Perù. Scorre sangue in difesa della terra

Perù miniera di sale
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I popoli dell’Amazzonia peruviana sembrano riusciti a bloccare il progetto del governo di García di regolare – ai fini dello sfruttamento delle risorse naturali – vaste aree.
Ad oggi il governo centrale ha confermato di voler revocare i decreti legislativi 1090 e 1064  (“leyes de la selva”) che avrebbero dovuto adeguare la legislazione nazionale ai contenuti del Trattato di libero commercio (Tlc) firmato dal presidente García e da G.W. Bush ed entrato in vigore all’inizio del 2009. Inoltre è stata insediata Commissione per il dialogo con i popoli indigeni dell’Amazzonia e il primo ministro Yehude Simon si detto disponibile a dimettersi dopo che le tensioni saranno rientrate assumendo una posizione diversa da quelle dei giorni passati.

Ci sono volute proteste durissime che nei giorni scorsi hanno provocato una reazione “militare” sanguinosa con decine di morti e centinaia di feriti nonché un numero imprecisato di persone scomparse tra la popolazione indigena. [1]. A questi vanno aggiunti un numero imprecisato di arresti e il tentativo, non riuscito, di catturare uno dei leader della protesta Alberto Pizango a capo della Asociación interétnica del desarollo de la selva peruana (Aidesep)  [2].

La protesta era cominciata agli inizi di aprile scorso anche se già nel corso del 2008 si erano verificati altri momenti di resistenza attiva. Fino al 4 giugno le manifestazioni pur nella loro fermezza tra occupazioni di pozzi petroliferi, tagli di corsi d’acqua e presidi di terre non erano state violente ed erano state accompagnate da reiterate richieste di dialogo.

Quando però il Congresso ha rinviato la decisione per il blocco dell’attuazione dei decreti l’opposizione nel Nord del paese è scesa per strada a manifestare con rabbia. Il governo ha avviato la repressione inviando l’esercito a sostegno della polizia a Bagua, nel dipartimento Amazonas,  e dopo l’uso di lacrimogeni si è passati a sparare sulla folla e successivamente agenti presi in ostaggio sarebbero stati uccisi [3].

La crisi presenta pesanti risvolti diplomatici perché il presidente boliviano Morales è stato accusato di essere l’istigatore delle popolazioni avendo definito la strage <<un genocidio del Tlc>> e l’ambasciatore a La Paz è stato richiamato.

Le popolazioni indigene difendono le loro terre dallo sfruttamento intensivo per produrre ed esportare legname, rame, gas e petrolio. Sarebbe messa a repentaglio non solo una fondamentale parte dell’Amazzonia e la sua biodiversità ma anche come accaduto in passato, e accade tuttora, la vita stessa di quelle popolazioni a causa delle espulsioni dalle aree da sempre abitate, degli  sfruttamenti selvaggi, dell’avvelenamento delle acque e dei terreni.

Da un punto di vista del diritto, le Associazioni dei nativi contestano  la legalità di questi decreti attuativi che mettono a rischio le decisioni prese negli anni Settanta quando queste aree furono restituite ai loro abitanti. Inoltre violerebbe trattati internazionali – di rilievo costituzionale – sottoscritti dal Perù quali la Convenzione 169 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro sui popoli Indigeni e Tribali e la dichiarazione dell’Onu sui popoli indigeni.
Secondo il deputato Roger Nayar Kokally del Bloque popular il decreto relativo alle foreste <<toglie i 45 milioni di ettari di selve destinati alla produzione dal patrimonio forestale>> [4].

La tesi del presidente e del suo governo è quella della necessità di utilizzare al meglio il territorio sostenendo da un lato la crescita economica con le esportazioni di materie prime e dall’altro prepararsi ad accrescere le riserve energetiche per fronteggiare eventuali crisi. Le tesi vengono anche supportate dall’argomentazione che pochi indios vorrebbero imporre al resto dei peruviani scelte ostative ad un futuro radioso.

Quale minoranza visto che quasi la metà della popolazione è di origine india? Quale futuro visto che nonostante ritmi “cinesi” di crescita del PIL negli ultimi anni le condizioni di vita non sono migliorate in proporzione posto che lo siano state?  Un migliore e sostenibile sviluppo economico è stato mai fortemente sostenuto in favore delle popolazioni locali? O lo stesso modello basato sulle esportazioni in Perù ha consentito la creazione di un tessuto produttivo nazionale in grado di avvantaggiare il Paese? E intanto a causa della crisi economica mondiale il PIL 2009 crescerà di un misero 1, 3% secondo le stime della Economist Intelligence Unit e questo non lascia prevedere da un governo liberista spazi per il sostegno alle condizioni di vita dei peruviani.
Nella giungla del Nord da dove sono partite le ultime sollevazioni più del 50% della popolazione è ritenuta povera contro il 36% della media nazionale [5].

Pasquale Esposito

[1] Se è vero che il ministero degli Interni fa riferimento a 24 poliziotti e nove indigeni uccisi varie altre fonti tra i media ed associazioni umanitarie danno ben altre cifre tra i civili, cfr. Carolina Corno,  “Perù, da Lima si osserva la situazione”, www.peacereporter.net, 8 giugno 2009; “Amazzonia: governo si impegna a cancellare controverse leggi”, www.misna.org, 16 giugno 2009; “Amazzonia: si mobilita anche la Selva centrale, nuovo bilancio vittime a Bagua”, www.misna.org, 15 giugno 2009; “Oil and land rights in Peru”, www.economist.com, 11 giugno 2009.
[2] Attualmente è rifugiato presso l’Ambasciata del Nicaragua a Lima dopo aver ottenuto asilo politico
[3] “Perù: scontri in Amazzonia”, www.corriere.it, 6 giugno 2009
[4] citato in Maurizio Matteuzzi, “La guerra india in Amazzonia”, Il Manifesto, 7 giugno 2009, pag. 7
[5] “Oil and land rights in Peru”, www.economist.com, 11 giugno 2009

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