Qatargate. L’insostenibile leggerezza della politica a Bruxelles

Parlamento europeo
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Non appena ci sarà un sondaggio scopriremo quanta fiducia il e, più in generale le istituzioni comunitarie, hanno perso per il Qatargate. Uno scandalo che rischia di far percepire come diffusa la nel Parlamento europeo e nella politica. Del resto il contesto non è dei migliori. Il decreto della Procura di Milano che le consentiva di effettuare le perquisizioni sulla scia della delega del giudice istruttore di Bruxelles spiega che «sarebbe stato individuato un gruppo “indeterminato e molto ampio” dedito alla consumazione di fatti “di corruzione, operante all'interno di strutture europee con o senza legami con l'Unione Europea”. Fatti di corruzione legati a “ingenti somme di denaro” in cambio della “propria attività”» [1]. Nella corruzione sarebbe coinvolti il e il , che negano ogni coinvolgimento. 

Lo scandalo veniva a galla lo scorso 9 dicembre quando la polizia federale belga entrava nella residenza – in rue Wiertz a Bruxelles – della vicepresidente greca del Parlamento europeo, appartenente al gruppo dei Socialisti e Democratici (S&D) in Parlamento e del Movimento Socialista Panellenico (Pasok) in Grecia, Eva Kaili.
Sono centinaia di migliaia di euro quelli sequestrati a Eva Kaili e al padre, entrambi arrestati. Nell'attività di corruzione a favore del Qatar– secondo l'inchiesta – avrebbe avuto un ruolo di primo piano l'italiano Pier Antonio Panzeri, ex eurodeputato S&D (2004-2019), presidente dell'ONG Fight Impunity e membro di Articolo Uno. Altro elemento chiave sembrerebbe  l'assistente parlamentare e compagno di Eva Kaili, Francesco Giorgi, incriminato per «corruzione, riciclaggio di denaro e organizzazione criminale». La ONG Fight Impunity è un altro punto di snodo perché è nei suoi conti correnti che la polizia belga ha trovato fondi provenienti dal Qatar.

Ieri 15 dicembre l'avvocato difensore della Kaili ha dichiarato di fronte alle telecamere che lei «non ha alcun coinvolgimento con i soldi che sono stati trovati, tranne che lei stessa era nella casa in cui è stato trovato il denaro». E continuando «tutte le azioni e le iniziative della signora Kaili sono state approvate dal Parlamento europeo. Non c'era un'agenda personale, tutto era una decisione politica del Consiglio europeo e della Commissione e non solo del Parlamento europeo e della signora Metsola [la presidente del Parlamento europeo, ndr]» [2].

Come si diceva c'è anche il filone Marocco, che assume anche i contorni di un'inchiesta di spionaggio collegata alle ambizioni di Rabat nel Sahara occidentale per lo sfruttamento delle risorse. «Obiettivo per il quale Rabat ha smosso mari e monti. Nel 2017 al tavolo della commissione parlamentare mista Marocco-Ue, in qualità di copresidente sedeva Abderrahim Atmoun, attuale ambasciatore del Marocco a Varsavia tirato in ballo dai magistrati belgi per i rapporti con l'ex eurodeputato arrestato per corruzione Antonio Panzeri. Sul tema del terrorismo nello stesso anno i due si confrontavano in sede di commissione Pe per i diritti umani. Un rapporto che evidentemente non si è interrotto con la partenza di Atmoun verso altri lidi. Ad occuparsi del collegamento locale in Belgio con il fondatore dell'Ong Fight Impunity sarebbero stati gli uomini della Direction générale des ètudes et de la documentation (Dged), il servizio di intelligence marocchino alle dirette dipendenze di re Muhammad, con un bilancio annuale di un miliardo di dollari solo in chiaro. Il capo della Dged, Yassine Mansouri, è ora sospettato dalla procura di Bruxelles di essere un personaggio chiave dello scandalo mazzette» [3].

Ieri 15 dicembre la presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola, parlando davanti ai capi di Stato e di governo e successivamente alla stampa, ha declinato una serie di misure volte a riformare profondamente le regole sulla trasparenza per combattere la corruzione e a controllare meglio le lobby. Sempre ieri il Parlamento europeo ha approvato con 541 voti a favore, 2 contrari e 3 astenuti una risoluzione con cui si impegna ad adottare norme più stringenti sulla trasparenza. Inoltre è stato bloccato l'accesso «ai rappresentanti di interesse di Doha» ed è stata sospesa l'attività legislativa su tutte le questioni attinenti al Qatar fino a che non sarà fatta chiarezza.

Per abbassare il rischio che altri scandali di questo genere si diffondano è importante istituire un organismo europeo indipendente responsabile delle questioni etiche, come spiega in un'intervista Daniel Freund, eurodeputato ambientalista tedesco ed ex dipendente della ONG Transparency International di Bruxelles. Daniel Freun precisa che le leggi sarebbero anche abbastanza stringenti ma che, di fatto, il controllo è interno mentre bisognerebbe che un organismo – senza politici e funzionari in carica – ne controllasse l'operato [4].

Il tema resta più generale ed è quello anche della selezione del personale politico ma soprattutto è il rapporto tra etica e politica che deve tornare ad essere centrale, imprescindibile per rendere credibile qualsiasi programma politico e qualsiasi istituzione.
È un problema politico ed etico quello di non aver considerato quello che accadeva in Qatar e le inchieste giornalistiche lo avevano svelato da anni. Il Mondiale di calcio non è stato boicottato. Per molto meno si sono votati provvedimenti.

Pasquale Esposito

 

[1] Qatargate, la procura: «Gruppo molto ampio dedito a corruzione». Giorgi confessa la gestione dei contanti, 15 dicembre 2022
[2] Qatargate, Eva Kaili si dichiara innocente: “Non diventerò Ifigenia”, 15 dicembre 2022
[3] Maria Della Croce, I pm belgi: «Un gruppo ampio dedito alla corruzione», 16 dicembre 2022
[4] Ludovic Lamant, Corruption: pourquoi l'UE a un besoin urgent d'un « organisme chargé d'éthique », 15 dicembre 2022

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