
Ci fu un tempo in cui Patricia Lee Maddalena salì al sepolcro ma non trovò l’arcangelo ad attenderla, bensì i quattro cherubini Ramones che la invitarono a portare al mondo la buona novella: il rock era risorto! Allora lei si appese alle corde e suonò le campane di Pasqua a distesa. Poi attraversò l’oceano e sparse per l’amata Europa, dove avevano vissuto i suoi eroi giovanili Rimbaud, Verlaine, Keith Richards, frammenti di elettricità e di poesia che conquistarono molteplici cuori. Per quattro anni vagò senza sosta e senza risparmio diventando una stella cometa ed un apostolo eretico (Gesù era pur sempre morto per i peccati di qualcuno ma non certo per i suoi), convinta com’era che il rock avrebbe salvato il mondo…
Arrivata in Italia qualcosa si ruppe, chi semina vento raccoglie tempesta, il tuo esile corpo può non reggere il peso di tanta pressione, i tuoi nervi possono cedere di fronte agli osanna… se non ti interessa il potere: tu sei un medium, la gente ha il potere.
Ero sul prato dello stadio di Bologna quel 9 settembre del 1979 in cui d’un tratto precipitarono gli eventi. Forse qualcosa andò storto, noi ci aspettavamo Che Guevara in giubbetto di pelle e jeans lacerati e lei era solo (solo?) una poetessa americana che si commuoveva per le semplici parole di papa Luciani e voleva risvegliare le coscienze in quei tempi duri.
Da lì in poi si fece eremita in quel di Detroit, la motor city americana del rock duro per eccellenza. Per otto lunghi anni andò a letto presto e poche notizie si ebbero di lei: si è sposata… con Fred Sonic Smith , chitarrista dei leggendari MC5…e con chi se no? Lei che era stata l’amante di Sam Shepard, di Allan Lanier dei Blue Oyster Cult… ha avuto un figlio, poi un’altra… ha abbandono le scene per sempre; dopo essere stata tutto ciò che desiderava, ora vuole essere solo madre e moglie.
Ma nel 1988 tornò e fece rumore con quel People have the power che la vedeva ancora dall’altra parte della barricata, dalla parte di chi è contro, di chi lotta per un mondo migliore.
Poi nel 1994, vedova dell’amato Frederick di Wave, segnata anche dalle perdite di Richard Sohl pianista del Patti Smith Group e del grande Robert Mapplethorpe, compagno d’arte e di boheme fin dalla gioventù, riprese il cammino a fasi alterne con dischi sempre dignitosi e sopra la media e lunghe pause, fino alla metà del 2012, quando, assicurato un futuro ai propri figli dice di voler riprendere a fare quello che le piace, suonare e girare come ai vecchi tempi.
Banga, l’album del prepotente ritorno odierno è un disco “pesante”, importante, dove tra dediche appassionate a eroine scomparse (Amy Winehouse in This is the girl… anche Lou Reed l’anno scorso nella tournee estiva dedicò un brano alla sfortunata cantante britannica…Maria Schneider, l’indimenticata interprete di Ultimo tango a Parigi e Professione Reporter), ad uomini d’arte come il regista Tarkowsky e Piero della Francesca, a grandi della storia come Amerigo Vespucci e Seneca, convince con una scrittura veramente ispirata ed una voce che non è mai stata così intensa e struggente.
Il brano chiave del disco è Constantine ‘s dream, un delirio lungo undici minuti in cui, tra rasoiate elettriche di violino e chitarre, snocciola una litania ipnotica come un mantra di beat generation e, come per incanto, sembra di essere davvero alla St. Mark Church di New York, dove lei ed il fido Lenny Kaye proruppero selvaggi e impressionarono il mondo dell’arte underground nei primi anni settanta.
In Fuji-san e Banga i toni si fanno più duri e la band vola sicura, nel primo c’è il vecchio amico Tom Verlaine alla chitarra e nel secondo dietro i tamburi siede addirittura Johnny Depp, a dimostrazione dell’enorme carisma che continua ad emanare dalla sua figura. Chiude l’album una grande versione di After the Goldrush di Neil Young che si risolve in un coro finale di bambini davvero toccante.
La scaletta del concerto all’Auditorium del 20 luglio 2012
Sono andato a rivederla dal vivo trentatre anni dopo, convinto dall’ascolto del disco… e ho fatto bene. Nella magica Cavea dell’Auditorium di Roma, ho ritrovato una donna minuta e sottile che sul palco diventa un gigante, che emana arcobaleni di sentimenti e radiazioni di poesia, che sa essere ora dolce bambina e l’attimo dopo tigre allo stato brado. Quando si inerpica sui sentieri impervi di Gloria e rimanda il climax all’infinito sull’urlo liberatorio g-l-o-r-i-a che ha fatto la storia del rock, o quando, chitarra acustica e faro bianco a trasfigurarne i contorni, si mette a nudo in My blakest year staresti ad ascoltare le sue storie per ore e pensi che non è mai stata bella come ora, qui, davanti a te. E quando, quasi per miracolo, ti trovi veramente davanti a lei per un breve ed intenso incontro, l’emozione ti paralizza e riesci solo a dire: ero a Bologna nel 1979 e lei risponde con un sorriso: anch’io!!! E si intuisce che per entrambi sia stato un evento che ha segnato la vita.
Mario Barricella
-----------------------------
-----------------------------
Se sei giunto fin qui vuol dire che l'articolo potrebbe esserti piaciuto.
Usiamo i social in maniera costruttiva.
Condividi l'articolo.
Condividi la cultura.
Grazie