
Nel periodo che stiamo vivendo, oscuro per il nostro Paese e per il mondo, quella di Raoul Dufy è una mostra felice, che fa bene al cuore. Perché, proprio come reca il sottotitolo, Dufy è il Pittore della gioia che, con i suoi colori solari, limpidi e ariosi, il suo tratto flessuoso e piroettante, fa dimenticare il “fuori” per perdersi nel “dentro” della pittura. Ed in effetti, Dufy, a dispetto dei suoi “colleghi impegnati”, è un pittore più di forma che di contenuto. Obiettivo che, in un inizio secolo tutt'altro che facile, non era assolutamente né semplice, né scontato.
L'arte di Dufy è leggera, ma non superficiale e questo risulta evidente sin da una rapida scorsa alla sua biografia. Ebbe una formazione articolata e complessa, basata sul confronto con i contemporanei: gli Impressionisti, i Fauves e, soprattutto, Cézanne, suo “maestro ideale”; e lo studio dell'antico, che ebbe modo di approfondire durante i suoi viaggi.
Tuttavia, pur essendo un pittore colto, Dufy rivendicava una funzione decorativa dell'arte, tanto che Gertrude Stein sottolineò come il suo scopo fosse quello di “recare piacere”. Per questo, fu etichettato come superficiale e mondano, anche se a ben guardare fu tutt'altro. Elaborò uno stile pittorico peculiare, immediato, caratterizzato da un progressivo scollamento tra colore e segno, che portò avanti per tutta la vita. Tanto che, negli ultimi tempi, costretto in casa dalla malattia, trovò nel suo atelier, tra fiori e paesaggi domestici, i soggetti “felici” da dipingere.
Il colore costituisce l'elemento predominante, attraverso cui trasmette stati d'animo e atmosfere, captando la magia della luce e trasferendola sulla tela. La sua tavolozza è sconfinata, accesa, vivace. Mentre il segno, voluttuoso, leggero, arabescato, nei lavori della maturità sembra quasi planato per caso, con grazia, sulle tele.
Raoul Dufy, fu un artista libero, audace sperimentatore, che applicò il suo stile anche alle arti minori: la xilografia, illustrando diversi testi, tra cui il Bestiario di Apollinaire; la scenografia, la ceramica e, soprattutto, la moda. Dal 1910 strinse un intenso legame con lo stilista Poiret, per cui cominciò ad elaborare eleganti tessuti, inaugurando una straordinaria alleanza tra arte e moda.

MAM Paris – Paris Musées / Musée d'Art Moderne Droits d'auteur © ADAGP © Raoul Dufy by SIAE 2022
A Palazzo Cipolla la mostra Raoul Dufy, il pittore della Gioia, a cura di Sophie Krebs, con il contributo di Nadia Chalbi, racconta l'artista in tredici sezioni, offrendo un'esaustiva panoramica della sua ricerca artistica. Dagli esordi, vicini all'impressionismo e a Cézanne, fino alla maturità, in cui il segno si fa progressivamente più leggero.
La mostra propone un significativo focus sul rapporto con l'Italia che Dufy visitò nel 1922. Anche nei confronti del Bel Paese e, in particolare con Roma, il suo atteggiamento fu diverso rispetto a quello della maggior parte degli artisti. Pur rimanendone affascinato, venne soggiogato dalla maestosità degli antichi maestri, dall'imponenza delle opere romane e così lasciò presto la Capitale, per trovare rifugio nell'estremo Sud, in Sicilia; percepita ancora come una terra selvaggia incontaminata, esotica. In Sicilia, Dufy ebbe modo di avvicinarsi all'antico nella sua forma più pura e autentica, tanto che a questa esperienza dedicò quindici opere, numerosi disegni e due diari, uno dei quali è esposto in questa occasione.
In mostra anche un magnifico bozzetto e diversi disegni preparatori, della sua colossale opera pubblica: Fée Electricité, lunga 60 metri e composta da 250 pannelli. Realizzata per la “Compagnie Parisienne de Distribution d'Électricité”, in occasione dell'Esposizione Internazionale di Parigi del 1937, e conservata al Musée d'Art Moderne de Paris.
Penso che da questo intenso viaggio nella poetica di Dufy, emerga come i suoi ghirigori, possano avere solo in apparenza un che di ingenuo o fanciullesco; perché, ad uno sguardo più attento rivelano un contenuto profondo. Dufy (1877 – 1953) fu un visionario che, pur avendo attraversato le due guerre mondiali, non smise mai di cogliere la bellezza mondo, di guardarlo con quella joie de vivre che traspare a pieno dalle sue opere. Per usare le parole del prof. Emmanuele Emanuele che, come presidente della Fondazione Terzo Pilastro, ha voluto fortemente questa mostra a Palazzo Cipolla, Dufy con la sua arte riesce “attivare quella funzione della cultura come elemento di sopravvivenza della nostra civiltà”.
Ritengo che questa mostra, oggi, sia quanto mai attuale ed importante. Perché la sua capacità di guardare il mondo con occhi sempre nuovi, attraverso una lente variopinta, di inondarlo di fantasia, ci insegna a non perdere la speranza e la capacità di lasciarci stupire, “anche solo – come disse Luigi Ghirri – di fronte al miracolo della luce” di cui Dufy seppe chiaramente cogliere e restituire la magia.
Ludovica Palmieri
Palazzo Cipolla – Roma
dal 14 ottobre 2022 al 26 febbraio 2023
Raoul Dufy, il pittore della Gioia,
a cura di Sophie Krebs
con il contributo di Nadia Chalbi
ente promotore Fondazione Terzo Pilastro – Internazionale
ente organizzatore Poema Spa
con il supporto di Comediarting e Arthemisia
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