
È trascorsa una settimana dalle elezioni e riprendendo a sfogliare alcune pagine ed alcuni siti della stampa estera, si notano differenze fra i commenti e i giudizi espressi quindici venti giorni fa, e quelli stilati subito dopo il voto.
In linea generale alcune importanti testate internazionali avevano focalizzato il loro interesse su tre punti cardini, poi sviluppati in vari articoli, che si possono riassumere in questo modo: serie possibilità di un nuovo assetto politico spostato a destra, rischio accentuato per la democrazia (neo, post-fascismo) come accade in Ungheria e Polonia dove la destra italiana intrattiene solidi rapporti con le leadership locali e, in conclusione, una legittima curiosità su chi fosse umanamente e politicamente Giorgia Meloni.
Forse il New York Times con il suo corrispondente in Italia, Jason Horowitz, è riuscito a mantenere un certo equilibrio e bilanciamento fra le valutazioni fatte prima del voto e quelle immediatamente successive:
”La vittoria della Meloni ha dimostrato che il fascino del nazionalismo è rimasto intatto nonostante i progressi compiuti negli ultimi anni dalle nazioni dell’Unione Europea nell’unire sovranità e risorse. Come, e quanto profondamente, una coalizione di destra in Italia guidata dalla Meloni possa minacciare questa coesione è ora la principale preoccupazione dell’establishment europeo”.
Se queste sono state le preoccupazioni espresse subito dopo il voto, coerentemente con quanto scritto in precedenza, Horowitz comunque finisce con dare meriti politici alla leader e a Fratelli d’Italia quando scrive, sempre nello stesso articolo che “Meloni si è trovata nel posto giusto al momento giusto. Il suo è stato praticamente l’unico grande partito a rimanere fuori dal governo di unità nazionale di Draghi” [1].
Dalla Spagna, da sempre attenta a ciò che accade in Italia, i commenti post elettorali s’incentrano sul fatto che a vincere non è stato un generico raggruppamento di destra bensì l’estrema destra, così come riporta il corrispondente in Italia di El Pais, Daniel Verdù che, senza mezzi termini, parla di una “coalizione vincente guidata dagli eredi del post Fascismo”, per poi concentrarsi su uno degli aspetti salienti delle elezioni e cioè l’astensionismo. Osserva Verdù:
”Il risultato non sorprende nessuno, in una campagna all’insegna del disinteresse e dell’apatia dei cittadini. È stato un crollo storico della partecipazione, di quasi il 64% (rispetto al 2018) che segna, dal 1979, un percorso discendente nell’interesse dei cittadini per la politica” [2].
Di notevole interesse è l’intervista rilasciata nel corso del Forum organizzato da Affari Internazionali dallo storico e politologo Marc Lazar il quale, riassumendone il pensiero, afferma:
”I media di riferimento della destra francese, come Le Figaro, da tempo osservano con attenzione l’operazione di creazione di una coalizione delle destre per vincere. L’Italia, dopo la Svezia, dimostra che esiste il modo di creare una coalizione che vada dalla destra moderata alla destra radicale. Queste alleanze, se messe in atto, permetterebbero anche alle destre francesi di vincere le elezioni”
aggiungendo infine il timore che “gli accordi europei potrebbero venire radicalmente rovesciati a favore di un nuovo asse Varsavia-Roma-Budapest” [3].
Le preoccupazioni e gli allarmi lanciati dalla maggioranza degli osservatori, sembrano non aver fatto presa sul corrispondente dall’Italia, Matthias Rüb della Frankfurter Allgemeine Zeitung (FAZ), giornale politicamente posto su posizioni liberali. Rub pragmaticamente sintetizza così gli esiti del voto:
”Tutto il mondo piange Mario Draghi come Primo Ministro italiano. Una parte del mondo demonizza la sua presunta erede Giorgia Meloni. Entrambe sono sciocchezze: Draghi non era il messia e Meloni non è il diavolo. Con le elezioni di domenica, l’Italia è tornata alla normalità politica. C’è stato uno spostamento a destra, ma nessuna catastrofe sismica politica che possa scuotere la democrazia in Italia e mettere a repentaglio il futuro dell’Europa” [4].
Comunque sembra che le inquietudini per la democrazia siano scemate, in parte rientrate, sulla stampa anche italiana. Sarà per l’aggravarsi, in Italia e in Europa, dei problemi quotidiani – per individui, famiglie e aziende – che l’attenzione si è spostata sulle risposte che il nuovo governo di destra dovrà dare su questi temi e su come vorrà affrontarli con l’Europa.
Giorgia Meloni con il suo linguaggio semplice, anche banale, ha usato parole che denotano il sottofondo culturale che ha sempre contraddistinto in genere i partiti di destra o comunque vicini a posizioni populiste ed anti europee. Frasi come, rivolta all’Europa, “È finita la pacchia”, oppure accenni per nulla sottintesi alla “difesa della sovranità e dell’interesse nazionale” hanno allarmato non poco le capitali europee ancora in difficoltà per digerire quel principio cardine del programma del suo partito che riafferma la supremazia del diritto nazionale su quello europeo. Comunque con scaltrezza Giorgia Meloni era già riuscita a collocare Fratelli d’Italia nel gruppo dei Conservatori Europei – a fianco degli ultra conservatori polacchi – quelli cioè che hanno sostenuto l’elezione di Ursula von der Leyen, evitando così la emarginazione dal grande gioco delle decisioni prese dal Parlamento di Bruxelles. Questa repentina scelta di schierarsi comunque, sta a significare che il partito ha avvertito la necessità e anche l’urgenza di affrontare e risolvere un problema di identità, fissando quindi quei paletti entro i quali riconoscersi e farsi conoscere.
Comunque colei che tutti i media impropriamente già chiamano Presidente del Consiglio dovrà impegnarsi in via prioritaria per l’attuazione del PNRR – per i finanziamenti esiziali per l’Italia – e per il complicato negoziato europeo sull’energia e il prezzo del gas, dove le posizioni dei singoli paesi europei raramente convergono come stiamo vedendo in questi giorni e ore.
Questo sarà il banco di prova che testerà la capacità propositiva del governo e allo stesso tempo la qualità dei soggetti che occuperanno i ministeri chiave?
Le questioni della democrazia, dei diritti individuali e collettivi, l’ambiente e la cultura sono stati derubricati sia nelle stanze dove si organizza il governo che in quelle dell’informazione tutta presa a inseguire i mercati del gas e del petrolio.
Stefano Ferrarese
[1] Jason Horowitz, https://www.nytimes.com/2022/09/25/world/europe/italy-meloni-prime-minister.html, 26 settembre 2022
[2] Daniel Verdù, https://www.linkiesta.it/2022/09/stampa-internazionale-meloni-fratelli-italia/, 26 settembre 2022
[3] Vittoria Costanza Loffi, https://www.affarinternazionali.it/la-campagna-elettorale-italiana-vista-dalla-stampa-estera/, 5 ottobre 2022
[4] Rodolfo Casadei, https://www.tempi.it/draghi-non-era-il-messia-e-meloni-non-e-il-diavolo/, 27 settembre 2022
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