato. Questo accadeva prima del settore di pavè Auchy-les-Orchies.
Uno strappo che metterà Sagan in condizione di prendere, nel giro di qualche chilometro, i fuggitivi Bystrom, Wallays e il campione svizzero Dillier. E qui va detto della straordinarietà della gara di quest’ultimo che è riuscito a tener testa fino all’arrivo nel velodromo (l’ingresso è gratuito). Non era facile, ma gli è stato a ruota in tutto i settori di pavé comprese il terribile Carrefour de l’Arbre, l’ultimo cinque stelle. Anzi sui tratti asfaltati Dillier ha anche dato il cambio a Sagan e non sappiamo se per questo il campione del mondo non l’abbia staccato. Di fatto Dillier può aver pensato che sugli ultimi quattrocento metri della pista avrebbe potuto accadere il miracolo e bisognava esserci. Non è andata così perché quando Sagan è partito, dopo il suono della campanella, non si è potuto nemmeno affiancarsi.
Gli avversari della coppia non sono mai stati troppo vicini, il passivo minimo è stato di 44” quando l’olandese Niki Terpstra non ha provato a scattare, ma evidentemente i suoi compagni di fuga non ne avevano. Una grande nota di merito va proprio a Terpstra perché il terzo posto finale arriva una settimana dopo aver vinto il Giro delle Fiandre a Pedersen e Gilbert che lo scorso anno l’aveva vinto e dopo aver staccato sul muro di Kreuisberg/Hotond anche lo squalo Nibali.
Ciro Ardiglione
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