
Sotto la veste esteriore di un thriller con venature horror, contraddistinto da momenti di forte suspense, Personal shopper è un film teso, in bilico tra naturale e sovrannaturale, mondo patinato della moda ed astrattismo pittorico, che appare fin dalle prime battute come una sorta di ricerca ininterrotta ed ossessiva di qualcosa di indefinito. Una ricerca interiore, anzitutto – di un nuovo modo di essere, di un equilibrio che bilanci una perdita dolorosa suturando una ferita ancora aperta –, che si intreccia con quella, più inquietante ed urgente, più angosciante e minacciosa, dell'efferato assassino (entità reale o astratta che sia) che all'improvviso irrompe nella vita (e sul telefonino) della protagonista.
Assayas, che ci aveva conquistato poco più di un paio di anni fa con Sils Maria, nella sua ultima opera gioca infatti coi generi e le situazioni, li mescola insieme per ottenere una nuova modalità espressiva, un'armonia fra le parti che possa adattarsi alla sua composita dimensione autoriale. Ed ecco che dal crogiolo dell'alchimista prende forma la storia del film, lo script sia realizzato che messo in scena dal cineasta francese grazie anche alla presenza (ed alla fisicità) di una splendida Kristen Stewart (nel film Maureen Cartwright), che sul set plasma il proprio personaggio, delineandone con gesti precisi e sguardi misurati l'insicurezza e la tensione interiore, il bisogno di rinnovamento e le varie pulsioni da cui è combattuta; ma che, per altro verso, pare fosse già nei pensieri del regista prima della conclusione della sceneggiatura. Assayas ha infatti dichiarato in una recente intervista di essersi reso conto, dopo aver ultimato il copione, di averlo scritto pensando proprio alla Stewart come interprete – già al fianco di Juliette Binoche nel citato Sils Maria.
Maureen ha perso di recente il fratello gemello, Lewis, morto sei mesi prima per una malformazione cardiaca della quale soffre lei stessa. Maureen è dunque una persona che ha perso una metà di se stessa che tenta ora di ricostruire: è alla ricerca della ricostruzione di un'identità. E lo fa attraverso il susseguirsi di uno sfaccettato gioco di riflessi (anche nel senso di “immagini riflesse”) e contraddizioni che si alternano lungo il film e mostrano le varie anime della protagonista e, al tempo stesso, la difficoltà di comporle insieme, di trovarne la sintesi (e qui forma cinematografica – sintesi tra più generi – e suo contenuto – sintesi tra le diverse pulsioni della protagonista – si fondono insieme mirabilmente). Così, se un lato ci vengono mostrati vari quadri-parti della protagonista (e suoi corrispettivi “riflessi”: si pensi all'inquadratura nelle prime battute del film in cui Maureen, che è anche una medium, è riflessa sul vetro di una finestra della villa in cui ha passato la notte alla ricerca della presenza che la popola e che crede possa essere proprio il fratello morto dal quale aspetta un segnale); dall'altro la frammentazione del suo io è rappresentata dalle contraddizioni che la caratterizzano: l'attrazione per il mondo seducente e sfavillante della moda (simboleggiata dalla voglia di indossare gli abiti di Kyra, stella di prima grandezza della vita mondana, per la quale lavora come assistente personale – un po' il ruolo interpretato, peraltro, nel precedente film di Assayas) e la sua repulsione per quel mondo (Maureen dice infatti, per altro verso, di non sentirsi se stessa con indosso gli abiti di Kyra); il “desiderio di essere un altro” e quindi di chiudere col passato, come dirà nello scambio di messaggi sul telefonino col suo misterioso interlocutore, ed il suo attaccamento alle proprie radici, rappresentate proprio da quel fratello gemello di recente scomparso che pare non voler lasciare andare, alla cui figura sembra volersi aggrappare e da cui aspetta di ricevere un segnale dall'aldilà, come si diceva.
Ed il suo itinerario, confuso e rapsodico, è simboleggiato dalla estrema motilità di Maureen, che passa in pochi giorni da Parigi, a Londra, a Milano per acquistare abiti griffati e gioielli Cartier per conto della sua datrice di lavoro.
La complessità che pervade l'intero racconto torna nel finale, quando sembra ormai ci si sia avviati verso una composizione del quadro e Parigi è lontana.
Miglior regia all'ultimo Festival di Cannes, storia intrigante e seducente, ottima la Stewart: Personal shopper è un film che decisamente merita l'attenzione del pubblico, sebbene la critica non se ne sia dimostrata unanimemente entusiasta.
Gianfranco Raffaeli
Scheda del film:
Titolo originale: Personal shopper
Genere: Thriller
Origine/Anno: Francia/2016
Regia: Olivier Assayas
Sceneggiatura: Olivier Assayas
Interpreti: Kristen Stewart, Lars Eidinger, Sigrid Bouaziz, Nora Von Waldstatten, Anders Danielsen Lie, Ty Olwin, David Bowles
Montaggio: Marion Monnier
Fotografia: Yorick Le Saux
Scenografia: François-Renaud Labarthe
Costumi: Jürgen Doering
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