
Per una volta partiamo dalla fine. Da quel palco su cui stanno suonando, forse per la prima ed ultima volta, insieme, Steve Hackett dei Genesis, Martin Llancelot Barre dei Jethro Tull, Richard Sinclair dei Caravan, Mel Collins dei King Crimson e Franz di Cioccio della Premiata Forneria Marconi… un dream team del progressive rock. E suonano Crossroads, il blues di Robert Johnson, palestra di tanti musicisti inglesi dagli anni sessanta in poi, quasi a ricordare che sempre da lì tutto è nato. Questa meraviglia è successa a Roma, in coda alla seconda edizione della Prog Exhibition, svoltasi al Teatro Tenda il 21 e 22 ottobre.
Nata come one shot event, lo scorso anno, per festeggiare gli ideali 40 anni della musica progressive (considerando come pietra d'angolo l'uscita di In the court of the Crimson King), sulla scia del ritrovato interesse anche presso i più giovani, ideata dalla pirotecnica Iaia de Capitani e con la direzione artistica di Franz di Cioccio, la rassegna ha riscosso un grande successo di pubblico, tanto da venir replicata quest'anno con un cast rinnovato. E se a novembre del 2010 i gruppi erano i “mostri” del cosiddetto pop italiano degli anni 70, Premiata Forneria Marconi, Banco del Mutuo Soccorso,Orme, sempre in attività nel corso degli anni, Osanna, e le reunion di Raccomandata con Ricevuta di Ritorno, Trip con ospiti stranieri del calibro di Ian Anderson, John Wetton, David Jackson, Thijs Van Leer (sold out clamoroso con presenze dal Giappone, dagli Stati Uniti e dall'Europa intera) lo scorso week end sono saliti sul palco altri grandi gruppi tornati recentemente a calcare i palchi : la prima sera hanno suonato i Saint Just dell'eterea Jenny Sorrenti, gli Ut con Gianni Belleno e Maurizio Salvi dei New Trolls, il Balletto di Bronzo del grandissimo ed inesauribile Gianni Leone e gli Arti & Mestieri con il grande ritorno di Gigi Venegoni alla chitarra. Sabato invece ha visto la presenza dei Toad del guitar hero Vic Vergeat, Garybaldi, purtroppo orfani di Bambi Fossati, gravemente malato, sostituito dal mitico Marco Zoccheddu (ex Nuova Idea, Osage Tribe e Duello Madre), Il Biglietto per l'Inferno (andavo alle scuole medie quando vedevo sui muri della mia città i manifesti dei loro concerti e il fascino era irresistibile) e i Goblin con Claudio Simonetti e Massimo Morante. Ora qualcuno potrebbe pensare ad una rimpatriata di vecchietti nostalgici imbolsiti, ma avreste dovuto vedere il torrenziale Furio Chirico alla batteria , potenza e precisione , il caleidoscopico Gianni Leone in lotta perenne contro i bempensanti e i bigotti, Jenny Sorrenti duettare per la prima volta dal vivo col fratello Alan su una bellissima Vorrei incontrarti ( e strappargli la promessa di portare in tour nel 2012, Aria, secondo Riccardo Bertoncelli, il primo disco di pop italiano, anno 1972), brani storici come Madre di cose perdute dei Garybaldi, irrorati di nuova linfa, Profondo Rosso (che emozione sentirla dal vivo!!!) con Steve Hackett alla chitarra, o Mauro Gnecchi del Biglietto per l'Inferno ricordare che l'ultima volta che avevano suonato a Roma era 40 anni fa al festival di Villa Pamphili per poi stupire tutti con un set infuocato. E non c'è da stupirsi se all'estero questi nomi siano miti imperituri, con ristampe pregiate in vinile di quei dischi introvabili che raggiungono quotazioni vertiginose od inviti a festival a tema dal Messico,alla Corea, al Giappone.
La continuità di questa musica è stata, inoltre, rappresentata da due gruppi di giovani promesse, i crimsoniani Stereokimono di Bologna (un applauso alla batterista Cristina Atzori) e i duri e fantasiosi Il Bacio della Medusa, perugini già affermati, con due album all'attivo.
La magia del palco, poi, si riversava nella hall dove potevi incontrare, incredulo, gli stessi musicisti e parlarci, fare foto, chiedere autografi o dediche su dischi consumati, riandare a concerti lontani ed epoche lontane, ad un tempo in cui, ragazzino dai lunghi capelli di una città di provincia, nella stanzetta ricoperta di poster, quelle note, quelle copertine surreali e variopinte, quei nomi un po' assurdi e quei titoli alquanto ingenui e pretestuosi erano una via di fuga da quella vita borghese che qualcun altro voleva per te. Ed ora quei capelli sono bianchi o non ci sono più, ma lo spirito indomito è sempre lo stesso, il sogno di una vita colorata e diversa arde sempre nonostante il tempo che passa.
Mario Barricella
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