Le mie piante. Quando la passione diventa autoterapia

Le mie piante

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Probabilmente loro sono sempre state il mio destino…I trapianti con la mamma, la cura dell'orto e del giardino con la mia amata nonna Nene, fino ai pochi ma vividi ricordi del frutteto dei nonni paterni, in mezzo alla campagna piemontese circondata da campi di granturco. I miei cani che correvano, io che potavo l'erba sul famigerato trattorino rosso del nonno, e quel senso di appartenenza che solo la natura mi fa provare da sempre, quel senso di appartenenza a qualcosa di così perfetto ed equilibrato da essere commovente.

Poi dal 2015, i quattro anni successivi grazie a una relazione sono stata immersa in un meraviglioso negozio di fiori, girovagando tra fiere mercati e fornitori; quando poi per la chiusura estiva, le piante in rimanenza me le feci dare in affido!
Tre orchidee, e un altro paio di altre piante.
2020 Covid, mi trasferisco. Incluse nel trasloco loro.
Lockdown, da oltre due anni, dolori, isolamento, solitudine obbligata, perdita dell'élan vital. Io!
Un pot-pourri di perdite, di nuove relazioni, di incidenti, di ricatti emotivi con me come capro espiatorio a discapito della mia famiglia. Disturbi del comportamento alimentare fino al punto di pesare come un babin* di sei anni.

Il tentativo di chi mi stava vicino di farmi stare bene, attraverso quello che era diventata la mia occupazione quotidiana.
Le mie piante. Coloro che osservavo, accarezzavo, tastavo per sentirne lo stato di idratazione e salute. Coloro a cui dedicavo le mie cure e che dipendevano totalmente da me. Coloro che mi facevano compagnia nel momento di quel periodo che era una bolla, nello spazio e nel tempo del lockdown. Coloro che mi tenevano viva.

le mie piante
La giungla urbana. Foto Gianfranco Falcone

Quando nella mia vita il dolore e l'incertezza erano un peso troppo grosso da sostenere loro lo riempivano, insegnandomi che la vita per crescere ha bisogno di , di tempo e cura prima di vederne i risultati.
Agosto 2023. Oggi come ieri continuo a convivere con la mia compagna, la depressione.
Una compagna fedelissima.

Un bel giro sulle montagne russe che a volte salgono per poi però riscendere velocissime e farti bloccare il respiro, con lo stomaco stretto e aggrovigliato come un gomitolo nero, oppure farti urlare con tutta la forza del diaframma, per contrastare quella temporanea paralisi del respiro.
Ho accumulato negli ultimi tre anni moltissimo dolore, arrivando al punto più basso di esaurimento energetico che abbia mai raggiunto ad oggi.

Perdita di amici di una vita, perdita dell'amore che credevo e speravo potesse essere per la vita, perdita di me. Però ho ritrovato l'amore della mia famiglia, la comprensione di mia mamma nelle ore passate ad ascoltare tutto il dolore che mi stava auto consumando, e non ho mai mollato perché avevo da prendermi cura delle mie oltre duecento coinquiline piante, che vivevano solo se vivevo io.

Nell'interminabile tempo passato in compagnia solo di me stessa, nelle interminabili ore di silenzio e solitudine di quando il dolore ti porta via tutto, i miei occhi sono sempre rimasti fissi e aggrappati alla magia della natura. come piante epifite
Ogni mattina attendo con stupore e gratitudine il sorgere del sole, seduta nella cucina della mia piccola giungla urbana, che sorgerà irradiando con i suoi scintillanti raggi la superficie verde di questa meravigliosa famiglia colorata con cui convivo.

Mi dedico quotidianamente a loro, che ormai oltre un anno fa erano già più di duecento e che ora non so più quante siano. Ne ho studiato per ognuna, ho letto libri, guardato video di botanici e coltivatori studiandone i nomi e capendone l'ambiente di origine e quindi le esigenze, per poter ricreare l'ambiente migliore ad ognuna. Hanno sgomitolato il gomitolo nero del mio dolore arricchendomi di sapere, mi hanno insegnato che l'attesa se accolta e nutrita regala crescita.

Leon Mimi

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